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PER LIBERARSI DALLA GRANDE DISTRIBUZIONE, LE BOTTEGHE CONTADINE SI MOLTIPLICANO

Per liberarsi dalla grande distribuzione, le botteghe contadine si moltiplicano

Le botteghe tenute dai produttori si moltiplicano in Francia. Permettono di sfuggire alla pressione delle grandi insegne e sono sostenuti da un impegno militante e da regole etiche.
Nimes, reportage
Il camioncino bianco piomba sul parcheggio della zona commerciale di Nimes città attiva. Maglione beige, capelli di media lunghezza e un grande sorriso, Loic, di mestiere coltivatore, scarica delle cassette di insalata. Sull’asfalto, Dominique e Christel hanno appena installato un piccolo mercato effimero con ostriche di Bouzigues e vini di Uzès. Dietro di loro, una bottega esibisce fieramente un cartello “Il paese in città, in diretta dalla nostre fattorie e laboratori” “Qui, è come se si facesse la spesa alla fattoria!” sorride il coltivatore.
La bottega contadina di Nimes raggruppa una quindicina di produttori. Miele di macchia, tori della Camargue, mele del Vigan, marmellate di castagne, creme al latte d’asina. I raggi riflettono la diversità agricola della regione. “Il punto vendita è gestito da un collettivo di produttori”, spiega Loic. Fissano i prezzi, assicurano la messa nel reparto, tengono la cassa a turno. “Abbiamo due regole: è sempre un produttore che vende, e noi vendiamo solo quello che produciamo noi”, riassume.

“Per noi è un sistema abbastanza flessibile, poco impegnativo, che ci permette di valorizzare al meglio i nostri prodotti”, spiega Chantal, apicoltrice. Come gli altri produttori, ha scelto di girare le spalle alla grande distribuzione. La vendita diretta, senza intermediari, permette ai produttori una remunerazione migliore. “Per vendere alle catene di supermercati, bisogna produrre grosse quantità di prodotti standardizzati, sottolinea Loic. Questo non è del tutto adatto alle nostre fattorie, al nostro modello di produzione.” Per lui, sistema di commercializzazione e modo di produzione sono strettamente legati. “La grande distribuzione favorisce le grandi imprese. Al contrario, le botteghe contadine permettono di far vivere le fattoria a misura d’uomo”. Vende 99% dei suoi legumi in due magazzini di produttori.
Si parla del prodotto piuttosto che del prezzo
Christel commercializza il suo vino presso le cantine o direttamente nella sua tenuta. Da un anno, ha raggiunto la bottega di Nimes, perché “E’ meglio vendere ai clienti che ai rivenditori, si parla del prodotto piuttosto che del prezzo”.
Di fronte alle pratiche autoritarie delle grandi insegne, i produttori si organizzano. Lanciato nel 1978 nei Monti del Lyonnais, il principio della bottega contadina ha da allora sciamato in tutta la Francia. Il sito “Magazzino di produttori” censisce oggi più di 300 strutture. In Languedoc-Roussillon, “il numero di botteghe è in forte crescita, constata Myriam Kessari, insegnante ricercatrice al Montpellier Business School. E’ un’opportunità economica per i piccoli agricoltori”.

Il sistema alternativo è votato a grande maggioranza dai clienti: “Provenendo da un contesto rurale, per noi è importante sostenere i piccoli produttori”, dice René, che viene ogni settimana con sua moglie a rifornirsi di legumi e di carne. “La grande distribuzione tira i prezzi verso il basso, per il consumatore, ma alla fine, si mangia qualsiasi cosa”. Nel suo paniere, un pollo arrosto è a 9,5 euro al chilo, e cioè il doppio del prezzo praticato nei grandi centri. “Ma la qualità c’è. D’altra parte – e si gira verso il venditore – non avreste anche dell’anatra?” Oltre al costo, è la mancanza di scelta che frena spesso i consumatori. Paragonati alla superabbondanza dei supermercati, i banchi delle botteghe contadine, con un solo tipo di formaggio e di legumi di stagione, sembrano sguarniti.
“Qui ci si aiuta, è una bella avventura umana”
Proporre una gamma completa di prodotti locali, è l’ambizione del Locavorium. Aperto in novembre 2015 a Saint-Jean-de-Védas, vicino a Montpellier, fra un magazzino Jouet Club e un Leader Price, questo supermercato alternativo non si svuota. Nel suo paniere, Claude ha fatto il pieno: patate, kiwis, arrosto di maiale, olio d’oliva, peperoncino di Vauvert e birre artigianali. “Mi piace sapere da dove viene e chi fabbrica quello che mangio”, spiega. Tracciabilià e diversità, è il credo dei tre fondatori e salariati, Damien. Thibaud e Jessica. “Noi vogliamo creare un luogo dove ciascuno possa fare la spesa con gli occhi chiusi”. Di formazione agronomi, si sono lanciati in questo folle progetto due anni fa, per “far muovere l’agricoltura cambiando il consumo”.
La loro ambizione: “Dare a tutti la possibilità di consumare locale, durevole, direttamente dai produttori, perché la mancanza di tempo o di denaro non sia più una scusa”, sottolinea Jessica. 1,80 euro sei uova, 1,20 euro al chilo le carote, 8,50 euro il pollo arrosto. Per ottenere questi prezzi abbordabili, incontrano i produttori e fanno dei contratti direttamente con loro, senza negoziare. “I contadini fissano i prezzi, e se è troppo caro, si rifiuta, ma non si cerca di tirare i prezzi verso il basso”. Allo scopo di diversificare la loro gamma, lavorano con circa 80 fattorie, in un raggio di 150 chilometri, senza obbligo di marchio bio. “Il successo di una bottega dipende dalla sua capacità di proporre dei prodotti freschi, vari e in quantità sufficiente, sottolinea Cédrine Joly, ricercatrice alla Montpellier Business School. Perché funzioni, c’è un’offerta strategica:  occorrono almeno dei legumi,della carne, del pane e del formaggio”.

