Negli ultimi venticinque anni e più, da quando si pensionò mio padre, i miei genitori hanno preso residenza a Lucca, entro le mura della città vecchia. Ciò che ci univa a Lucca era tenue ed indiretto. Mio nonno paterno, originario di Montelupo Fiorentino, aveva preso come ultima residenza Viareggio, nella provincia di Lucca, e il capoluogo era noto alla famiglia ed aveva attrattiva per i miei genitori per via della bellezza di una città così ben preservata e la pace che si può avere dentro un’isola pedonale. Dentro le mura infatti c’è solo traffico locale. Anno dopo anno Lucca è diventata una destinazione sempre più nota.
Ogni volta che venivo in Italia a visitare i miei genitori andavo a Lucca. La città mi affascinava e la percorrevo sia a piedi che in bicicletta, esplorando ogni piccolo vicolo, piazza, chiesa e altri scorci. Col tempo mi interessai alla sua storia, ed il celebre Volto Santo diventò sempre più un soggetto a sé stante che esercitava un fascino speciale. Poco a poco cominciai a ricercare su libri e letteratura locale indicazioni riguardo al Volto Santo e all’importanza del suo culto. Nella città stessa il culto del Volto Santo è ancora un’ occasione di rilievo durante la festa di Santa Croce, celebrata il 14 di Settembre. La processione parte dalla Basilica di San Frediano ed arriva alla Cattedrale di San Martino.
Lucca ed il Volto Santo
Lucca conobbe la sua crescita maggiore in età carolingia tramite il traffico sulla cosiddetta “via francigena”. Ciò era anche dovuto al fatto, che una volta giunti a Vercelli la strada confluiva sulla via Tolosana, su cui si trovava il traffico di pellegrini jacopei partenti da altre parti dell’Italia. La via francigena era anche diventata punto d’incontro delle tre pellegrinazioni maggiori: quelle per Compostela, Roma e Gerusalemme, specie dopo l’inizio del secolo XI. Fu Cluny a dare impulso alla vita religiosa dei secoli X e XI ed a promuovere il pellegrinaggio a Compostela, comunque non a scapito di Roma o Gerusalemme. A Lucca stessa erano per quella ragione venerati vari santi pellegrini tra cui Riccardo re anglosassone, Davino dell’Armenia, Avertano di Limoges ed il suo compagno di viaggi, Romeo (1).
Il Volto Santo è un crocefisso scolpito in legno di noce. Non si nota tanto per una fattura artistica eccezionale, quanto per una qualità di espressione insolita. Esso non è rappresentato nel tipico aspetto sofferente, ma vestito in una tunica manicata. Da capo a piedi la statua misura 2.5 metri. La croce è circondata da una grande aureola di legno che passa al di sopra della testa del crocefisso e si avvicina fino a sotto le ginocchia rimanendo aperta nella metà inferiore. Le mani indicano solo lievemente le ferite dei chiodi mentre i piedi pendono liberamente con piaghe difficilmente visibili. La statua fu dipinta in colori scuri, quindi la carnagione appare marrone scuro. É riconosciuto che i tratti della faccia sono di somiglianza semitica. Il volto è un tanto severo ma anche sereno cosicchè, benchè crocifisso, sembra piuttosto rappresentare il Cristo risuscitato. Le lievi indicazioni di ferite su mani e piedi possono corrispondere a quelle che erano visibili sul corpo risorto, piuttosto che ferite aperte. È un esempio insolito ed unico che presenta similarità con le Majestates spagnole o con la croce di Immerwald del duomo di Braunschweig, o altri crocefissi argentei dell’area lombarda (2).
La perizia artistica attribuisce l’opera dalla prima metà del secolo XI fino all’inizio XIII ed a origini francesi o catalane. Comunque si tratta probabilmente di una copia secondo l’arte siriaca del secolo VIII a giudicare dai tratti somatici del volto, quali occhi sporgenti, barba bipartita e l’uso della tunica chiamata colobium molto rara nei crocefissi italiani dell’epoca. In Siria tale tipo d’arte iniziò nel secolo VI.
È degno di nota che il Volto Santo mette insieme due idee contemporaneamente. Mentre Gesù è rappresentato crocifisso, l’immagine ha poco di un Cristo sofferente. Accenna piuttosto al Cristo risorto e fu forse per questo ritenuta la sua vera immagine, insieme al fatto che il volto era di fattura medio orientale, al contrario della stragrande maggioranza delle rappresentazioni occidentali del Cristo. Sono questi indizi che puntano al valore più profondo del Volto Santo.
