Raggiunto un nuovo accordo politico che lascia liberi gli Stati membri di scegliere soluzioni più o meno stringenti. Galletti: l’Italia ha detto “no”.
L’accordo è per molte versi eccezionale. Per la prima volta, ogni Stato membro in Europa avrà il diritto di dire no alla coltivazione di Ogm sul proprio territorio, sia che si tratti di sementi transgeniche autorizzate oppure in via di autorizzazione alla Commissione europea. I ministri dell’ambiente dell’Ue hanno raggiunto sugli Ogm un accordo politico dopo quattro anni di tentativi falliti, riuscendo a riunire sullo stesso terreno normativo, sia gli Stati favorevoli a coltivare transgenico – come la Gran Bretagna – sia quelli che – in primo luogo l’Italia – di sementi transgeniche non ne vogliono sentire parlare.
Insomma l’Italia avrà l’ultima parola sulla decisione di limitare o vietare le colture transgeniche sul proprio territorio: un risultato importante in quanto otto italiani su dieci si sono pronunciati contro l’agricoltura transgenica. E appena l’accordo otterrà il via libera del nuovo Parlamento europeo, si potrà fare finalmente chiarezza anche sul fronte della normativa italiana. È di oggi la decisione del Consiglio di Stato che rigetta al 15 gennaio la domanda di sospendere il decreto che vieta la coltura del mais Mon 810 in Italia.
I tempi sono stretti, e per riprendere la metafora usata dal commissario Ue alla salute e gli Ogm, Tonio Borg, l’accordo politico è come un autobus su cui sono saliti gli Stati membri. Ora la guida passerà alla presidenza italiana dell’Ue, a cui la Commissione darà tutto l’aiuto per portare l’autobus rapidamente a destinazione. Il futuro presidente, il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, ha tenuto ad assicurare i partner europei e l’Esecutivo «che da parte dell’Italia c’è il massimo impegno a chiudere il dossier. Chiedo ad ogni Stati membro – ha aggiunto – di aiutarci per riuscire a farlo entro la fine dell’anno».
L’accordo sugli Ogm ha un’alta valenza politica: per la prima volta uno Stato membro è libero di non rispettare una decisione della Commissione europea. Alcune associazione biotecnologiche nell’Ue hanno subito accusato gli Stati di voler «rinazionalizzare» il quadro legislativo europeo, ma il commissario Borg afferma che la proposta di direttiva «ha una base giuridica solida». D’altro canto, le associazioni biologiche italiane ritengono che ci sia «una vera e propria trappola» dietro alla maggiore libertà data, in quanto ogni Paese dovrà motivare le ragioni del divieto. A questo rilievo gli esperti ribattono che la lista delle motivazione è aperta.
Sul fronte agricolo, il ministro per le politiche agricole e alimentari Maurizio Martina, ha espresso «la piena soddisfazione» per un accordo «che introduce la necessaria flessibilità consentendo agli Stati membri di decidere in merito alla propria agricoltura». Anche la Coldiretti e la Confederazione italiana agricoltori hanno accolto con favore l’intesa di Lussemburgo, sottolineando che la procedura potrà essere perfezionata sotto la presidenza italiana dell’Ue.
Incoraggiamenti anche a chiudere il dossier sul fronte ambientale. Legambiente parla «di un primo passo nella giusta direzione, anche se occorre apportarvi qualche correzione». Monica Frassoni, copresidente del Partito Verde europeo incita l’Italia a «mirare al traguardo». Il vero lavoro del governo italiano deve ancora cominciare – scrive – e mi auguro che la discussione con il Parlamento europeo in autunno, possa essere l’occasione per il premier Renzi per difendere un’agricoltura sostenibile e la salvaguardia dell’ambiente.
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