Kaki

Il diospiro, detto anche loto, diospero, kaki, e italianizzato in caco o cachi, è una pianta da frutto di origine cino – giapponese.
È originario della zona meridionale della Cina. Detto Mela d’Oriente fu definito anche Albero delle sette virtù:
1) lunga vita (possono vivere anche un secolo)
2) grande ombra
3) assenza di nidi fra i suoi rami
4) inattaccabilità del suo legno da parte dei tarli
5) possibilità di giocare con le sue foglie indurite dal ghiaccio
6) un caldo fuoco sviluppato col suo legno
7) grande ricchezza in sostanze concimanti per il terreno dove è coltivato.
Dalla Cina si è esteso nei paesi limitrofi e ha trovato larga diffusione nel vicino Giappone.

kakikaki

kaki

Le prime notizie di questa specie risalgono ai Greci. Il nome Kaki compare in Giappone alla fine dello scorso millennio. Intorno alla metà del 1800 viene diffuso in America e Europa. I primi impianti specializzati in Italia sono sorti nel Salernitano a partire dal 1916, estendendosi poi in particolare in Emilia. In Italia la produzione si è stabilizzata intorno ai 650.000 quintali, la coltura è sporadicamente diffusa su tutto il territorio nazionale, ma riveste una certa importanza economica solo in Emilia e Campania con produzioni rispettive di 220000 quintali e 350000 quintali. Questo particolare frutto ha un’importanza particolare anche in Sicilia dove è famosissimo e più diffuso il kaki di Misilmeri esportato e conosciuto in tutto il mondo.
In tutto il Nord Italia è normale vedere accanto alla casa agricola una bella pianta di kaki c he si riconosce subito da novembre in poi, per la perdita delle foglie con una grande quantità di palline (kaki) appesi come un albero di Natale.
Meravigliose sono le sue foglie sempre in questo periodo, per i variegati e bellissimi colori che acquistano prima di cadere a terra.