La leggenda Leobina
La leggenda più notevole a proposito dell’arrivo del Volto Santo sulla costa toscana, ed in seguito a Lucca, è quella attribuita al diacono Leobino.(3) Egli narra che il vescovo Gualfredo si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme. Un giorno, dopo avere pregato gli apparve in sogno un angelo che gli indicò di cercare nei paraggi dell’ospizio in cui il vescovo si trovava, e di rinvenire un artefatto scolpito da Nicodemo “non per arte sua, ma per divina opera.”(4) Egli trovò il legno scolpito in un sotterraneo della casa di Seleucio.
Gualfredo volle quindi trovare un modo di far giungere il Volto Santo in Italia. Lo depose cosí in una barca al porto di Joppe, affidandolo alla divina Provvidenza. Questa fu la barca che giunse a Luni, sulla costa nord della Toscana. A quell’epoca Luni era un covo di pirati, ma la barca “per disposizione di chi la guidava2, … fu respinta in alto … per salvarla dalla loro ostinata malizia.” A quell’epoca a Lucca era vescovo un Giovanni a cui in sogno apparve un angelo che gli annunziò l’arrivo della barca al porto di Luni in tempo per opporsi agli attacchi dei suoi abitanti. “La nave che fuggiva quegli empi [Lunensi], si offerì spontanea ai pietosi fedeli ed a loro esibì il prezioso inestimabile tesoro, destinato ad essi per beneficio celeste.”(5) Davanti al continuo assedio degli abitanti di Luni Giovanni concesse l’ampolla col sangue di Cristo, celata nella scultura, a Luni e portò il Volto Santo a Lucca.
Secondo altre tradizioni i Lunensi avrebbero posto come altra condizione quella di porre il Volto Santo su un carro ed affidarlo alla volontà di due giovenchi non addomesticati, i quali si diressero verso Lucca. Altri abbellimenti popolari, pur significativi, dicono che il carro portò il Volto Santo prima a San Frediano, e che in seguito svanì dalla chiesa e fu ritrovato in un orto presso la chiesa di San Martino.(6) E’ probabile che la tappa a San Frediano abbia del vero, anche se fosse solo una tappa provvisoria. Secondo tradizione il Volto Santo fu portato a Lucca nel tempo del regno di Carlo Magno e Pipino nell’anno 742. Il Vescovo Giovanni però appare nelle cronache solo successivamente (781-800).
Il culto europeo del Volto Santo
Carlo Magno passò da Lucca e rese omaggio al Volto Santo. La fama del Volto Santo si sparse per l’Europa in quanto ritenuta “vera immagine del crocefisso” e per questo oggetto di grande devozione. Al Volto Santo era associato il culto del Santo Sangue. Infatti dietro al crocefisso un opercolo triangolare all’altezza degli omeri albergava un numero di reliquie, e tra queste il Santo Sangue. Nessuna di queste è più presente oggi.
Le cosiddette “vie del Sangue” formavano una rete che si diramavano in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Olanda ed altrove. La tradizione dello spargersi delle reliquie del Santo Sangue fu prima documentata nella Translatio sanguinis Domini dell’anno 950.(7 ) Alcune tradizioni attribuiscono a Nicodemo (non Giuseppe d’Arimatea) il trasporto delle ‘sacre particole’ [di sangue] in Europa, oppure ai Crociati.(8) A Lucca stesso d’altronde esiste una reliquia del Santo Sangue nella Basilica di San Frediano. Anche nella vicina Luni esisteva una reliquia del Santo Sangue nella Cattedrale di Santa Maria.
Secondo le leggende l’ampolla con il sangue divino che Nicodemo avrebbe piazzato dietro la statua sarebbe stata ceduta ai Lunensi in cambio del Volto Santo a Lucca. Il Volto Santo è posto in stretto rapporto col Graal da varie fonti. Robert de Boron, scrittore di una storia del Graal, attribuisce a Giuseppe d’ Arimatea il trasporto del Volto Santo che conteneva il Santo Sangue.(9) Nella Premiere continuation del racconto di Perceval di Chrétien de Troyes (anno 1185) si parla dell’amicizia di Nicodemo e Giuseppe, e li vi è un chiaro riferimento a Nicodemo in quanto artefice della statua e colui che la affidò al mare.(10) Il tutto è anche confermato da rappresentazioni tradizionali del Santo Volto in cui, al piede destro del Crocefisso si trova un calice in cui fluisce il sangue del Signore.
