Venerdì 16 marzo alle 12,32 Gino Girolomoni ha passato il velo dell’esistenza terrena. La notizia recatami telefonicamente dall’amico Francesco Torriani mi ha colto decisamente di sorpresa e mi ha lasciato per un bel momento senza respiro, come se mi avessero dato un pugno nello stomaco, come se una parte di me se ne fosse andata.
Una notizia decisamente inaspettata, una notizia che ti cambia non solo la giornata ma la vita, fra l’altro il 2012 era iniziato con due dipartenze importanti: ad inizio gennaio Valentina Masante , presidente della C.I.A. di Cuneo, anche lei ancora giovane, donna che ha passato la vita per l’agricoltura, il 6 febbraio se n’è andata la grande Maria Thun, l’ideatrice del calendario biodinamico a 90 anni ed ora a marzo Gino, se continua così con una partenza al mese la cosa si fa preoccupante…
Gino era un “piccolo grande uomo”, mi ricorda il film omonimo degli anni ’70 ottimante interpretato da Dustin Hofmann, lui è stato un piccolo uomo marchigiano che ha fatto grandi cose e che ha portato luce dove non c’era , ha portato vita dove se n’era andata grazie ad un’idea forte ed un’ostinazione tipica di chi costruisce le cose prima nel cuore e nella mente e poi le realizza nella vita.
Per me Gino è stato il fratello maggiore nel mondo dell’agricoltura biologica ed un grande e caro amico: si dice che gli amici si contano sulle dita delle mani, lui stava sicuramente nella prima: ci siamo conosciuti nel 1997 al SANA di Bologna ad una riunione che aveva organizzato tra le associazioni biologiche regionali ed è iniziata subito la nostra collaborazione in A.M.A.B., associazione mediterranea agricoltura biologica, dove mi ha voluto subito al suo fianco come vicepresidente ed abbiamo fatto tante cose insieme.
Ultimamente le nostre strade nel campo dell’associazionismo si erano divise, ma l’amicizia non era mai cessata ed anzi, lui stesso anche se non “aveva gradito” la mia indipendenza sempre più marcata nel corso degli anni e proprio negli ultimi mesi mi aveva fatto i complimenti per quello che stavo facendo e la cosa fu per me una vera benedizione ed un viatico a continuare sulla mia strada, che poi era sempre anche la strada di Gino.
Mi ricordo ancora oggi il primo incontro, la prima stretta di mano, io gli dissi “ho letto molti tuoi articoli ed ho sentito parlare molto di te” e lui mi disse “anch’io ho sentito parlare di te e volevo conoscerti” ed è subito nato un feeling, un’amicizia forte, indissolubile e sincera che ha fatto tanto bene ad entrambi.
Gino non era sicuramente un uomo facile, aveva un suo carattere forte spigoloso ma un cuore grande e sempre aperto: non era capace di odiare, anche se nel corso degli anni ne avrebbe avuto sicuramente il diritto per le meschinerie che diversi “ometti” del settore bio gli avevano fatto; incassava in silenzio, sicuramente grazie alla sua forte e concreta adesione al cristianesimo che ne aveva sicuramente mitigato e transustanziato l’irruente e forte carattere in un roboante e luminoso silenzio.
Quello che ha fatto con la cooperativa Alce Nero lo conoscete bene, come diceva al suo funerale l’amico Alfredo Anitori è stato uno dei pochi profeti in patria, ha riportato la vita nei campi abbandonati delle colline marchigiane creando anche una industria conosciuta a livello internazionale col biologico; io ne voglio parlare soprattutto come amico e come uomo di riferimento del settore bio: era un capo e sapeva di esserlo e questo dava fastidio a tanti che capi sapevano di non esserlo anche se ne avevano le targhette. Secondo me per essere capi, punti di riferimento, potremmo anche dire guida od anche, senza esagerare nel caso di Gino, in senso biblico, profeti, non è una cosa che si impara, ma lo si è o non lo si è: lui lo era e ne era cosciente e lo sentiva come una predestinazione piuttosto che un premio.
Il male dei capi, delle guide e dei profeti è che molto spesso sono e si sentono soli, perché sono sempre più avanti degli altri come idee o come azioni e non hanno il tempo né la pazienza di aspettare chi sta loro dietro o di mediare perché sentono che il tempo è poco e ci sono tante cose da fare.
