Marcello Pamio – 30 maggio 2014 – www.disinformazione.it
“Il latte deve diventare patrimonio Unesco”.
Questa è la proposta lanciata da Assolatte in vista del World Milk Day del primo giugno.
La bevanda più diffusa al mondo, dopo l’acqua e forse prima della Coca-Cola, è fondamentale per la sopravvivenza di 750 milioni di persone. Dicono le associazioni che guadagnano enormi quantità di denaro proprio grazie al latte e derivati.
Secondo un rapporto FAO il latte è “un alimento consumato da 6 miliardi di persone”.
Perché farlo diventare patrimonio dell’umanità, proprio in questo momento?
Risponde Adriano Hribal, delegato della presidenza di Assolatte: “in questo modo non solo vogliamo far riconoscere il valore e il ruolo del latte, ma vogliamo anche difendere questo straordinario prodotto dagli attacchi di chi si diverte a demonizzarlo con motivazioni prive di fondamento scientifico, tentando di sostituirlo con altre bevande”.
Forse alle industrie casearie stanno tremando non solo i polsi, ma anche le ginocchia (pregne di latte?) perché i grafici dei loro fatturati stanno scendendo?
Questo forse dipende dal fatto che sempre più persone stanno prendendo coscienza e consapevolezza che l’alimento considerato il più sano e migliore al mondo, non è poi così tanto sano come ci raccontano, anzi. Sempre più persone (soprattutto i più piccoli) infatti manifestano serie intolleranze e/o allergie. Ciò non è così impossibile, visto che tale alimento la Natura lo ha predisposto per gli animali della STESSA specie.
L’uomo è infatti l’unico animale in natura che beve il latte di un’altra specie animale. L’unico animale che mantiene in cattività altri animali usandoli per meri scopi gastronomici-culinari e/o pseudoscientifici (vivisezione e sperimentazione). L’uomo è l’unico animale che artificialmente rende e mantiene gravide centinaia di milioni di povere vacche (vere e proprie macchine lattifere) sottraendo loro il latte destinato ai vitellini, per berlo e/o usarlo nell’industria.
Possiamo veramente credere che tali comportamenti e azioni innaturali, contro-natura siano privi di effetti collaterali (reazioni)?
Vediamo ora – alla faccia della demonizzazione con motivazioni prive di fondamento scientifico – qualche dato ufficiale sulla bontà del latte.
Osteoporosi
L’assunzione del latte è reclamizzata per la prevenzione dell’osteoporosi, sebbene la ricerca clinica pervenga a conclusioni differenti.
L’Harvard Nurses’ Health Study [1], che ha seguito clinicamente oltre 75.000 donne per dodici anni, ha mostrato che l’aumentato consumo di latte non solo non avrebbe alcun effetto protettivo sul rischio di fratture, ma l’aumentata introduzione di calcio attraverso latticini era associato con un rischio di fratture più elevato!
Uno Studio Australiano [2] è pervenuto al medesimo risultato.
Inoltre altri Studi [3, 4] non hanno evidenziato alcun effetto protettivo sull’osso da parte del Calcio proveniente dai derivati del latte. Per ridurre il rischio di osteoporosi, va ridotta l’assunzione con la dieta di Sodio e di Proteine animali [5,6], aumentato il consumo di frutta e verdura [8], l’attività fisica [9], e va assicurato un adeguato introito di Calcio da fonti vegetali, come ad esempio la verdura a foglia verde ed i fagioli, come pure prodotti addizionati di Calcio tipo i cereali per la colazione ed i succhi.
Eccesso proteico
Il latte vaccino è perfetto per i vitelli, perché hanno una velocità d’accrescimento fisico notevolmente superiore a quella umana (raddoppiano il proprio peso dopo appena 47 giorni dalla nascita, mentre il neonato dell’uomo lo raddoppia in circa 180 giorni).
Il latte vaccino contiene dal 3,5% al 5% di proteine (caseina e non solo), contro lo 0,9-1,0% del latte umano. Questa notevolissima quantità di proteine in più nel latte di vacca, costituisce un’autentica overdose proteica per un essere umano. E’ risaputo che quando le proteine superano il normale fabbisogno, l’eccesso determina un sovraccarico per tutti gli organi in particolar modo per fegato e reni.
Malattie cardiovascolari
Tutti i latticini (formaggio, gelati, latte, burro e yogurt) contribuiscono significativamente ad elevare il contenuto di colesterolo e grassi nella dieta [10].
Le diete ad elevato contenuto di grassi, soprattutto grassi saturi, possono aumentare il rischio di parecchie malattie croniche, comprese le malattie cardiovascolari. Una dieta a base di prodotti vegetali, povera di grassi e che elimini i derivati del latte, in combinazione con attività fisica, abolizione del fumo e controllo dello stress, può non solamente prevenire le malattie cardiache, ma addirittura renderne reversibile il decorso [11].