Il Volto Santo stesso, con variazioni sul tema, appare in altre località europee. A Valencia nella cattedrale si trova sia un crocefisso chiamato anch’esso Santo Volto, benchè molto diverso da quello di Lucca, e nella cappella del Santo Caliz una coppa venerata come ricettacolo del sangue divino. Questa coppa fu portata a Valencia dal monastero benedettino di San Juan de la Peña nei Pirenei, lungo il sentiero di Compostela. Una leggenda simile a quella del Volto Santo lucchese si conosce a Fécamp in Normandia nella sua abbazia normanna della Santa Trinità. Lì Nicodemo inviò pure una ampolla del Santo Sangue ma non in una statua del Crocefisso, bensì dentro il tronco di un fico. A Mantova sono custodite due reliquie del Santo Sangue nelle chiese di Sant’Andrea e San Lorenzo. Le tradizioni parlano di Longino come il loro emissario. È interessante notare che Longino è menzionato per nome solo nel Vangelo apocrifo di Nicodemo.
La Toscana, e Lucca in particolare, videro in concomitanza con l’auge dei pellegrinaggi, specie quello di Compostela, lo sviluppo e presenza di ordini cavallereschi. I frati del Tau sono un ordine cavalleresco nato in Toscana ad Altopascio, a circa 25 kilometri da Lucca.(11) I frati avevano adottato come loro simbolo il Tau. Ad Altopascio la loro sede principale era la Chiesa di San Jacopo sulla Via Francigena. Il Tau era usato come simbolo nel cammino di Compostela a fianco alla conchiglia di San Jacopo, lui stesso considerato il protettore dell’ordine. L’ordine, che osservava la stessa regola dei Cavalieri Gerosolimitani, era nato all’incirca nel 1080, benchè non si sappia la data precisa. Nello stemma della loro mansione a Lucca si trova una Tau rossa.
I Cavalieri del Tau si espansero in Italia, specie nell’area attraversata dalla via francigena e particolarmente in Toscana (Lucca, Prato ed anche Pistoia, Pisa, Volterra) e anche in Spagna, Germania, Inghilterra e Francia. A Parigi il loro sito è oggi occupato dalla chiesa di Saint Jacques du Haut Pas. Haut Pas è la traduzione di alto passo (Altopascio).
I Templari e gerosolimitani ebbero anch’essi sedi in tutti i centri principali della via francigena. I Templari erano insediati anche a Lucca (Domus Mansionis Templi).(12) Il culto di San Jacopo ebbe maggiore auge nella vicina Pistoia, che divenne una specie di appendice italiana di Santiago de Compostela. A Pistoia era stata portata una reliquia del corpo dell’apostolo San Giacomo, custodita nella cattedrale in una cappella apposita. Ed il santo diventò il patrono della città.
Il ruolo di Nicodemo
Nicodemo è l’iniziato cristiano che occupa un ruolo centrale nella leggenda del Volto Santo. L’iniziato era un Fariseo di alto rango e membro del Sinedrio. Era presente alla Crocefissione al contrario dei dodici Discepoli ad eccezione di Giovanni. Nella visita notturna (nello spirito) citata nel Vangelo di San Giovanni Nicodemo parla con Gesù. Nelle tradizioni ebree Nicodemo era presente all’Ultima Cena e prese parte alla comunione con gli Apostoli. Essi erano infatti ospiti nella casa che Nicodemo aveva acquisito. Nicodemo fu infine colui che aiutò Giuseppe di Arimatea a deporre Gesù dalla croce, a curare del suo corpo e porlo nella tomba.