A metà degli anni ’90 vi era un bel fermento nel settore biologico, pur se all’inizio, con pochi mezzi ed in maniera un po’ arruffata vi era una grande voglia di fare, di costruire, di cambiare; ogni regione aveva la sua piccola o grande associazione. Gino era la guida giusta per questo movimento che abbiamo contributo a creare e per un certo periodo ne siamo stati un bel punto di riferimento a livello nazionale: mi ricordo le lotte per il decreto sulla zootecnia nei primi anni 2000, che molti volevano aperto ed elastico per poterci fare i propri comodi e che noi abbiamo da soli difeso ed ottenuto che fosse realmente bio, senza interessi e senza santi in paradiso, i tentavi , falliti, di unire il mondo della produzione biologica ma le tante esperienze fatte insieme che sono state la nostra vera ricchezza che ci portiamo dietro .
Io e Gino abbiamo provato insieme il dolore ed il dispiacere di vedere che una realtà politica verde e presunta ecologista fosse in realtà un mondo opportunista e falso che anziché dare forza e linfa te ne succhiava tanto quanto poteva.
Lui li chiamava “verdi di città” ovvero”coloro che abitano in città e vogliono spiegare agli agricoltori come si coltiva la campagna”: è giusto che siano spariti dalla circolazione, una grande opportunità perduta e tanti sforzi fatti inutilmente da Gino, da me e da tanti altri amici.
Con Gino abbiamo provato insieme ed individualmente a lavorare per creare una commercializzazione a misura degli agricoltori bio senza successo: il suo sogno incompiuto era di creare 100 punti vendita nelle grandi città italiane gestite da agricoltori bio per dare dignità e forza agli agricoltori, ai bifolchi come ci chiamava lui, creare centri di commercio e di cultura, centri di comunicazione tra produttori e consumatori, tra cielo e terra.
Con Gino avevamo approcci apparentemente diversi sulla spiritualità, ma in ogni caso li avevamo e li condividevamo; oggi tanti bio su questo aspetto sono più aridi di un deserto: lui era un cattolico anarchico – ortodosso- protestante, nel senso che pur osservante cattolico si incazzava tanto per le omissioni dei vertici romani soprattutto sulla cura ed il rispetto alla terra ed il silenzio –assenso sugli OGM ma entrambi eravamo coscienti che non esiste cosa al mondo che sia staccata da una presenza spirituale e negli ultimi anni si stava riavvicinando all’agricoltura biodinamica.
Un grande colpo del destino gli era stato portato dalla malattia e dalla dipartita della sua amata moglie e compagna Tullia lo aveva decisamente provato e dopo la sua morte Gino era come stanco, distaccato e non aveva più quella “verve” e quella forza trascinatrice che lo contraddistingueva.
Un po’ Gino era già “morto” con Tullia e prova ne è la bellissima lettera d’amore alla moglie che ha scritto sul Mediterraneo di questa estate passata.
Gino amava “tornare” appena poteva alla Terra Santa, a quei posti che sicuramente sono stati il teatro della sua intensa passata vita, ne sentiva il bisogno fisico e spirituale, come ci ha testimoniato al funerale il suo amico e sindaco di Isola del Piano Giuseppe Paolini quando ci ha raccontato, facendoci per un attimo sorridere in un momento dove il sorriso era completamente sparito, che aveva addirittura “dirottato” uno dei due pulman della Rapunzel per poter andare a vedere la casa di Maria Maddalena ad Efeso …
Con BioEuropa aveva voluto creare un incontro annuale per i bifolchi italiani ed europei, manifestazione alla quale era bello partecipare: seminari con interventi interessanti, una rara occasione per stare due giorni con amici vecchi e nuovi, le belle e calde cene alla trattoria, ogni tanto ho portato la fisarmonica e si è anche cantato e suonato assieme, i bei concerti o manifestazioni teatrali che accompagnavano Bioeuropa…Gino era un musicista della parola, un poeta che dava parola alla terra.
Ecco, Gino voleva far capire che i bifolchi hanno anche un’anima , hanno anche interesse ed amore per la cultura, la musica e l’arte, perché “solo la bellezza salverà il mondo”, come scriveva Fedor M. Dostoevskij.
