Agricoltura

Sogno della rinascita Contadina

La val d’Ossola ha visto in quest’ultimo secolo regredire costantemente la propria vocazione agricola sia per le difficoltà del territorio a tratti impervio sia per la scarsa efficienza dei metodi agricoli usati dalla popolazione locale e non meno importante dalla scarsissima considerazione avuta fin da inizio secolo da parte dalle amministrazioni delle grandi province vicine.
In un censimento sull’ agricoltura Ossolana del 1889 già si parla di come i prodotti agricoli ossolani pur essendo di gran lunga di qualità organolettica superiore venissero ostacolati sui mercati del novarese a favore di quelle provenienti dalle pianure vicine e di come la umilissima classe agricola ossolana non era culturalmente pronta ad una cooperazione per difendere il valore della propria produzione.
L’agricoltura qui era prevalentemente di sostentamento, essendo il problema principale quello della spropositata suddivisione degli appezzamenti, con la dimensione media ancora oggi di 200 mq.
La cultura contadina si è mantenuta grazie alla grande forza di sacrificio della generazione dei nostri nonni nati a cavallo tra le due guerre mondiali: essi non hanno mai lasciato andare a perdersi la campagna pur essendo quasi forzati a scendere dalle valli per lavorare nelle grandi industrie nascenti o nella vicina Svizzera, mantenendo sia l’allevamento di bovini, caprini ed ovini su piccola scala (ogni famiglia si prendeva in carico la gestione di un paio di bovini e di una dozzina di caprini/ovini) che la viticoltura e orticoltura.
Tutta la lavorazione veniva svolta senza l’ausilio di macchine grazie alla collaborazione ( a volte forzata ) tra le persone della comunità, venuta a mancare questa la campagna è stata presto dimenticata e soprattutto in questi ultimi dieci anni ci si sta avvicinando ad un punto di non ritorno.
La domanda che pongo a me stesso e a tutti i contadini delle aree alpine è: Cosa accadrebbe se la cooperazione tra persone si sviluppasse così da superare la esagerata frammentazione del territorio agricolo Ossolano e non ?
Ovvero cosa accadrebbe se i giovani di un paese ad esempio lavorassero in comune le proprie terre e stimolassero la comunità a supportarli ? Se usassero i grandi mezzi di informazione e comunicazione del presente per sviluppare un modello agricolo di produzione e commercializzazione nuovo per questo territorio? Se essi si prendessero sulle spalle l’intento di superare questo modello sociale che gli ha prima viziati e assopiti e poi privati della capacità di sognare e modellare il mondo con le proprie mani, idee e forza creativa ? E di fare questo attraverso lo sviluppo agricolo che più di ogni altra cosa ti dona una identità collettiva e radici culturali profonde?
Il territorio che abbiamo ereditato presenta ottimi spunti su un modello di produzione molto diversificato, la permacultura già applicata dalla generazione precedente: fienagione e pascolo autunno-invernale nella pianura di fondovalle,viticoltura e orticoltura nella fascia collinare ben esposta, coltivazione cereali, patate e legumi nella campagna meno pregiata, pascolo estivo e fienagione nella fascia alpina; sotto la vite a pergola venivano coltivate segale e patate in rotazione ( veniva trattata al massimo cinque volte all’anno con zolfo e rame!).
Da questo modello si possono trarre moltissimi spunti per uno sviluppo efficiente di azienda agricola autosufficiente e a ciclo chiuso che incentivi realmente la biodiversità e crei un modello realmente sostenibile economicamente, alternativo alla monocoltura che non è nemmeno realizzabile in territori alpini ne tanto meno auspicabile dove non vi è giunto fino ad oggi.
La chiave per permettere che ciò si sviluppi è sia economica e ancor di più sociale/culturale.
Se si riuscirà ad avere il supporto economico dai fondi europei o da altre fonti ma non sarà emersa una voglia concreta di comunità agricola e di identità locale consapevole della propria evoluzione come bioregione credo sarà difficile realizzare un modello agricolo sostenibile ed efficiente che coinvolga non una singola azienda in se ma un piano comune di cooperazione sul territorio da parte di chi possiede queste terre o di chi sente nel cuore questa missione e vuole realizzarla.
Dall’altra parte la sola cooperazione non è sufficiente a realizzare un modello che non solo funzioni la dove c’è ancora una forte collettività che lo supporta, ma sia esportabile in diverse regioni marginali proprio perchè la sua potenzialità economica e produttiva agevoli la formazione di gruppi di lavoro per lo sviluppo rurale.
Questo articolo è nato per far comprendere meglio le basi sulle quali si appoggia questo modello agricolo qui solo abbozzato; questa nuova comunità agricola in Ossola è già nata e sta con molto impegno cercando di essere adatta a sopravvivere in questo momento storico e a svilupparsi, anche se sono ancora piccole esperienze che coinvolgono a malapena un ettaro di territorio e devono ancora affrontare gli ostacoli più grossi che sono gli stessi per tutti i piccoli contadini : accesso ai fondi europei per i piccoli agricoltori, burocrazia, concorrenza dei grandi produttori, certificazione delle sementi autoctone per citarne alcune.
Con un amore sincero e disinteressato per tutto ciò che rappresenta il lavoro della terra e con una comunità che vuole costruire la propria unione con essa questi ostacoli sono come benzina sul fuoco che ci anima da dentro per affrontarli e superarli…per Aspera ad Astra!!!

Gioele Zaccheo
Tecnico Consulente Agri.Bio Provincia di Verbania

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