Possiamo ampliare il ruolo di questa figura attraverso altre leggende. Secondo una leggenda Nicodemo era di nome Buonai ben Gorion, figlio di un ricco signore di Gerusalemme. Qualche tempo dopo la morte di Gesù fu scomunicato dal Sinedrio e rimase impoverito. Fortunatamente fu accettato da Gamaliele e nella sua casa avrebbe scolpito il Volto Santo. Dopo di che, secondo la leggenda di Leobino, questo fu affidato a Isacar.(13)
Oltre alla leggenda di Lucca la tradizione attribuisce a Nicodemo l’immagine del Crocifisso di Berito (Beirut). Nella leggenda che riguarda Berito, un Cristiano fu attaccato e malmenato dai Giudei adirati dalla scultura. Quando trafissero il costato con una lancia, da esso scaturì un flusso di sangue ed acqua che riempì un grande vaso. Il sangue diede luogo a guarigioni miracolose e, vedendo questo, molti si convertirono al Cristianesimo. Quando gli fu chiesto chi avesse scolpito il crocifisso il cristiano disse Nicodemo. In successione la scultura era passata nelle mani di Gamaliel, Zaccheo, Jacopo, Simone fino al tempo della distruzione di Gerusalemme.(14)
Judith von Halle aggiunge a questo quadro complessivo l’immagine della polarità tra Nicodemo e Giuseppe di Arimatea ed altri fatti rivelati alla visione interna.(15) Nicodemo era l’unico Fariseo di influenza e peso che ebbe un cambio di cuore, che gli permise di aprirsi agli insegnamenti di Gesù. Il suo nome è indicativo poichè significa “colui che supera.” Egli fu battezzato nel Giordano lo stesso giorno di Gesù. Fu grazie a Nicodemo che Giuseppe potè diventare membro del Sinedrio di Gerusalemme e potè fare richiesta del corpo di Gesù a Ponzio Pilato a riguardo del luogo in cui il corpo fosse seppellito. Per portare a termine la missione del Sacro Graal i due iniziati erano necessari.
Judith von Halle adduce che Nicodemo aveva interesse nella scultura e praticasse l’arte lui stesso, mentre Giuseppe capiva l’arte ed era coinvolto nel commercio di artefatti d’arte, specie ellenica. Giuseppe era anche interessato ai materiali artistici, in particolare alle pietre. Anche qui i due si completavano a vicenda: da un lato il filosofo Nicodemo, dall’altro Giuseppe, l’uomo d’azione.
Nicodemo compieva un servizio alle gerarchie, Giuseppe consacrava agli spiriti della terra. La casa dell’ultima Cena era proprietà comune di Nicodemo e Giuseppe. Fu questo anche il loro ruolo durante l’ultima Cena; consacrare il luogo agli spiriti superiori e consacrare il luogo fisico come il posto della nuova alleanza. Nicodemo riconosceva l’importanza di quel luogo in quanto iniziato di tradizione antica; Giuseppe lo poteva percepire nella sua facoltà naturale di comunione con le forze della terra. Nicodemo e Giuseppe prepararono il posto dell’Ultima Cena per il sacramento che avrebbe luogo subito dopo. Erano entrambe presenti durante l’evento, ma mentre gli apostoli erano situati nella stanza superiore, i due erano presenti al di sotto nella cripta, consacrando il luogo stesso e preparando il corpo della terra a ricevere l’offerta del Cristo. Nicodemo, in quanto discendente del ramo di Abele, accompagnò la discesa dello spirito dall’alto verso il basso; Giuseppe, discendente del ramo di Caino, accompagnò le forze della terra che agivano dal basso verso l’alto.(16)
Mentre von Halle indica chiaramente che fu Arimatea a portare il sacro sangue in Europa, alcune tradizioni attribuiscono a Nicodemo il trasporto delle ‘sacre particole’ [di sangue] in Europa.(17) Come visto già più su i nomi dei due iniziati sembrano fino ad un certo punto intercambiabili. Vedremo che esistono ragioni per questa confusione.
Corpo e sangue del Signore: Fantoma e Sangue Divino
In origine il Volto Santo avrebbe contenuto in un opercolo triangolare ancora oggi presente dietro la testa, un’ ampolla con il Sangue Divino. Secondo la leggenda fu anch’essa piazzata lì da Nicodemo. Per capire e differenziare il ruolo del corpo e del sangue risorti basti accennare per adesso che il corpo è il portatore dell’anima; il sangue il portatore dell’Io. Per approfondire questo pensiero occorre contrastare il corpo risorto, il fantoma, ed il sangue del Graal.