Botanicamente il genere Diospyros appartiene alla famiglia delle Ebenacee, che comprende circa 300 specie tutte di origine asiatica subtropicale. Per la coltivazione rivestono importanza solo alcune:
D. kaki, coltivato per la produzione di frutti per il consumo fresco;
D. lotus e D. virginiana usati come portainnesti e nell’industria di trasformazione;
D. oleifera e D. glaucifolia che sono usati per l’estrazione di tannino.
Gli alberi di D. kaki sono monocauli, a foglia caduca, piuttosto sviluppati, con corteccia grigio-scura e rugosa, chioma folta. Le foglie sono grandi, ovali allargate, glabre e lucenti. Nelle forme allevate per il frutto si riscontrano solo fiori femminili essendo gli stami abortiti, e la fruttificazione avviene per via partenocarpica o in seguito ad impollinazione da parte di alberi della stessa specie provvisti di fiori maschili. Il D. Kaki è incompatibile con il D. Lotus e il D. Virginiana. I frutti sono costituiti da grosse bacche tendenzialmente sferoidali, talora appiattite e appuntite di colore giallo-aranciato normalmente eduli solo dopo che hanno raggiunto la sovramaturazione e sono ammezzati (con polpa molle e bruna).
Alcune cultivar hanno la proprietà di produrre frutti gamici già eduli alla raccolta; questi frutti ovviamente provvisti di semi, hanno polpa bruna, soda e sono chiamati Kaki mela. Esistono anche kaki che producono frutti partenocarpici non astringenti, quindi già pronti per il consumo fresco al momento della raccolta.
I frutti del D. lotus sono piccoli, sferoidali, pruinosi, di colore giallo-bruno a completa maturazione; possono essere gamici o partenocarpici. I semi, quando presenti, sono piccoli, reniformi con episperma bruno chiara. I frutti del D. virginiana sono relativamente piccoli, ovoidali con polpa leggermente astringente ma dotata di un caratteristico aroma che ricorda quello del dattero. I semi sono reniformi di colore bruno scuro. Il Diospiro fruttifica sulle gemme miste portate dai rami misti e dai brindilli. Ogni gemma mista origina, alla chiusura, un germoglio che all’ascella delle foglie basali porta i fiori. La differenziazione dei primordi fiorali avviene dai primi di luglio ai primi di agosto, quando sono evidenti gli abbozzi dei petali. L’evoluzione del fiore si arresta nel periodo autunno-invernale, per poi riprendere al risveglio vegetativo con il completamento degli organi fiorali. La fioritura avviene verso metà di maggio ed è seguita da una cascola dei frutticini non allegati, che raggiunge l’intensità massima nel mese di luglio.
È ritenuto una specie subtropicale, ma pur essendo una pianta idonea al clima mediterraneo, con la scelta di opportuni portinnesti riesce a sopportare nella pianura Padana e nel Trentino temperature inferiori ai 10 °C sotto zero. Si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno, compresi quelli argillosi, purché ben drenati, profondi e di scarso contenuto in sodio e boro. Per le sue caratteristiche il kaki viene perfettamente coltivato nel territorio siciliano e specialmente nelle località della Conca d’Oro o limitrofe alla cittadina di Misilmeri, in provincia di Palermo, nella quale ogni anno vengono organizzate sagre e manifestazioni nei mesi autunnali.
La propagazione per seme ha il fine di ottenere dei semenzali da utilizzare come portinnesti, mentre per la propagazione delle cultivar si ricorre all’innesto. I semi estratti dai frutti possono essere conservati in sabbia o in apposite celle con temperatura e umidità controllate, per essere posti in semenzaio e le piantine ottenute sono trapiantate dopo un anno in vivaio, dove vengono innestate nella seguente annata vegetativa. Gli innesti a gemma mostrano scarso attecchimento e allora si opera con le marze (spacco diametrale, corona).
Parallelamente si sta sviluppando anche la tecnica della micropropagazione e della talea per l’ottenimento di piantine autoradicate. Il portinnesto più usato è il D. lotus che è dotato di buona resistenza a freddo e siccità; risulta disaffine con le cultivar non astringenti, mentre presenta buona affinità con quelle astringenti. L’innesto su franco (D. kaki) è poco diffuso perché non molto resistente al freddo ed a eccessi d’acqua, ma è adottato negli ambienti meridionali per le cultivar non astringenti (sempre eduli).
L’impianto si fa tenendo conto delle minime termiche invernali e l’adattabilità della specie ai diversi tipi di clima. La preparazione del terreno è come quella che serve per gli altri fruttiferi ma bisogna fare attenzione al drenaggio e alla presenza di nematodi (la pianta è molto sensibile). Non tollera il reimpianto. La messa a dimora avviene in autunno-inverno usando astoni, che poi sono allevati a vaso, piramide, palmetta (quest’ultima forma avvantaggia l’ingresso in campo di carri a piattaforme laterali per la raccolta e la potatura). Sesti di 5,5 m per il vaso e di 4,5 X 4 m per la palmetta.
