Guy Kastler è l’autore dello studio “La flavescenza dorata, una malattia degenerativa”, pubblicato da Agri.Bio nell’agosto 2007, grazie al contributo della Regione Piemonte, in un trattato divulgativo che raccoglie un approfondimento fitoiatrico di Cristina Marello e l’esperienza pratica in campo di Stefano Bellotti.
Guy Kastler è stato prima agricoltore e successivamente tecnico e consulente in agricoltura biodinamica. Attualmente si dedica allo studio e analisi delle malattie degenerative del vigneto e svolge un’intensa opera formativa e divulgativa, a livello internazionale, sulla viticoltura naturale. Noi di Agri.Bio.Piemonte abbiamo avuto il privilegio di ospitarlo presso la nostra sede di Cissone per un seminario assolutamente eccezionale nella giornata di lunedì 13 ottobre 2008.
Nonostante le difficoltà e i sacrifici che molti produttori hanno dovuto affrontare per poter partecipare (in un periodo in cui, tra vigna e cantina, il lavoro certo non manca), la profondità, l’originalità e l’intensità di questo straordinario incontro hanno di certo ampiamente ripagato la fatica e anche le aspettative del pubblico.
La riflessione di Guy Kastler, sulla degenerazione delle piante, parte da alcuni presupposti necessari per comprendere la natura dell’organismo vegetale:
– Non esiste possibilità di vita se non esiste la possibilità di instaurare scambi tra organismi viventi;
– Tutti gli organismi viventi si nutrono di ciò che trovano nell’ambiente ed emettono cataboliti (sostanze di scarto)
– Il nutrimento degli organismi è il prodotto di scarto di altri organismi
– Nessun organismo può nutrirsi in maniera duratura dei propri scarti
La possibilità di scambio, quale cardine della vita, è vero a livello materiale ed anche a livello non materiale: noi non possiamo nutrire in noi stessi alcuna idea se non possiamo scambiare parole con altri, se viene a mancare la comunicazione.
Tornando al mondo vegetale notiamo come questa necessità di scambio possa avvenire solo se c’è biodiversità. La pianta non scambia soltanto con altre piante, ma con l’intera comunità vivente, la biocenosi, della quale si trova a far parte: batteri, funghi, alghe, licheni, artropodi, anellidi, animali superiori,… Possiamo pensare agli ovvi esempi delle micorrize e degli organismi simbionti che scambiano sali con la pianta ricevendone zuccheri in cambio. Ma esistono anche forme di scambio più sottili, ma non per questo meno importanti. A tal proposito troviamo conferme di laboratorio ad esempio in alcuni studi di chimica organica che hanno evidenziato come il canto degli uccelli influisca sulla sintesi di particolari proteine negli organismi vegetali. La monocoltura impedisce questi scambi e crea i presupposti per l’insorgere di malattie.
La riproduzione è un altro aspetto di enorme importanza per la preservazione della vita, ma non intesa soltanto come mera prosecuzione della specie. Nessun organismo che si riproduca origina una prole identica ed è questa la chiave della biodiversità. Un organismo che non si evolve con l’ambiente è destinato a sparire. Certo esistono specie che non sfruttano la riproduzione sessuata, ma perpetuano la specie attraverso la moltiplicazione (i batteri in primo luogo). Notiamo però che, nemmeno in questo caso ci sia un immobilismo genico perché intervengono le mutazioni.
Infine c’è da considerare la questione del suolo. Siamo abituati da lungo tempo a considerare il suolo quale fonte di nutrimento della pianta. Guy Kastler però ci pone di fronte a una prospettiva diametralmente opposta: da
dove proviene il carbonio e l’idrogeno che costituiscono la pianta, se non dall’atmosfera? E la sintesi degli zuccheri non avviene forse per opera del sole? L’azoto che costituisce il 78% dell’atmosfera si integra nel suolo grazie al lavoro degli azotofissatori, la cui vita è permessa dall’ossigeno che producono le piante. E’ quindi la pianta che fissa gli elementi aerei e li porta alla Terra.
Una volta chiariti questi tre aspetti riguardo allo scambio, all’evoluzione genica e al rapporto pianta-suolo, possiamo chiederci che cosa abbiamo fatto nei vigneti negli ultimi due secoli di agricoltura e ancor più nell’ultimo cinquantennio. La monocoltura e l’aratura hanno minato grandemente la biodiversità. La selezione clonale ha cristallizzato il patrimonio genetico sulle caratteristiche di massima resa e produttività, uniformando centinaia di migliaia di ettari. E l’innesto su bionti americani ha separato per sempre la vite europea dal suo terreno, con il quale si è originata ed evoluta in un rapporto strettissimo di scambio e vivificazione. Oggi non dobbiamo chiederci come mai le viti sono soggette a malattie degenerative come la flavescenza dorata, ci sarebbe da stupirsi del contrario! Abbiamo fatto di tutto per creare condizioni di vita aberranti per la vite, con la selezione clonale, con l’aratura che sconvolge il ciclo dell’azoto, con la distruzione della biodiversità,…
In questa intensa giornata di studio Guy Kastler ha illustrato punto per punto questi argomenti qui solo brevemente accennati, passando poi a sviscerare tutte le possibilità e le tecniche a disposizione del moderno viticoltore per far fronte a questa situazione, dalla gestione del suolo, alla complessa questione della selezione massale e alle pratiche proprie dell’agricoltura biodinamica.
In attesa del ritorno per l’anno venturo di Guy Kastler nella prossima edizione del Corso Completo di Biodinamica per un seminario sulla rigenerazione delle sementi, sarà disponibile a partire da novembre 2008 il CD audio con la registrazione del seminario tenutosi il 13 ottobre 2008 a Cissone, e reperibile presso la sede di Agri.Bio.
Cristina Marello
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