Un gruppo di adolescenti tedeschi armati di chitarra e voglia di ballare decise di rifiutare il nazismo e iniziare a combatterlo. Erano i “Pirati di Edelweiss” e diventarono una spina nel fianco delle SS fino alla fine della guerra.
Quando l’adesione alla Gioventù Hitleriana fu resa obbligatoria nel 1936, migliaia di giovani tra i 14 e i 17 anni decisero di eluderla. La Gioventù, militarizzata e segregata per genere, non incontrava i gusti di questi ragazzi, in gran parte provenienti dalla classe operaia, frequentatori della strada e amanti del jazz e dello swing.
Per riconoscersi indossavano una Stella Alpina come distintivo, vestivano in uno stile non convenzionale. I tre gruppi più importanti di “pirati” erano i “Navajos” di Colonia, i “Vagabondi” di Essen e i “Pirati di Kittelbach” di Oberhausen e Düsseldorf. Secondo un funzionario nazista del 1941: «Ogni bambino sa chi sono i pirati di Kittelbach. Sono ovunque; ce ne sono più di quanti siano i giovani di Hitler… Hanno picchiato le pattuglie… Non prendono mai un “no” come risposta».
I “pirati di Edelweiss” violavano le restrizioni alla libertà di movimento andando in montagna e facendo campeggio con musica e balli. In città controllavano il loro territorio attaccando la Gioventù Hitleriana, loro nemesi sociale.
Durante la guerra, le attività dei “pirati” divennero più estreme. Il 25 novembre del 1944 Henrich Himmler, temuto organizzatore della “Soluzione finale”, ordinò di porre fine alle attività dei pirati. Tredici membri del gruppo più pericoloso, l’Ehrenfeld, comandato da Hans Steinbrück (un prigioniero evaso dei campi di concentramento) furono catturati e impiccati pubblicamente a Colonia.
Ma, nonostante la violenta repressione, lo spirito dei Pirati rimase vivo in tanti gruppi di giovani che continuarono a combattere i nazisti e restando indipendenti dagli Alleati. Per questo, dopo la guerra, tornarono a essere degli emarginati come lo erano stati durante il regime e la loro storia, in parte, fu dimenticata.
NICCOLO’ BRIGHELLA
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