Per me il mistero della morte ha sempre rappresentato fin da piccolo un aspetto importante e presente nella mia vita.
Fin da piccolo, avevo 5 o 6 anni, mi ricordo che non andavo ancora alle elementari, mi si parò davanti la “paura di morire”; andavo a dormire la sera e pensavo “magari domattina non mi risveglio più” e dato che già allora i pochi concetti religiosi cattolici mi andavano stretti e fin da piccolo non mi sono mai accontentato di credere ma cercavo di verificare personalmente, anche le “credenze spirituali” non mi servivano a niente.
L’unica cosa che mi consolava nella mia paura era che tutti , ma proprio tutti, prima o poi sarebbero morti, che se non altro la morte era una cosa veramente democratica, anche chi aveva soldi potere, giovani o vecchi, anche il Papa, sarebbero passati prima o poi dalla porta della morte…
Proprio questa “paura di morire” avvertita da piccolo mi fu veramente utile per iniziare un percorso di ricerca che può essere solamente personale ed unico.
Come ho detto, il confronto con la religione cattolica, fu sempre freddo ed arido, lo vedevo come un rito “meccanico”, non sentivo in essi né vita, né calore e per fortuna ho avuto dei genitori che non mi obbligarono più di tanto a frequentare la messa, oratori, confessioni etc. etc.
Anzi proprio su una confessione iniziò la mia conoscenza con il sesso. Dopo la prima comunione durante una confessione, un prete dall’altra parte della grata del confessionale mi chiese “ti tocchi?” ed io che non avevo capito a cosa alludesse avevo sempre pensato che toccarmi, nel senso di lavarmi, soffiarmi il naso, grattarmi la testa od altri gesti simili non fossero peccato ma cose ordinarie rimasi sbalordito.
Parlando con i miei compagni di scuola mi spiegarono cosa voleva dire il prete e grazie a lui capii cosa era la masturbazione ed entrai con la mano destra nel mondo del sesso…
Sempre a proposito delle confessioni mi viene in mente che quando ero giovane, circa 20 anni, avevo una ragazza che frequentavo che dopo aver fatto sesso il giorno dopo andava a confessarsi perché si sentiva in colpa. Discutendo con lei sulla cosa le dissi più volte “Ma se ti senti in colpa, non farlo più!” Lei mi diceva “Mi piace ma se lo confesso mi sento a posto con la coscienza” e penso a quel prete, mai conosciuto che anche 2 o 3 volte alla settimana si sentiva i suoi pentimenti …
Ma col tempo la paura della morte cadde nel dimenticatoio, preso come ero dalle tante offerte di vita esteriore presentati ad un giovane ragazzo curioso e devo dire che acquietarono molto le mie paura lo studio della fisarmonica che iniziai 9 anni, la musica riempì i vuoti spirituali che avevo. Ogni essere umano dovrebbe suonare uno strumento musicale, la musica è utile per lo spirito come il cibo per il corpo. Suonare è diverso da ascoltare, è attivo e non solo passivo.
Poi a scuola, nella terza superiore, ebbi un’altra grande fortuna: il professore di italiano che era una persona decisamente singolare. Nelle nove ore che aveva settimanalmente con noi e per un anno intero non ci spiegò una pagina di antologia, storia o geografia ma ci spiegò con un interminabile monologo che ognuno di noi nasce per caso e per caso sparisce con la morte, per sempre.
Era un materialista, e questa convinzione, si vedeva, lo faceva soffrire molto interiormente, era sulla soglia della pensione, e voleva comunicare queste sue paure agli altri … e quale palco era migliore della scuola!
Mentre i miei compagni di queste sue tensioni se ne fregavano, giocavano a carte, facevano i compiti o leggevano, io, unico nella classe, restai rapito dalle sue tesi ed assorbii di conseguenza le sue paure e le sue ansie.
Mi ritornarono in mente le paure dei miei 5 – 6 anni e dato che per me il suo ragionamento sulla casualità della vita filava perfettamente risprofondai nella mia vecchia e forse dimenticata paura di morire.
Però con l’avanzare dell’età avevo altri strumenti, per esempio la lettura, della quale ero avido consumatore che mi diede la possibilità di poter leggere diversi testi ed articoli sull’argomento.
