Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare Giancarlo Roggero per oltre 30 anni. Io sono andato ad abitare nelle colline delle Langhe con mia moglie nel 1990 e lui negli stessi anni si era trasferito da Alba a Serravalle Langhe, a 2 km circa da casa mia. Aveva una fiat panda e veniva spesso in Agri.Bio per vedere i nostri libri e comperare qualche prodotto alimentare, e per portarmi i suoi nuovi lavori: ogni volta che usciva un suo nuovo libro me ne portava sempre una copia con dedica: aveva una bellissima e chiara calligrafia. Poi decise che anche l’auto era superflua e viaggiava a piedi; ogni tanto arrivava in ufficio con gli stivali infangati e mia moglie non si osava dirgli di pulirseli un po’ prima di entrare e lasciava le tracce come Pollicino, ma non lo faceva apposta, proprio non se ne accorgeva … Nel novembre 2015 era venuto a fare un corso da me Pierre Masson e mi portò nell’occasione copia del diario di R. Steiner con i suoi appunti del Corso di Koberwitz agli agricoltori del giugno 1924. Ero molto curioso di sapere cosa ci fosse scritto e quando lo vidi gli chiesi se poteva darmi una mano a tradurlo dal tedesco dato che sapevo che conosceva bene la lingua. Prendemmo appuntamento per il giorno dell’Epifania e passammo tutto il pomeriggio in ufficio a “decifrare” il quadernetto di appunti di R. Steiner. Lui si era portato un paio di poderosi vocabolari – traduttori ed iniziammo il lavoro in modo certosino. La scrittura degli appunti di R. Steiner (primi mesi del 1924) denotava la sua salute molto precaria e spesso non era semplice da leggere ed interpretare, anche perché erano frasi con concetti spesso ermetici (per noi). Vi erano circa quaranta pagine di appunti ed ad un certo punto Giancarlo mi chiese se potevamo finire un altro giorno; io gli chiesi di andare avanti e finimmo di tradurre il tutto la sera stessa, stanchi ma soddisfatti! Era molto preciso e voleva sempre scandagliare ogni possibilità, dato che l’argomento agricolo non lo conosceva, mi chiedeva quale fosse l’interpretazione più corretta. Lo chiamavo Roger perché mi aveva detto che da giovane amava i Beatles ed i Rollings Stone ed in genere i cantautori americani. Io gli dissi “ma allora ti facevi anche le canne?” e lui mi rispose pronto, “no le canne, non le facevo!” da quel giorno divenne “Roger” (senza canne)! Mi raccontò che aveva fatto il rappresentante di prodotti biologici in Puglia e che aveva quasi terminato il percorso di studio in Germania per diventare sacerdote della Comunità dei Cristiani, ma poco prima di finire aveva abbandonato. Era un solitario che amava una certa compagnia e viveva in un tempo non suo, ma si adeguava senza lamentarsi mai. I suoi libri sono come lui, fuori del tempo, infatti quando uscivano ne prendevo sempre qualche copia da rivendere ma quando ne vendevo 2-3 copie all’anno erano tante. Sono pochi mesi che ha passato il velo dell’esistenza terrena lasciando questo mondo non suo, e mi mancavano già le sue visite, i suoi sorrisini, le battute che facevamo, i silenzi carichi di immagini, il suo testone su un esile corpo. Come con tutti coloro che incontriamo, non sappiamo mai qual è l’ultima volta che ci vedremo, ma se venisse ancora a trovarmi gli darei sicuramente un forte abbraccio! Il percorrere un tratto di vita con te, Roger, mi ha reso la vita più lieve!
Ivo Bertaina
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