Nel libro “La costruzione del corpo umano – Principi musicali in Fisiologia umana” (Aedel Edizioni), A. J. Husemann cita una particolare simbiosi che si instaura tra un’acacia delle steppe dell’Africa Orientale, l’Acacia seyal, con certi tipi di formiche, capaci di creare dei fori nei piccioli rotondi delle foglie. Un aspetto interessante di questa simbiosi è che questi piccioli, come conseguenza del foro praticato dalle formiche, emettono dei suoni: sono proprio le formiche a rendere in essi manifesto l’etere del suono!
A prescindere comunque da questo aspetto musicale, ciò che attira l’attenzione è proprio il fatto che le formiche sembrano amare la compagnia delle acacie, infatti esiste un’altra simbiosi tra formiche ed acacie che avviene nell’America Centrale. Le formiche qui allevano la loro covata su di un’acacia dove trovano il nutrimento loro necessario, d’altro canto queste formiche sono molto aggressive nei confronti di qualsiasi animale od insetto che si avvicina all’acacia: esse fanno da guardiane di queste piante!
Per quale motivo le formiche sembrano essere così interessate alle acacie?
Quale sarà la forza che le unisce ad esse?
Potrà nascondere questa simbiosi una relazione tra l’acido formico, particolarmente presente nelle formiche, e l’azoto, vista la capacità delle acacie in quanto leguminose di fissarlo?
Possiamo estendere ora l’indagine su questo affascinate mistero notando, come ho osservato nel mio orto e frutteto biodinamico, che primavere eccessivamente piovose sembrano causare un’ingente comparsa di formiche nei terreni. La loro presenza potrebbe in realtà essere un processo di compensazione legato all’evidente comparsa sulle piante di molti afidi in caso di piogge abbondanti primaverili. Infatti Rudolf Steiner svelò come le formiche amano “catturare” gli afidi e portarseli nelle loro tane. In seguito essi vengono accarezzati dalle formiche con le loro antenne e così stimolati a secernere un liquido zuccherino di cui esse sono particolarmente ghiotte. È un po’ come se le formiche “mungessero” gli afidi!
Sappiamo però anche che gli afidi compaiono per smorzare un eccesivo sviluppo eterico come conseguenza di un’eccessiva presenza di azoto nel terreno. L’azoto stimola la formazione delle parti verdi delle piante, in particolare quindi dei germogli primaverili. Un eccesso di azoto comporta un maggiore assorbimento di acqua e quindi più linfa grezza nelle piante, pertanto un eccesso di acqua zuccherata che attira gli afidi. Da questa osservazione allora comprendiamo come le formiche controllino gli afidi, i quali smorzano l’eccessivo sviluppo eterico delle piante causato da una consistente presenza di azoto nel terreno. Sappiamo inoltre che l’azoto è legato all’astralità, pertanto un eccesso di astralità agente sulle piante comporta un eccessivo stimolo nel loro sviluppo eterico. Vi è quindi un legame tra le formiche e gli afidi o, detta in un’altra maniera vista la presenza dell’acido formico nelle formiche, tra l’acido formico e l’azoto. Madre Natura così ci svela questo profondo mistero, questa via che ci conduce dall’azoto all’acido formico. Appare ora un po’ più chiaro il perché della simbiosi tra le formiche e le acacie, è un po’ come se l’acido formico avesse la proprietà di contenere e transustanziare l’azoto …
L’azoto è appunto affine all’astralità, è portatore delle percezioni, mentre l’acido formico veicola l’animico, a differenza dell’acido ossalico che è legato al mondo eterico. Ne consegue che azoto ed acido formico “parlano la stessa lingua”, sono cioè sulla stessa “lunghezza d’onda”! Nel ciclo di conferenze intitolato “Aspetti dei misteri antichi” (Editrice Antroposofica) Rudolf Steiner, nella conferenza del 22 Dicembre 1923, disse che l’uomo ha bisogno per il proprio corpo eterico dell’acido ossalico, invece per il suo corpo astrale ha bisogno dell’acido formico, non ha bisogno però tanto delle sostanze in sé quanto dei processi legati all’acido ossalico ed all’acido formico. L’acido ossalico si trova diffuso in tutta la vegetazione, invece le formiche sono in grado di trasformare l’acido ossalico presente nel manto vegetale della Terra in acido formico.
Con l’aria noi respiriamo continuamente piccolissime quantità di acido formico di cui siamo debitori all’attività che gli insetti compiono sulle piante, trasformando appunto l’acido ossalico in acido formico. A questo possiamo aggiungere che l’ortica è una pianta del tutto singolare, essa è infatti ricca di acido formico, ciò sembra avvicinarla alle formiche e pertanto al regno animale. Si può, ad esempio, notare come tra i preparati da cumulo utilizzati in agricoltura biodinamica nell’allestimento dei cumuli di compostaggio, il preparato di ortica (anche chiamato 504) sia l’unico che, fatta eccezione per il preparato di valeriana (507), nella sua preparazione non venga inserito all’interno di un involucro animale. L’ortica non necessità di ciò, essa stessa è infatti intimamente portatrice di una certa “animalità”! Rudolf Steiner nella quinta conferenza del corso di Koberwitz disse che
il preparato di ortica inserito nel concime “non permette più che una sostanza qualsiasi si decomponga in modo errato, liberi in modo errato azoto”.
È il contenuto di ferro nell’ortica (e forse anche la presenza dell’acido formico) ad armonizzare i processi dell’azoto. Quando il preparato di ortica viene inserito nel cumulo di compostaggio, si ostacola l’eccessiva fermentazione e si evitano così delle perdite d’azoto che si avrebbero con l’innalzamento della temperatura che si osserva in un cumulo di compostaggio contenente del letame, perdita che si avrebbe soprattutto come azoto ammoniacale, sostanza facilmente volatile ad alte temperature e nelle condizioni alcaline quali quelle presenti nel letame fresco.
L’incredibile mondo delle api ha delle affinità con quello delle formiche e spesso ho notato una simbiosi interessante tra questi due gruppi di insetti. In certe famiglie di api le arnie, soprattutto nel coprifavo, vengono massicciamente colonizzate dalle formiche, tuttavia questo avviene solo per un periodo dell’anno e poi scompaiono. A me è sempre piaciuto pensare che le formiche corrano in aiuto delle api, quando queste sono in difficoltà, portandovi il loro acido formico. Di sicuro l’acido formico, così come l’acido ossalico, vista l’efficacia contro la varroa, deve in qualche modo essere un “portatore di luce” che compensa le tenebre veicolate dalla varroa. Essi sono comunemente utilizzati nel controllo dell’acaro della varroa; gli acidi che sono in commercio oggi però sono ottenuti per sintesi chimica, si dovrebbe invece imparare ad estrarli dalla Natura. Viene a questo punto da porsi una legittima domanda:
“Ma allora la presenza della varroa non potrebbe essere un sintomo di un’eccessiva presenza di astralità, veicolata dall’azoto, agente in una famiglia di api?”
Perché così ci si spiegherebbe la comparsa delle formiche …
Fabrizio Testasecca
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