La presenza di impollinatori è consigliata non solo per ottenere i kaki-mela (non astringenti) dalle cultivar che producono frutti gamici eduli al momento della raccolta, ma anche, in generale, per aumentare l’allegagione.
È doverosa un’adeguata potatura di allevamento mentre quella di produzione è sommaria dato che le piante mantengono una buona attività vegetativa.
La raccolta rappresenta l’operazione più onerosa nella coltivazione; i frutti sono difficili da staccare e la raccolta si può fare solo manualmente. I frutti sono posti in plateaux o cassette dove vengono mantenuti sia per la conservazione che per la commercializzazione.
Non sono in uso degli indici di maturazione in grado di indicare il momento migliore per la raccolta. L’unica indicazione viene dalla valutazione colorimetrica del contenuto in tannini attraverso l’immersione del frutto, sezionato trasversalmente, per 30 secondi in una soluzione di cloruro ferrico; altri parametri sono la completa scomparsa della clorofilla e la consistenza della polpa. Con la tecnica del freddo può anche essere conservato per 2 mesi.
È finalizzato al consumo fresco. Una tecnica per accelerare la maturazione consiste nel conservare i kaki in celle frigorifere insieme a frutti che producono etilene (mele) con atmosfera ricca di ossigeno e temperatura intorno ai 30 °C.
Si distinguono oltre che per le caratteristiche vegetative (vigoria, produttività forma dei frutti) anche per il loro comportamento a seguito della impollinazione. La classificazione pomologica dei frutti di diospiro è determinata dagli effetti dell’impollinazione sulle caratteristiche organolettiche dei frutti al momento della raccolta e, su tale base, le cv possono essere suddivise in due gruppi principali:
Costanti alla fecondazione(CF)-Coltivazione con frutti che mantengono la stessa colorazione della polpa (costantemente chiara) sia nei frutti fecondati sia in quelli partenocarpici.
Variabili alla fecondazione(VF)-Coltivazione con frutti che modificano le caratteristiche della polpa che risulta chiara e astringente nei frutti partenocarpici, mentre diviene più o meno scura e non astringente in quelli fecondati.
Sulla base di questa classificazione ci sono cultivar che producono frutti costantemente astringenti, non eduli alla raccolta (Yokono, Sajo); cv costantemente non astringenti con frutti eduli alla raccolta (Hana fuyu, Jiro, Izu, Suruga); cultivar variabili all’impollinazione, con frutti gamici eduli alla raccolta (kaki-mela) e frutti partenocarpici non eduli alla raccolta (Wase, Triumph).
Coltivazioni diffuse in Italia:
Loto di Romagna
Vaniglia della Campania
Fuyu
Kawabata
Suruga
Il kaki apporta circa 65 chilocalorie per 100 grammi. È composto da circa 18% di zuccheri, il 78,20% di acqua; lo 0,80% di proteine; lo 0,40% di grassi oltre ad una ragionevole quantità di vitamina C, è inoltre ricco di beta-carotene e di potassio.
Ha proprietà lassative e diuretiche ed è sconsigliato a chi soffre di diabete o ha problemi di obesità. è molto indicato per depurare il fegato e per l’apparato nervoso.
Se gustato ancora in stato acerbo, può provocare la classica sensazione da “bocca legata”. È una sensazione gustativa (tattile) di asprezza e ruvidità che si avverte principalmente sul dorso della lingua.
Il kaki oggi è quasi abbandonato , per il suo consumo qui da noi: deve maturare, poi quando matura va consumato entro pochi giorni, ci si sporca le mani per mangiarlo etc. etc.
Mentre invece, dato che raccoglie dalla primavera fino a fine ottobre ogni forza solare rappresenta una grande concentrazione di calore, di colore, di odore e di gusto.
Praticamente non hanno malattie o parassiti tranne gli uccelli che se li gustano appena sono maturi.
E’ eccezionale gustarlo maturo, io ne ho un paio di vecchie piante che ne portano almeno un paio di quintali ed è una gioia raccoglierli.
Il suo sapore unico, quando gustate quelle specie di spicchi che praticamente sono uniti, ma la densità e la reazione alla lingua ti fa sembrare di leccare una giovane vulva, si sente che porta le forze del sole in noi e sarebbe veramente utile farne una cura mangiandone due

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o tre a colazione.
Dato che, come ho detto, è un concentrato di calore poco sopporta l’intenso calore del fuoco e poco si presta a farne marmellate o composte. Però tagliato quando non è ancora troppo maturo (prima che si sfaldi sotto il coltello) ed essiccato a temperature che non superino i 65° rappresenta una delicatezza ed una prelibatezza durante l’inverno.
Rivalutiamo il kaki e se non ne abbiamo una pianta piantiamone subito una vicino a casa, ci terrà il calore del sole sempre vicino ed a disposizione.

Ivo Bertaina

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