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BIOPENSIERI DICEMBRE 2023 | Gli effetti sconosciuti delle nanoplastiche nel sangue

Grazie al consiglio di un amico ad agosto ho preso appuntamento per fare l’analisi del sangue capillare fresco mediante microscopia ottica in campo oscuro da una bravissima e preparata dottoressa. A cosa serve questa analisi? E’ molto utile per vedere il proprio stato di salute fisico e spirituale, dato che nel sangue scorre l’Io, e fra l’altro si fa in presenza e si vede come si muove e cosa contiene e si hanno i referti in tempo reale.

Con questa analisi si possono vedere:

  • Screening di carenze nutrizionali (Vitamina B12, folati, Ferro, OMEGA 3), attraverso valutazione eritrocitaria diretta.
  • L’osservazione permette di intercettare precocemente carenze specifiche in modo da individuare un’integrazione mirata
  • Valutazione dello stato ossidativo, con rilevamento della presenza di danni da radicali liberi.
  • Valutazione attività del sistema immunitario, attraverso osservazione diretta dei Leucociti, presenza corpi inclusi, valutazione morfologica e funzionale.
  • Screening sull’autoimmunità.
  • Valuta la fluidità del sangue e l’eventuale presenza di aggregati piastrinici, presenza di Fibrinogeno o fibrina già coagulata.
  • Screening intossicazione da metalli pesanti, attraverso la valutazione della presenza o meno di formazioni plasmatiche cristalline.
  • Screening metabolico (acidosi metabolica, intossicazione epatica)
  • Presenza di parassitosi, candidosi e disbiosi
  • Valutazione della vitalità cellulare, degenerazione cellulare, in seguito a terapie antibiotiche/oncologiche, cure detossificanti/chelanti: è possibile osservare il sangue ad intervalli regolari per diverse ore, al fine di valutare il ritmo della degenerazione cellulare e/o l’efficacia della terapia chelante/antiossidante.
  • Fornisce informazioni importanti per quanto riguarda:

– stress tossici

– endobionti

– ossigenazione cellulare

– valutazione precoce di sviluppo di precursori batterici e fungini.

L’ analisi del sangue vivo attraverso la microscopia in campo oscuro è una misura preventiva preziosa, uno strumento che spesso arriva ad identificare  attraverso l’ osservazione diretta una serie di “campanelli d’allarme”, difficilmente individuabili in modo precoce attraverso altri metodi di analisi.

Nell’ultima analisi che ho fatto a fine novembre (è utile ripetere l’analisi ogni tre mesi per poter verificare lo stato di salute e l’effetto delle cure consigliate) la dottoressa mi ha fatto notare alcune nanoplastiche presenti nel mio sangue e mi ha detto che negli ultimi tre mesi ha trovato queste nanoplastiche praticamente in tutte le analisi che ha fatto.

Oggi si parla molto di CO2 ma nessuno ci parla delle nanoplastiche, chissà perché ….

Immaginate di preparare un sugo di pomodoro per pranzo.

Spesso facciamo delle azioni e non comprendiamo fino in fondo cosa stiamo facendo: per esempio abbiamo comperato dei pomodori e li rimuoviamo dalla confezione di plastica. Il semplice gesto di aprire un contenitore di plastica rilascia delle microplastiche nell’aria che respiriamo, secondo una ricerca che ha prodotto un documento pubblicato nel 2020 su Scientific Reports.

Dopodiché dovremo tagliare i pomodori su un tagliere. I ricercatori hanno scoperto che affettare il cibo su taglieri di plastica e di legno produce decine di milioni di microparticelle ogni anno. Se queste particelle vengono tagliate su taglieri in plastica, ne derivano delle microplastiche.

Per farvi una idea di cosa succede su un tagliere di plastica guardate questo video di pochi secondi: https://t.me/c/1767754313/68274

“Dovremmo passare ad usare taglieri in legno”, spiega Himani Yadav, l’autrice principale dello studio e ricercatrice presso la North Dakota State University. “Pulendoli e disinfettandoli bene, i taglieri di legno possono durare molto a lungo”.

Dopo aver tagliato i pomodori li cuoceremo per fare una salsa, per esempio. Ma il surriscaldamento e il frequente uso di padelle antiaderenti, rivestite in teflon, può aggiungere fino a 2,3 milioni di micro e nanoplastiche al nostro cibo. I ricercatori stimano che ingeriamo inconsapevolmente plastica per l’equivalente in peso di una carta di credito ogni settimana.

Quindi come è possibile ridurre la quantità di plastica nel nostro cibo?

Evitare di acquistare cibo contenuto in imballaggi di plastica. Quando riscaldate il cibo, usate padelle in acciaio inossidabile o in ghisa invece che quelle antiaderenti.

