Yacouba Sawadogo, l’uomo che ha fermato il deserto piantando alberi.

Scelse di fare il contadino negli anni ’70, in piena carestia del Sahel. Utilizzando una tecnica antica ha creato foreste e campi dove non c’era nulla. La sua storia coraggiosa e poetica è raccontata da Africa in occasione della Giornata mondiale dell’acqua
Roma – Yacouba Sawadogo, ha speso la sua vita a piantare alberi. Grazie a lui oggi ci sono foreste e vita dove prima non c’era nulla, ai margini del deserto del Sahel, in Burkina Faso. La sua storia coraggiosa e poetica è raccontata, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua che cade il 22 marzo, da un articolo di Tamara Ferrari pubblicato dalla rivista Africa.
Yacouba è quasi analfabeta, ma parla come un saggio. I suoi genitori volevano farne un imam ma non riusci ad imparare quasi niente del Corano. Alla metà degli anni ’70 tutta l’area del Sahel fu colpita da una grave siccità. Il deserto avanzava e migliaia di persone morivano di fame o erano costrette a scappare. Fu in questa situazione che Yacouba ebbe la “folle” idea di mettersi a fare il contadino. “Se vado via anch’io non resterà più nulla”, pensò.
Campo coltivato con la tecnica dello Zar

In Mali, dove era andato a studiare il Corano, aveva appreso la tecnica antica dello zar che consiste nello scavare buche durante la stagione secca per trattenere l’acqua. Yacouba allargò le fosse e le ricopri di foglie e letame per attirare le termiti. Questi animaletti divennero i suoi principali alleati: scavano cunicoli che trattengono l’umidità, digeriscono il letame rimineralizzando il suolo. Nelle fosse piantò miglio, sorgo, sesamo ma anche alberi che fanno ombra e concimano il suolo con le loro foglie. Se all’inizio c’era una sola pianta oggi la foresta copre 27 ettari.

Oggi la tecnica prodigiosa di Yacouba è studiata da esperti di tutto il mondo. Molti altri boschi sono nati grazie allo zar. Ma non mancano i nemici da combattere: i politici senza scrupoli, i “costruttori di villette” in quella terra ritornata viva. Una parte della foresta è stata espropriata e gli alberi falciati per costruire, ma senza gli alberi “il deserto riprenderà possesso di queste terre”. Il vecchio burkinabé ha ingaggiato una battaglia legale e nel frattempo “dove loro tagliano io ritorno a piantare”, dice. I suoi 17 figli e 40 nipoti lottano con lui.
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