Il sacro sangue è un sangue che sopravvisse alla morte. Scaturì dal fianco di Gesù dopo la morte. E’ sangue “proveniente da uno stadio futuro della terra, benchè presente in questo momento sulla terra.”(18) Ciò che avvenne a suo tempo col Cristo è un processo incipiente che avviene naturalmente oggigiorno nella corrente che scorre dal cuore verso la ghiandola pineale, nel cui processo il sangue si eterizza e luce si sprigiona nella regione della ghiandola pineale. Questa corrente generata nell’essere umano si può congiungere con l’attività del sangue eterico del Cristo che irradia dalla terra dai tempi del Golgota. In tempi moderni l’essere umano può accelerare questo processo di incontro, abbracciando appieno l’impulso del Cristo. E questo condurrà ad una chiaroveggenza naturale in cui l’essere umano sarà in grado di percepire il Cristo nel regno dell’eterico, così come ne fu capace a suo tempo San Paolo.(19)
Il fantoma, benchè non identico al fisico, ha molte caratteristiche del corpo fisico. La forma vera, originale, del corpo fisico appare nel mondo eterico, e fu così che la potè distinguere Maria Maddalena il mattino di Pasqua; non nel fisico ma nell’eterico. Il Cristo le apparve in un corpo che l’umanità stessa aveva una volta rivestito, un corpo che è più del semplice corpo eterico. Fu infatti creato nell’antico Saturno, ben prima della formazione del corpo eterico. Esso è una forma vivente che compenetra le sostanze del nostro corpo, ne mantiene la coesione e fornisce con forze il complesso della apparenza fisica esterna dell’essere umano. Questo fantoma degenerò nel corso del tempo fino alla svolta dell’evento del Golgota, perchè, dovuto all’influsso luciferico il nostro corpo era diventato impuro, corruttibile, mortale e suscettibile alle influenze delle forze avverse.
All’Ascensione il fantoma svanì nella sfera dell’eterico. Ma là si moltiplicò in innumerevoli piccoli germi del fantoma affinchè ogni essere umano, nel corso del tempo, possa attirare una di queste copie verso sé e rivestirsene. Qualcosa di analogo, ma anche completamente diverso, doveva occorrere per il sangue. Questo lo troveremo se cerchiamo non verso l’alto ma verso il basso.
Giuseppe d’Arimatea agiva preparando la terra ad essere il ricettacolo del sangue del Signore. Così, ad esempio, consacrava i posti sui quali subito dopo Giovanni Battista si recava e sui quali Gesù poteva in seguito operare. Giovanni Battista preparava le anima; Giuseppe i luoghi. Fu così che Giuseppe preparò il luogo sacro in cui già Melchizedek aveva benedetto il pane ed il vino per Abramo, ed in cui il Cristo offrì l’Ultima Cena.(20) Giuseppe poteva risentire le qualità intime della terra e così riconoscere il luogo sacro idoneo all’Ultima Cena e contribuire a prepararlo. Fu Giuseppe che depose il sangue di Cristo, raccolto dai discepoli in sua assenza, e lo mise nel calice che Gesù aveva usato nell’ultima cena. Giuseppe cercò di compiere a livello terreno ciò che il corpo di Cristo aveva compiuto sul piano celeste: la moltiplicazione che rendesse il sangue più accessibile al suolo europeo.
Le leggende narrano che Arimatea fu piazzato in una barca senza timone alla deriva pensando che ciò lo avrebbe portato alla sua morte, anche questo un parallelo alla leggenda Leobina e tante altre (ad esempio leggende di Maria Maddalena). In realtà la barca portò Giuseppe verso la costa del sud della Francia. Dopo un viaggio di varie settimane, secondo van Halle, arrivò nei paraggi di Tolone. Così come aveva preparato il sentiero fisico del Cristo durante la sua missione, così ora voleva preparare il suolo d’Europa a ricevere l’impulso Cristico. Questo lo diresse dapprima verso l’interno della Francia del Sud a porre poche gocce del sangue di Cristo nel luogo che rispondeva con una geografia eterica più viva. Fu questo il primo posto consacrato della sua missione europea. Da lì Giuseppe continuò a recarsi da un posto ad un altro rilevando quei luoghi in cui la geografia eterica era più recettiva, luoghi in cui la terra era già più spiritualizzata. Quindi col sangue del Cristo impregnò le profondità della terra europea. Giuseppe continuò il suo operato finchè tutta l’Europa fosse pervasa dall’influsso di questo sangue eterico futuro. Fu come un potentizzare il suolo europeo.
Il sangue del Cristo potè avere effetto formatore a partire dal sostrato fisico della geografia europea fino ad avere un effetto sul corpo fisico dell’umanità europea. Il sangue così sparso ebbe potere di agire fino al livello fisico, preparando i corpi umani alla recezione del nuovo impulso Cristico. Esso ebbe il potere di sciogliere gli impulsi di anima di gruppo; dopo tutto nel sangue lavora l’Io umano. L’essere umano ricevette la disposizione fisica tale che il suo Io potesse svegliarsi e diventare attivo. Nel sangue dell’essere umano europeo si risvegliò l’Io in tale modo che si potesse effettuare l’eterizzazione del sangue nel corso delle incarnazioni successive.