Oppure pensate all’effetto della cottura quotidiana in piatti di plastica nei forni a microonde …

Un altro modo per limitare l’esposizione alla plastica è quello di filtrare l’acqua del rubinetto: un’analisi del 2019 ha rivelato che le fibre di plastica sono presenti in quasi il 95% dei campioni di acqua prelevati dai rubinetti delle case statunitensi!

Prendete in considerazione opzioni ecosostenibili anche per le attività di pulizia, in quanto le spugne, i panni in microfibra e le spazzole da cucina sono i maggiori responsabili della diffusione aerea di microplastiche in ambito domestico.

Il 90% di tutti i prodotti cosmetici contiene microplastiche, aggiunte per ottenere migliore viscosità, colore e brillantezza. Quando questi prodotti vengono risciacquati, sotto la doccia, circa 100.000 particelle di plastica si riversano negli scarichi, eludendo i filtri degli impianti di trattamento delle acque reflue ed inquinando i corsi d’acqua.

I prodotti da risciacquo non sono la sola fonte di plastica in bagno.

L’industria dei deodoranti è responsabile per oltre 6.800 tonnellate di rifiuti di plastica all’anno. Le salviette per il viso e per i neonati, che sono fatte parzialmente con plastica, possono impiegare oltre un secolo per decomporsi e ogni anno finiscono nelle discariche più di due miliardi di rasoi usa e getta.

È possibile ridurre il consumo di plastica semplicemente optando per alternative riutilizzabili o acquistando prodotti in confezioni che creano pochi rifiuti, come gli shampoo solidi, le ricariche per i bagnoschiuma, o i deodoranti naturali privi di plastica. Utilizzate dischetti di cotone lavabili invece dei batuffoli di cotone monouso, rasoi riutilizzabili invece di quelli usa e getta, e spazzolini da denti di bambù. Potete anche provare a fare da soli il vostro dentifricio.

Molti capi d’abbigliamento hanno elevati contenuti di microfibre di plastica, che le lavatrici e le asciugatrici possono disperdere dopo ripetuti lavaggi. Circa 2,2 milioni di tonnellate di microfibre finiscono negli oceani ogni anno.

Corinna Williams di Celsious, un servizio di lavanderia ecosostenibile di New York, raccomanda nel lavaggio di dividere i materiali sintetici come poliestere, nylon ed acrilici dai tessuti naturali come cotone, lino e canapa.

“È meglio lavarli separatamente per ridurre la diffusione delle microfibre”, spiega nella sua e-mail. “Il detersivo in polvere può essere abrasivo, perciò quando si devono lavare materiali sintetici, raccomandiamo normalmente di utilizzare detergenti liquidi non profumati”.

Quando si usa la lavatrice, lavare a pieno carico in acqua fredda e con cicli brevi. I cicli delicati andrebbero evitati, in quanto utilizzano più acqua degli altri.

“Tra un lavaggio e l’altro si raccomanda di arieggiare gli abiti, di igienizzarli con vaporizzatori per indumenti o di spruzzarli con un profuma biancheria fai da te”, aggiunge C. Williams.

Si possono anche aggiungere dei dispositivi come i sacchetti ECO per lavatrice che catturano le micro particelle di plastica e filtri esterni per ridurre il rilascio di microfibre. Cora Ball, la prima palla da bucato per la cattura di microfibre, è stata inventata in collaborazione con Rachael Zoe Miller, National Geographic Explorer, per contribuire a proteggere i nostri oceani da questo tipo di residui.

Quando si cambia la lavatrice, prendere in considerazione di acquistarne una a carica frontale anziché dall’alto, perché la prima è più efficiente della seconda. E infine, potete semplicemente lavare quando serve i vostri abiti e farli asciugare all’aria.

In sostanza, i produttori di plastica e le aziende che vendono prodotti in plastica sono responsabili per l’elevato volume di rifiuti plastici nell’ambiente, e ridurre significativamente quella plastica e le microplastiche ad essa legate richiederà leggi efficaci, come trattati internazionali e leggi statali.

Tuttavia, i singoli consumatori possono fare la differenza.

“È ora di assumerci la responsabilità della plastica per la quale pensiamo di non essere responsabili”, afferma H. Yadav, l’autrice di questa ricerca.

I minuscoli frammenti di plastica dispersi nell’ambiente, comunemente denominati microplastiche’, possono finire nel sangue ed entrare in circolazione nel corpo umano. A dimostrarlo una ricerca condotta dal gruppo di lavoro guidato alla ecotossicologa Heather Leslie e dalla chimica Marja Lamoree, nell’ambito del progetto Immunoplast, della Università Vrije di Amsterdam. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Environment International.