Anche se differenti nella loro organizzazione, questi due magazzini condividono lo stesso obiettivo: costruire un sistema di commercializzazione alternativo alla grande distribuzione. “Hanno distrutto il tessuto della vendita diretta, le macellerie, le piccole salumerie, ricorda Loic. Per un impiego creato nella grande distribuzione, ne hanno distrutto quattro nel piccolo commercio”. Affinchè i contadini possano vivere del loro lavoro, bisogna quindi ricostituire questo tessuto, creare dei punti di vendita diretta, favorire i circuiti brevi. Una sfida che passa, secondo lui, dall’organizzazione collettiva dei piccoli produttori, il meglio per assicurare la loro autonomia e il rispetto del loro lavoro.
“L’impegno militante è nel cuore della pratica delle botteghe contadine”, sottolinea Annabelle Jaouen, che lavora a questo proposito con Myriam Kessari e Cédrine Joly in un quadro del progetto di ricerca Magpro. Al di là dell’attivismo, queste strutture permettono agli agricoltori di uscire dall’isolamento. “Alla fattoria o sui mercati, si lavora da soli, conferma Odile, allevatrice e membro del magazzino di Nimes. Qui, ci si aiuta, è una bella avventura umana”. Quel giorno, sta preparando delle tartine di “pélardon” (formaggio al latte crudo di capra) e confit di vino, da proporre per degustazione. Di fianco, Loic cuoce dei blinis (crèpes) di farina di castagne.
“La dinamica collettiva è un elemento essenziale”
Il mutuo aiuto è oltremodo necessario perché i contadini devono imparare un nuovo mestiere: quello di commerciante. La logistica, il merchandising, il rispetto delle norme …. “Per condividere questi saperi, i contadini hanno bisogno di un accompagnamento”, nota Annabelle Jaouen. In Languedoc-Roussillon, il Reseau des boutiques paysannes organizza la formazione, diffonde gli strumenti, sostiene i progetti nascenti. “La dinamica collettiva è un elemento essenziale affinchè un magazzino funzioni, ma anche perché queste iniziative si sviluppino”, aggiunge la ricercatrice.

La rete della Languedoc dispone anche di una carta molto precisa. Divisione equa della cifra d’affari, prossimità geografica fra luogo di produzione e luogo di vendita, obbligo di una rimessa diretta. Regole etiche essenziali per Loic: “Numerosi magazzini di produttori formicolano oggi, ma senza reale trasparenza: questo vuol dire tutto e niente”. Un rischio di recupero di cui bisogna premunirsi. “Nei magazzini bio classici, c’è una forma di standardizzazione, con relazioni commerciali simili a quelle dei grandi centri commerciali, puntualizza. E anche le grandi insegne si vantano di vendere prodotti locali. Ma questo non ha niente a che vedere con la nostra pratica!” Per garantire il rispetto di questi criteri, e quindi quello dei produttori, la rete si lancia in un processo di certificazione. Un marchio Botteghe contadine dovrebbe dunque nascere presto.

Fonte: Reporterre.net / Lorène Lavocat / marzo 2016
Foto: Lorène Lavocat / Reporterre
Chapo: Au Locavorium de Saint-Jean-de-Vèdas
Articolo da me tradotto dalla lingua francese –

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