Molto belli anche gli incontri per dare premi ad agricoltori importanti del mondo, quest’anno bisogna darlo a lui il premio, se lo merita, propongo per BioEuropa 2012 di fare una giornata per ricordare Gino dove ognuno condivide e porta i suoi ricordi e si impegna a fare qualcosa che Gino non ha potuto fare, sarebbe una bella cosa, vera e pregnante …
Avevo coinvolto nel 2007 Gino anche nel progetto del marchio AgriBiodinamica, per creare un vero marchio che riconoscesse chi fa veramente agricoltura biodinamica perché usa i preparati e le tecniche biodinamiche e non lo fa solo per un arido marchio che paga come marchetta per vendere meglio il suo prodotto prendendo in giro la gente e proprio al Sana di settembre 2011 mi aveva detto che ci avevo visto bene e che il futuro era nostro, mi aveva detto “Ho capito che basta solo saper aspettare e tu sai aspettare”.
Ed ho capito in questi giorni, anche da queste parole, che lui non aveva più voglia di aspettare, viveva già nel futuro, era già avanti, come sempre, stava già progettando la sua (e la nostra) prossima vita.
Avevo deciso di fare una riunione con i proprietari del marchio a Montebello e lui ne era molto felice ed anzi mi aveva telefonato recentemente sollecitandomi di decidere la data, e non era cosa da lui, anche da questo ora capisco che aveva fretta e mi sento in colpa nel non avere avuto la possibilità di passare ancora una giornata con lui…
Parlando con lui per telefono recentemente degli scandali del bio sentivo che ne era sempre più distaccato, diceva, come già aveva detto anni fa, che con la certificazione che anche lui aveva contribuito a creare avevamo dato la vita ad un mostro che anziché aiutare aggredisce i piccoli agricoltori e “copre” quelli grandi, ricchi e potenti che spesso col bio hanno poco a che fare.
Ho visto crescere e conosciuto i suoi tre figli, la moglie Tullia e la suocera Alma.
Alma è una vera quercia con un cuore grande e caldo: apparentemente burbera ma di una dolcezza e di una dedizione unica come solo una mamma può fare.
Tullia era una donna che parlava poco, che sicuramente soffriva l’assenza non solo fisica di Gino per i suoi mille impegni ma che gli stava dietro come un’ombra; qualcuno scriveva “Dietro un grande uomo vi è sempre una grande donna” e Tullia lo era e Gino come ho detto, ne ha avvertito in questo tempo una terribile mancanza, forse anche per questo se n’è andato così presto.
Samuele e Giovanni li ho visti crescere e diventare uomini nella sua ombra e nel suo calore, oggi sono bene inserti nella sua azienda e Gino so che ne è orgoglioso di loro anche perché me lo aveva detto.
Maria l’ho conosciuta poco, era bambina quando andava da lui le prime volte ed ora era qualche anno che non la vedevo, è diventata una donna e mi ha impressionato la calma e la determinatezza con la quale ha letto alla fine del funerale un suo ricordo del papà: ho sentito in lei “la stoffa” di Gino, poche parole, forti e penetranti ma vere, ricche e toccanti solo come Gino sapeva dire. Sentir parlare Maria mi ha dato speranza e certezza che Gino è ancora con noi.
Se andate al Monastero di Montebello guardate quella bellissima foto con tutta la famiglia Girolomoni sotto la grande pianta attorno al tavolo nel prato antistante, dove abbiamo fatto tante riunioni A.M.A.B, anche l’espressione, fermata da quel bravo fotografo, dei membri della famiglia è meravigliosa! Ne vorrei una copia.
Il grande poeta tedesco Novalis diceva “ La vita non deve essere un romanzo che ci è dato bensì scritto da noi stessi” e Gino il suo romanzo lo ha scritto personalmente ed anche molto bene e l’ha anche firmato: sicuramente ha fatto errori nel suo romanzo, ma ha avuto il coraggio di provare e di firmarli; solo chi per paura, non fa nulla, omette di scrivere il proprio romanzo, lascia tante pagine vuote fa molto peggio, il peccato di omissione è molto peggiore del peccato di commissione, abbiamo il coraggio di scrivere e dire che cosa veramente siamo venuti sulla terra per fare!
Non ci resta che continuare od iniziare a scrivere il nostro romanzo prima che si troppo tardi, anche le nostre giornate si accorciano e le pagine bianche sono ancora tante….
Grazie Gino di quello che sei stato, di cosa ci hai dato e di cosa ci darai da lassù, grazie di aver avuto la possibilità di viverti accanto e non pensare di cavartela così perché abbiamo ancora tanto bisogno di te e sappiamo dove sei!
Il tuo amico bifolco del nord,
Ivo Bertaina
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