Cancro
Alcuni tumori, soprattutto quelli ormosensibili (ovaio, seno, prostata), sono stati messi in stretta relazione con il consumo di latticini, per via della quantità enorme di ormoni contenuti nel latte.
Lo zucchero contenuto nel latte, il lattosio, viene scisso nell’organismo ottenendo un altro zucchero, il galattosio e questo viene ulteriormente catabolizzato da enzimi.
Secondo uno Studio del dr. Daniel Cramer e collaboratori a Harvard [12], quando il consumo di latticini eccede quantitativamente la possibilità enzimatica di catabolizzare il galattosio, questo può accumularsi nel sangue e danneggiare le ovaie femminili. Alcune donne possiederebbero inoltre livelli di questi enzimi particolarmente bassi, ed il consumo regolare di derivati del latte può triplicare in loro il rischio di sviluppare cancro ovarico.
I tumori della mammella e della prostata sono pure stati messi in relazione con il consumo di derivati del latte, correlazione presumibilmente riferibile, almeno in parte, ad aumentati livelli plasmatici di un composto denominato Insulin-like Growth Factor (IGF-I) [13, 14, 15].
Questo fattore, isolato nel latte vaccino, è stato ritrovato a livelli plasmatici elevati nei soggetti che consumino regolarmente latticini [16].
Altri principi nutritivi che aumenterebbero i livelli di IGF-I sono pure presenti nel latte vaccino.
Uno Studio recente mostra come soggetti maschili che presentino elevati livelli di IGF-I avrebbero un rischio quattro volte maggiore di sviluppare cancro prostatico, quando confrontati con i soggetti nei quali i livelli di questo fattore siano bassi [14].
Diabete
Il Diabete insulino-dipendente (tipo I) è correlato al consumo di latticini.
Studi epidemiologici in diversi Paesi dimostrano la presenza di una forte correlazione tra l’uso di latticini e l’incidenza di diabete insulino-dipendente [17, 18].
Alcuni ricercatori nel 1992 [18] hanno individuato una proteina specifica del latte che innescherebbe una reazione autoimmunitaria, che si pensa sia in grado di distruggere le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina.
Nel grafico qui sopra, l’incidenza del diabete di tipo-1 cresce con il crescere del consumo di caseina (la principale proteina del latte e derivati). I paesi maggior consumatori di latte e derivati come Svezia e Finlandia, sono i paesi con il maggior numero di bambini diabetici e di fratture ossee.
Intolleranza al Lattosio
L’intolleranza al Lattosio è un fenomeno comune in molte popolazioni, e negli USA colpisce circa il 95% dei soggetti di origine asiatica, il 74% dei nativi, il 70% dei soggetti di origine africana, il 53% dei soggetti di origine messicana, mentre colpisce il 15% dei soggetti di razza caucasica [19].
La sintomatologia, che include problemi gastrointestinali, diarrea e flatulenza, compare perchè l’organismo di questi individui non possiede gli enzimi deputati alla digestione dello zucchero presente nel latte, il lattosio, appunto. In più oltre ad essere vittime di questi problemi, coloro che bevono latte rischiano di diventare soggetti a rischio di sviluppare altre malattie croniche ed altri disturbi.
Tossicità da Vitamina D
Il consumo di latte non fornisce una fonte valida ed affidabile di Vitamina D nella dieta.
Differenti campioni di latte sono stati trovati contenere quantità molto variabili di questa vitamina, in alcuni campioni era presente una quantità 500 volte superiore a quella indicata, mentre altri campioni di latte ne contenevano quantità insufficienti o addirittura assente [20, 21].
Un eccesso di vitamina D può essere tossico e può essere responsabile di un eccessivo aumento dei livelli di calcio in sangue ed urine, di aumentato assorbimento di alluminio e di depositi di calcio nei tessuti molli (calcificazioni ectopiche, NdT).
Contaminazione
Ormoni sintetici come ad esempio il ricombinante dell’ormone della crescita bovino (rBGH), sono comunemente usati nelle mucche da latte per aumentare la produzione di latte [13]. Visto che le mucche producono quantità di latte in eccesso rispetto a quanto previsto dalla natura, sono vittime di mastiti od infiammazioni delle mammelle. Il trattamento di queste patologie richiede l’uso di antibiotici, e tracce di questi farmaci e di ormoni sono stati rilevati in campioni di latte e di latticini. Altre sostanze che contaminano frequentemente il latte sono i pesticidi ed altri farmaci.
Secondo l’OMS, il 50% degli antibiotici prodotti in Europa (10.000 tonnellate) viene usato negli allevamenti intensivi, mentre negli USA tale percentuale raggiunge il 75%.
L’UCS (Union of Concerned Scientists) calcola che sono oltre 11.000 le tonnellate di antibiotici somministrati in USA, per uso non terapeutico, di cui 6.000 tonnellate illegali nell’Unione Europea.
Il problema della pastorizzazione
La pastorizzazione è il processo di riscaldamento cui vengono sottoposti il latte ma non solo.