Attraverso l’operato di Giuseppe d’Arimatea fu reso possibile al sangue di moltiplicarsi nella geografia eterica dell’Europa così come il fantoma si era moltiplicato nel corpo eterico circondante la terra. Giuseppe si recò da Tolone a Narbona, poi verso l’ovest del Massiccio Centrale, Montsalvasch [Dornach- Arlesheim], l’Inghilterra fino a Glastonbury, il paese del Galles, ed infine l’Irlanda fino alla sua costa ovest, meta ultima della sua missione.(21) Fu dall’Irlanda che l’impulso del Graal ritornò verso l’est ed il sud attraverso l’impulso civilizzatore cristiano dei monaci irlandesi che avevano compreso l’aspetto cosmico del Cristo. In nessuna altra terra che l’Irlanda Giuseppe trovò una piena comprensione per la sua missione. E fu un monaco dal nome di Frediano a giungere a Lucca nel sesto secolo in una missione evangelizzatrice. Lucca vanta una bellissima chiesa romanica alla sua memoria e le tradizioni locali indicano che il Santo Volto si sarebbe fermato a San Frediano, prima di ritrovarsi nei pressi della odierna cattedrale di San Martino. San Frediano rinchiude una reliquia del Sacro Sangue, mistero che i Cristiani dell’Irlanda erano più in grado di percepire, San Martino il Volto Santo. Anche qui i misteri di Arimatea e Nicodemo confluiscono.
Il Santo Volto diventa finalmente più comprensibile. Sono due gli impulsi che sono resi noti attraverso il notevole crocefisso. Da una parte il volto è la vera immagine del Cristo risorto. Esso punta al mistero del fantoma in un tempo in cui non poteva ancora essere espresso concettualmente. In questo senso è Nicodemo l’iniziato che comprende i misteri che puntano verso l’alto. Diventa così chiaro perchè il Volto Santo contenesse anche una reliquia del Santo Sangue. Corpo e sangue sono intimamente associati. Il mistero del sangue, noto a Giuseppe d’Arimatea, si coniuga con quello di cui era portatore Nicodemo, ed ancora una volta i due si completano. Si può anche capire così perchè le due figure appaiono intercambiabili. E ciò permette di formare ipotesi sul perchè della separazione di sangue e volto. É possibile che il sangue vada a San Frediano perchè i monaci irlandesi erano portatori dei misteri della terra cristianizzata dal sangue, mentre San Martino era il seggio vescovile, quindi il centro dell’aspetto del culto divino.
Il culto del Volto Santo propagava in modo immaginativo quei misteri del corpo risorto e del Sangue Divino che formavano la base della cristianizzazione dell’Europa in un tempo in cui il Graal era per così dire svanito. Non era scomparso, ma si era dissolto nel regno in cui non può essere seguito con la sola forza dei sensi umani. Oggigiorno possiamo di nuovo comprendere i due misteri grazie alla Scienza dello Spirito.
Luigi Morelli
1 Renato Stopani, La via francigena: una strada europea nell’Italia del Medioevo, 35.
2 La via francigena: Il Volto Santo di Lucca (Lucca: Maria Pacini Fazzi editore, 1997), 5.
3 Pietro Lazzarini, Il Volto Santo di Lucca.
4 La via francigena: Il Volto Santo di Lucca, 6.
5 Ibid, 6-7.
6 Pietro Lazzarini, Il Volto Santo di Lucca, 26-27.
7 Alessandro Bedini: Il vero Graal: Itinerario terreno del sangue di Cristo, 23.
8 Ibid, 25.
9 Ibid, 32- 33.
10 Ibid, 33.
11 http://www.duepassinelmistero.com/Cavalieri%20del%20TAU.htm
12 Renato Stopani, La via francigena, 75-77.
13 Pietro Lazzarini, Il Volto Santo di Lucca, 17-19.
14 Pietro Lazzarini, Il Volto Santo di Lucca, 28.
15 Judith von Halle, Joseph d’Arimathie et le chemin du Saint-Graal: Les racines chrétiennes de l’Europe entre Éphèse et la Gaule; Éditions Novalis, 2011.
16 Ibid, 59-60.
17 Alessandro Bedini: Il vero Graal, 25.
18 Judith von Halle, Joseph d’Arimathie, 41.
19 Vedi Rudolf Steiner, L’eterizzazione del Sangue, conferenza del 1° ottobre 1911 a Basilea (GA 130).
20 Judith von Halle, Joseph d’Arimathie, 55-59.
21 Judith von Halle, Joseph d’Arimathie, 79.
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