A un certo punto dell’evoluzione chimico-tecnologica della coltivazione del riso, il riso crodo che fino a pochi decenni era stato una semplice presenza sgradita divenne una pericolosa infestante, la chimica e l’agronomia ci misero a disposizione delle soluzioni che tamponarono il problema senza nè risolverlo nè stabilizzarlo per la maggior parte degli agricoltori, poi circa una decina di anni fa la Basf per risolvere il problema propose questi risi geneticamente modificati creati prima della registrazione degli OGM. Finalmente, pensammo tutti, poiché era da 20 anni che ciclicamente ci proponevano soluzioni che poi risolvevano poco, nel frattempo nella mia azienda ero riuscito a stabilizzare il problema questo mi permise di valutare la proposta senza patemi, una volta conosciute le modalità d’uso l’accantonai poichè si potevano usare solo per due anni nelle stesso appezzamento questi risi ed il loro relativo erbicida per non creare delle resistenze e questo non era sufficiente a risolvere il problema, per me era lo stesso un vantaggio perchè riduceva l’uso degli altri sistemi apparentemente più invasivi, usati dai miei vicini che per l’interscambio della rete irrigua danneggiavano chi aveva gli appezzamenti confinanti.
Successe che poi li seminarono per più anni nello stesso appezzamento agevolati dal fatto che nel contratto non veniva richiesto da Basf che fossero indicate le particelle catastali, a loro interessa solo vendere diserbo, incassare royalti e verificare che non si riutilizzi il seme aziendale, chi lo fece ebbe poi la sorpresa di avere il campo infestato da fusariosi, tutti i semi dei Risi Clearfield devono essere conciati contro la fusariosi: una rarità divenne la norma.
Questo modo approssimativo di operare da parte di tutti i soggetti interessati mascherato dal successo economico ha sviluppato piante resistenti sia di crodo che di altre infestanti, la più invasiva di tutte è il giavone ma niente paura c’è Basf che prontamente fa riammettere l’uso del Quincrolac, nel frattempo si è anche diffuso un insetto originario della Luisiana( Basf gira le royalti all’università della Luisiana ),lì si può scegliere se conciare il seme o fare un paio di trattamenti insetticidi …
Poi qualcuno consiglia per migliorare il cocktail di pesticidi necessari per salvare il raccolto di aggiungere del Sulcutrione, prodotto non ammesso per il riso, ma non si doveva ridurre l’uso dei diserbi? Semplificare il lavoro? Essere liberi dalle infestanti? Poco per volta quasi tutti firmano il contratto con Basf, ora saremo rimasti in 6 o7 a non aver mai firmato il contratto, ci guardano anche di traverso, attendono la capitolazione per via anagrafica o burocratica, il fatto che qualcuno abbia resistito e prodotto ugualmente viene ignorato considerato come uno che rompe le uova nel paniere.
Mi ero limitato a resistere a questa deriva in modo istintivo poi un giorno mi telefona Riccardi di Report, fa un servizio sui brevetti in agricoltura e ha saputo che non ho mai seminato i risi Clearfield, lo incontro in una afosa giornata di agosto, perchè avevo visto i suoi servizi precedenti e mi erano piaciuti, lo accompagno a fare un giro in campagna a vedere il crodo e i giavoni resistenti, gli spiego come faccio a riprodurmi i semi per difendermi dalla contaminazione e da lui vengo a sapere che Basf collabora con Ente Risi per costituire le nuove varietà CL: mi sembra incredibile che chi conserva i semi che dovrebbe essere super partes si metta a trafficare con una ditta privata e poi il presidente dica nel servizio “ci pagano anche poco” è il tecnico dica “sappiamo benissimo che questa tecnologia durerà poco”.
Vi consiglio di vedere il servizio “l’insostenibile brevetto” : http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-16428ec8-f207-4a90-a082-5b7b47a7164a.html. Trasmesso il servizio anche altri pensarono che si sarebbe aperto un dibattito, ma non successe niente: il fango della risaia seppellì tutto e il fatto che non fossero OGM fu l’unica evidenza, alla gente non importava della contaminazione e della mutazione genetica rilevata dalla relazione dell’Università di Piacenza, dell’aumento dei diserbi, dei costi per resistenze, dell’accelerazione del degrado ambientale.
Gli stessi risicultori preferiscono il Carnaroli o il Vialone, e questi risi Clearfield li fanno mangiare volentieri agli altri: quando trovate un riso senza nome è ben facile che sia un clearfield.
Concludendo dopo aver aumentato l’uso dei diserbi, il carico di costi e di lavoro, creato piante resistenti, prodotto si è no quanto i risi convenzionali, resi inutilizzabili numerosi principi attivi della famiglia imidazolinoidi aver evidenziato una instabilità delle caratteristiche e il crodo è sempre lì, ci dovrebbe essere un ripensamento invece no, la Basf ne sta per sfornare un nuovo tipo sfruttando un altro principio attivo efficace anche contro le resistenze e mi dicono gli amici così sarai obbligato a usarli anche tu.
Quello che sembra facile in pratica risulta la parte più difficile, trasferire dal laboratorio al campo quello che la ricerca produce, nel campo ci sono mille variabili: tempo, temperatura, miscele complesse, imprevisti di ogni genere, anche coi più moderni sistemi di distribuzione vi possono essere errori nella distribuzione, impreparazione degli addetti, la reazione imprevista della natura, tutto questo con un frazionamento fondiario che rende complesse anche le pratiche convenzionali. Non basta che una innovazione sia accettata per comodità o perché si fa credere che non vi siano alterative, deve essere stabile e sostenibile nel tempo la scienza è tale perché ciò che afferma è ripetibile! Spero di essere riuscito a rappresentarvi i problemi pratici che ho rilevato e resto disponibile per qualunque chiarimento o integrazione.
Giuseppe Oppezzo
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