Ed anche le mie esperienze, come si fa quando si cerca, furono tra le più disparate, dalla radioestesia, alla comunicazione con i defunti, alle scienze esoteriche, fino ad arrivare un giorno a conoscere un certo Rudolf Steiner e l’antroposofia che iniziò a darmi delle risposte scientifico – spirituali interessanti e soprattutto i mezzi per verificare personalmente le tesi che indicava, cosa che non ho trovato in nessun’altra strada di conoscenza.
Ed allora la morte non solo non mi fece più paura, ma anzi mi appassionò ed è diventata per me un aspetto naturale e conosciuto; Goethe ci diceva che “senza la morte non ci sarebbe la vita” ed è vero, come è vero che ci insegnano malamente a vivere ma non ci insegna nessuno a morire, anche forse perché la morte è un atto per l’essere umano, molto ma molto personale.
In questi giorni ci stiamo avvicinando al periodo dei Morti, una festa cristiana, dove di solito la cosa importante è imbandire al meglio le tombe dei propri cari defunti perché tutti vanno al cimitero e bisogna “far vedere” che le nostre tombe sono ben tenute ed adornate.
Questo modo di ricordare i defunti per me è molto patetico e povero e più materialista del mio professore di italiano delle superiori, perché quello che noi chiamiamo morto, non è lì. Nella tomba ha lasciato solamente il suo veicolo fisico, indispensabile per la vita terrena ma assolutamente inutile ed anzi di ostacolo per la vita spirituale.
I nostri cari non sono relegati in un camposanto, ma attraverso una loro dimensione spirituale interagiscono continuamente con noi, ci osservano e vogliono comunicare con noi, non solo nel giorno dei Morti. Ma noi li sentiamo? Diamo loro la possibilità di comunicare con noi? Facciamo qualcosa per aiutarli e non solo sentire egoisticamente la loro mancanza?
Ognuno di noi ha perso parenti, amici, vicini di casa o conoscenti nel corso degli anni ma personalmente devo dire che ho conosciuto veramente la morte di un essere umano con la morte di mio padre nel 1995. Penso che i genitori, figli o mariti e mogli siano legati a noi in una maniera più forte e visibile.
Ricordo ancora adesso che attraversai quei mesi come se fosse morto un pezzo di me, un dolore lacerante che durò molto tempo ma che mi fece anche diventare uomo, mi obbligò di fatto a staccare il cordone ombelicale.
Mi venne a mancare una spalla sulla quale avevo sempre contato e che credevo eterna e mi sentii obbligato a camminare con le mie forze e questo nel male fu un bene.
Cosa possiamo fare per i nostri morti e come possiamo prepararci alla morte: in merito Rudolf Steiner ci dice molte cose utili e pratiche.
Per esempio ci dice che vegliare il defunto e leggere il Vangelo di Giovanni al morto durante i tre giorni seguenti la sua morte lo aiuta nel difficile e delicato passaggio dalla vita alla morte.
Un’altra bella cosa che possiamo fare per il caro defunto, dato che una delle cose che più lo fanno soffrire è la mancanza degli organi di senso fisici è offrire i nostri organi di senso a loro per esempio nel periodo dei morti. Per esempio se sappiamo che al defunto piaceva mangiare un determinato piatto e bere un dato vino, di fargli questo gesto per lui offrendogli “l’uso” dei nostri organi di senso, in questo caso il gusto, l’odorato e la vista.
Da qui viene la tradizione europea di lasciare sul tavolo apparecchiato della cucina la notte dei Morti una pinta di vino (buono) e delle castagne cotte ancora calde.
Per chiudere sentiamo cosa ci dice proprio Rudolf Steiner sulla prima occupazione dei defunti “ Osserviamo i fiori sopra un prato sotto i raggi del sole; intorno ad essi l’occhio chiaroveggente vede irradiare i copri eterici, e nei raggi solari che scendono sulla Terra, il veggente può scorgere gli esseri umani che hanno appena passato la soglia della morte e che lavorano intorno allo sbocciare dei fiori”
Quindi se abbiamo ben presente che i morti non sono in “un altro mondo” ma solo in un’altra dimensione, ci accorgeremo con gioia nostra e loro che viviamo sempre insieme, senza parlare poi della presenza degli angeli, arcangeli e delle sfere spirituali superiori e che siamo molto meno soli di quello che pensiamo se solo impariamo a vedere e sentire meglio ne avremo tutti un grande aggio.
Ivo Bertaina
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