Un’altra ricerca dell’Università di Amsterdam ha riconfermato che minuscoli frammenti di plastica possono finire nel sangue ed entrare in circolazione nel corpo umano.

L’indagine si è basata sull’analisi del sangue donato da 22 persone anonime, nel quale sono state cercate le tracce di cinque polimeri (i componenti elementari delle plastiche) e per ognuno di essi sono stati misurati i livelli presenti nel sangue. Il risultato non lascia spazio ai dubbi: in tre quarti dei campioni esaminati erano presenti tracce di plastiche, soprattutto polietilene tereftalato (il Pet, utilizzato comunemente per le bottiglie in plastica e nell’abbigliamento) e polimeri di stirene, spesso usati in parti di veicoli, tappeti e contenitori per alimenti. In media, sono stati misurati 1,6 microgrammi di plastica per ogni millilitro di sangue, con la concentrazione più alta di poco superiore a 7 microgrammi.

Adesso, osservano le ricercatrici della Vrije Universiteit, resta da capire se e con quale facilità le particelle di plastica possono passare dal flusso sanguigno agli organi. “Si tratta dei primi dati di questo tipo e ora – ha detto la chimica Lamoree – se ne dovranno raccogliere altri per capire quanto le microplastiche siano presenti nel corpo umano e quanto possano essere pericolose. Grazie ai nuovi dati sarà possibile stabilire se l’esposizione alle microplastiche costituisca una minaccia per la salute pubblica”.

Esistono ancora poche informazioni riguardo l’impatto delle microplastiche sulla salute degli animali e dell’uomo. I polimeri, in generale, sono chimicamente inerti e, dunque, considerati non tossici. Tuttavia, le ridotte dimensioni e l’elevata superficie conferiscono alle microplastiche, e ancora di più alle nanoplastiche, maggiore reattività rispetto ai composti da cui originano, rendendole potenzialmente dannose per gli organismi a seconda del tipo di esposizione e della suscettibilità.
Secondo l’Istituto superiore di Sanità (ISS) i rischi per l’uomo derivanti dalle microplastiche possono essere di natura fisica, chimica o microbiologica.

Le microplastiche che entrano in circolazione nel nostro metabolismo possono causare danni ai nostri apparati.

I rischi fisici sono dovuti alle ridotte dimensioni delle microplastiche (eD anche delle nanoplastiche) che “possono attraversare le barriere biologiche – come la barriera intestinale, ematoencefalica, testicolare e persino la placenta – e causare danni diretti, in particolare all’apparato respiratorio e all’apparato digerente, quali primi apparati con cui le microplastiche entrano in contatto”.

I rischi chimici invece “derivano dalla presenza di contaminanti, come i plasticizzanti (ftalati, bisfenolo A) o i contaminanti persistenti (ritardanti di fiamma bromurati, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili) presenti nelle microplastiche”. Molti di essi, essendo interferenti endocrini, “possono provocare danni a carico del sistema endocrino, causare problemi alla sfera riproduttiva e al metabolismo sia nei figli di genitori che sono stati esposti alle microplastiche durante la gravidanza, sia in età adulta a seguito di esposizione nelle prime fasi di vita (neonatale, infanzia, pubertà)”.

Inoltre le microplastiche possono trasportare, attaccati alla loro superficie, microrganismi in grado di causare malattie: batteri come Escherichia coliBacillus cereus e Stenotrophomonas maltophilia sono stati rilevati in microplastiche raccolte al largo delle coste del Belgio.

Secondo l’Ocse per invertire la tendenza dell’inquinamento ambientale è necessario tra l’altro creare un mercato separato e ben funzionante per la plastica riciclata.

Al momento attuale esistono pochi dati sul destino delle microplastiche nel tratto gastrointestinale. I dati disponibili riguardano esclusivamente assorbimento e distribuzione ma non sono ancora noti processi di trasformazione (metabolici) e di eliminazione. Secondo quanto afferma ancora ISS, solo microplastiche più piccole, di dimensione inferiore a 150 micrometri sembra possano attraversare la barriera intestinale, sebbene l’assorbimento sia comunque considerato molto basso (inferiore o uguale allo 0,3%). “Il passaggio ad altri organi sembra possa avvenire sono per una frazione limitata, di dimensioni inferiori a 1,5 micrometri. Tuttavia, studi sperimentali hanno dimostrato che, una volta assorbite, le microplastiche si accumulano in fegato, reni e intestino con la capacità di provocare stress ossidativo, problemi metabolici, processi infiammatori, nonché danni ai sistemi immunitario e neurologico” dice l’istituto superiore di Sanità.