Generalmente le temperature possono variare da 54 a 70° C e per tempi compresi tra i 20 e i 30 minuti. I nuovi metodi “flash” (UHT) riscaldano il latte da 65 a 76°C per 15-22 secondi.
In questo modo si distruggono i batteri patogeni e si ritarda lo sviluppo di altri batteri.
Ma tale calore è sufficiente però a distruggere i batteri lattici come il Lactobacillus acidophilus, che contribuiscono a sintetizzare la vitamina B nel colon umano. Acidificando il latte che poi coagula, i batteri lattici tengono i batteri della putrefazione sotto controllo.
Il paradosso è che proprio la pastorizzazione distrugge le proprietà battericide del latte stesso!
Uno dei principali vantaggi commerciali della pastorizzazione è che il produttore può permettersi una maggiore sporcizia. Infatti gli standard qualitativi degli animali che producono latte crudo sono considerevolmente più alti di quelli dei soggetti che producono latte da pastorizzare.
La pastorizzazione compromette il potere nutrizionale, perché è risaputo che il riscaldamento di qualsiasi alimento oltre i 45-50 °C determina la distruzione degli enzimi, i trasformatori biochimici. Nel latte pastorizzato si perde la fosfatasi enzimatica che è necessaria all’assimilazione del calcio. Senza tale enzima il calcio non viene correttamente assimilato dalle cellule e dall’apparato scheletrico.
Con la cottura, la perdita delle vitamine lipo-solubili (A ed E) può aumentare di oltre due terzi, mentre la perdita della vitamina B e C può arrivare fino all’80%.
Problemi per la salute dei bambini
Proteine del latte, zuccheri del latte, grassi e grassi saturi presenti nei latticini possono essere causa di rischi per la salute nei bambini, portando allo sviluppo di malattie croniche quali obesità, diabete e formazione di placche arteriosclerotiche, causa in seguito di patologia cardiaca.
L’American Academy of Pediatrics raccomanda che ai bambini al di sotto dell’anno di vita non venga somministrato latte vaccino intero, poichè la carenza di Ferro è più probabile quando la dieta sia ricca di latticini. I prodotti del latte sono molto poveri di Ferro.
Se dovessero costituire una grossa parte della dieta, è più probabile si sviluppi una carenza di Ferro [10].
Le coliche addominali sono un ulteriore problema correlato al consumo di latte. Un bambino su cinque soffre di coliche. I pediatri ne hanno individuato da tempo la causa nel latte vaccino.
Sappiamo ora che quando la madre che allatta al seno il bimbo consumi latte vaccino, il bambino può andare incontro a coliche addominali. Gli anticorpi della mucca possono passare, attraverso il circolo ematico materno, nel latte materno stesso e da qui al bimbo [22].
Inoltre le allergie alimentari appaiono essere comunemente causate dal consumo di latte, soprattutto nei bambini.
Uno Studio recente [23] mette anche in correlazione il consumo di latte vaccino con la stipsi cronica del bambino. I ricercatori suggeriscono che il consumo di latte provochi ragadi od altre lesioni perianali e severo dolore alla defecazione, provocando così stipsi.
Bambini affetti da otiti, tracheiti, catarri a ripetizione sono guariti sopprimendo i latte e derivati.
L’insonnia dei neonati è di solito da addebitare alla somministrazione di latte vaccino.
Il latte ed i suoi derivati non sono necessari nella dieta e possono, in effetti, essere dannosi per la salute. Consumate una sana dieta a base di granaglie, frutta, verdura, legumi, cibi fortificati quali i cereali ed i succhi.
Questi cibi, carichi di principi nutritivi, possono aiutarvi a soddisfare le esigenze individuali di calcio, potassio, riboflavina e vitamina D con facilità e senza rischi per la salute.
Latticini e rischio Parkinson
Un interessante studio prospettico dell’Università di Harvard durato 9 anni su 130.000 persone, poi pubblicato su AM J Epidemiology, ha valutato l’associazione tra il consumo di latticini e il rischio di malattia di Parkinson. [24]
Il risultato è che il consumo di latticini è associato positivamente con il rischio di tale patologia.
Tra i consumatori di latticini, indipendentemente dal sesso, è stato trovato un rischio maggiore.
Il vero e unico Latte
L’unico latte di cui abbisogna il piccolo dell’uomo è quello che sgorga amorevolmente dal seno materno.
Questo è il latte vero e unico che la Natura ha predisposto per l’uomo. Tutto il resto è pura propaganda!!!
Physicians Commitee for Responsible Medicine – www.pcrm.org
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References (Bibliografia)
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3. Huang Z, Himes JH, McGovern PG Nutrition and subsequent hip fracture risk among a national cohort of white women, Am J Epidemiol 1996 Jul 15;144(2):124-34.
4. Cummings SR, Nevitt MC, Browner WS, Stone K, Fox KM, Ensrud KE, Cauley J, Black D, Vogt TM Risk factors for hip fracture in white women. Study of Osteoporotic Fractures Research Group, N Engl J Med 1995 Mar 23;332(12):767-73.
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