Infine, nella valutazione degli effetti negativi delle microplastiche occorre tener conto della presenza delle sostanze chimiche in esse presenti o attaccate alla loro superficie, il cui rilascio nell’organismo rappresenta un potenziale rischio per la salute, e di eventuali organismi patogeni. Un bel problema visto che la plastica è un materiale usato in ogni settore produttivo e attività umana (automobili, agricoltura, salute, edilizia/costruzioni, packaging, tessuti, giocattoli, ecc.) ed è prodotta in differenti dimensioni a seconda dell’utilizzo finale. Senza contare che, secondo le stime più accreditate, è previsto che i rifiuti in plastica presenti negli oceani raddoppieranno di quantità entro il 2040.

Non a caso, un altro recente studio a firma, tra gli altri, del ricercatore A.Dick Vethaak, che voleva indagare il rapporto tra l’esposizione alle microplastiche e il rischio di insorgenza di cancro, ha sottolineato l’urgenza di proseguire queste ricerche. “È certamente ragionevole essere preoccupati – ha dichiarato Vethaak -. Le particelle sono lì nel sangue e vengono trasportate in tutto il corpo. Sappiamo anche che in generale che neonati e bambini piccoli sono più vulnerabili all’esposizione a sostanze chimiche e particelle. Questo mi preoccupa molto”.

Ma se non si considerano e si controllano le nanoplastiche nell’alimentazione umana pensate a come non si controllino assolutamente nell’allevamento degli animali o nei pesci pescati in mare e sicuramente oggi ci ritroviamo questi invisibili nemici nella carne, nei pesci, nei molluschi, nelle uova, nel latte e nelle confezioni in cui vengono preparate. O anche pensate a quante plastiche si sono usate negli anni passati e si usano in agricoltura, soprattutto in orticoltura per la pacciamatura, la coltivazione, la legatura delle piante ed a quante tonnellate di plastica restino nel terreno, tonnellate che si sciolgono e si deteriorano nel tempo e vanno in circolo nella linfa delle piante! E poi nell’alimentazione … Forse la situazione è scappata di mano o ci sono talmente tanti interessi economici in ballo che si tace e si prosegue  senza pensarci tanto.

La cosa mi ha fatto immaginare quanta plastica circonda e circola nella nostra vita senza che ci pensiamo:

  • Bottiglie di plastica per l’acqua, bibite e persino per i vini
  • Contenitori di plastica per quasi tutti gli alimenti
  • Materie plastiche nei nostri indumenti, dall’intimo ad ogni tipo di vestito
  • Plastica per la pulizia e per l’igiene
  • La plastica con la quale veniamo a contatto a casa, sul lavoro ogni giorno
  • La plastica in auto o nei mezzi pubblici
  • Gli attrezzi ed i contenitori plastici per far cuocere e conservare il cibo ( frullatori, microonde, frigoriferi, congelatori etc.)
  • I taglieri di materie plastiche pe preparare il cibo dai negozi alla cucina
  • I ciucci di plastica per i neonati ed i giochi per i bambini
  • La plastica nella scuola
  • La plastica nell’edilizia
  • La plastica negli ospedali
  • Ovunque plastiche…. etc

In questa immagine si vede  al centro la presenza di nanoplastiche nel mio sangue.

 

La cosa mi ha fatto pensare a come eliminare un po’ di plastica dalla mia vita:

  1. Inizierò a evitare di bere acqua e bibite in bottiglie di plastica, soprattutto se sono gasate o acide aumentano la possibilità di traslare nanoplastiche nei liquidi e quindi nel nostro corpo. La stessa cosa farò con gli yogurt.
  2. Farò attenzione a dove compero la carne che non abbiano taglieri di plastica e farò informazione agli stessi negozianti
  3. Sui contenitori per il cibo diventa quasi impossibile, perchè il 99% dei contenitori sono di plastica, ma una volta aperti sarebbe utile trasferirli in contenitori di porcellana o di acciaio inox
  4. Occorre ricordare che i cibi acidi aumentano la possibilità di cessione di nanoplastiche
  5. Mi fa pensare a quando mangio un formaggio, soprattutto quelli molli e poi con coltello o la forchetta “raschio” sul foglio trasparente o sul contenitore di plastica per prendere le ultime gocce. Cosa da non fare assolutamente più!
  6. Esaminerò gli indumenti che hanno fibre plastiche e li eliminerò, soprattutto quelli intimi
  7. Farò una drastica scelta e limitazione per i prodotti usati per la pulizia ed i prodotti per l’igiene.
  8. Farò una divisione degli indumenti per il lavaggio
  9. Mi informerò meglio su cosa usano nei lavaggi a secco
  10. etc. etc.

Oggi occorre iniziare a scegliere, occorre iniziare a volersi bene, occorre iniziare a non delegare, occorre iniziare ad essere umani! Per non finire schiavi e malati in un mondo di plastica!

Ivo Bertaina

 

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