di Gioia Locati – maggio 2012
Tratto da:
http://www.laleva.org/it/2012/05/fa_il_vaccino_anti_papilloma_e_si_am
mala_grave_12enne.html#more
A Milano una bambina di prima media è stata ricoverata in rianimazione neurochirurgica all’ospedale Niguarda. Quattro giorni prima aveva fatto il vaccino anti HPV. I medici: “Non si può stabilire con certezza il nesso di causa-effetto”.
Una bambina di 12 anni è stata colpita da una grave forma neurologica dopo essersi sottoposta al vaccino anti papilloma virus (HPV). È successo a Milano, alla fine di febbraio. La ragazzina, che chiameremo Anna, è ancora in cura all’ospedale Niguarda e sta seguendo un percorso di riabilitazione.
I genitori di Anna avevano aderito alla campagna promossa dalle Asl: alle preadolescenti è offerto il vaccino anti HPV in tre somministrazioni. Quattro giorni dopo la prima iniezione Anna ha manifestato importanti disturbi tanto da essere ricoverata d’urgenza nella rianimazione neurochirurgia dell’ospedale Niguarda.
Stretto riserbo sulla prognosi e sul nome della malattia. Gaetano Elli, direttore medico di presidio dell’ospedale spiega che la “ragazzina è arrivata in rianimazione neurochirugica a fine febbraio accusando sintomi importanti di tipo neurologico e sta ancora recuperando”. Il medico precisa che “non si può stabilire con certezza il nesso di causa-effetto tra il vaccino e la sindrome” e che forse questo legame non verrà mai appurato.
Nonostante ciò, aggiunge Elli: “Il fatto è stato immediatamente segnalato alle autorità competenti”, ossia Asl, Aifa e Ministero della salute. Marino Faccini, responsabile profilassi e vaccini alla Asl milanese, ha assicurato che la sindrome che ha colpito Anna è il primo effetto collaterale importante da quando è partita la campagna vaccinale e ha precisato “che per sapere con certezza che è stato il vaccino a provocare la malattia bisogna fare uno studio epidemiologico accurato. Certamente c’è stato un nesso temporale, i disturbi sono comparsi a quattro giorni dalla prima somministrazione”.
Che genere di disturbi? “All’inizio la sintomatologia ha fatto pensare alla sindrome di Guillam Barrè (malattia neurologica infiammatoria che porta alla paralisi degli arti) ma poi si visto che i parametri clinici non corrispondevano: è un’altra rara forma neurologica”.
La campagna di promozione del vaccino anti-papilloma è iniziata nel nostro Paese quattro anni fa con le bambine nate nel 1996. Sono 1.238mila 290 le adolescenti che hanno ricevuto le tre dosi di anti HPV dal 2008 al 2011. Il vaccino è bene ricordarlo, è facoltativo: lo stato italiano (come molti altri) ha deciso di regalarlo alle dodicenni perché è “il primo vaccino anticancro”. Di fatto è un vaccino contro un virus che nel 90% dei casi scompare da solo.
E che quando si trasforma in un cancro viene subito diagnosticato grazie al pap test. Non solo. Le donne che muoiono per il tumore della cervice uterina oggigiorno sono davvero poche e in costante diminuzione (grazie al pap test), 90 in Italia e 275mila nel mondo (dati Oms), perché allora vaccinare a tappeto tutte le bambine dei Paesi del nord, quelli più industrializzati e più propensi a educare a sane norme di igiene sessuale? E perché considerare questa bassa mortalità alla stregue di una pandemia?
Oltretutto l’anti HPV è uno dei vaccini più cari della storia, chi decide di farlo privatamente lo paga 600 euro. Ed è costosa pure la campagna di promozione. Le Asl inviano le brochure a domicilio ma nel “timore che il volantino venga buttato via sono coinvolte anche le scuole medie” spiega Marino Faccini della Asl milanese. Così le bambine ricevono in classe lo stesso volantino che viene inviato per posta e i loro professori hanno l’incarico di sondare se le famiglie si sono informate a dovere. Conferma Marino Faccini: “Siamo pagati in più per raggiungere gli obbiettivi per questo ci impegniamo a farlo in tutti i modi possibili”.
Ecco perché il provvedimento del vaccino gratis aveva diviso in due l’opinione pubblica nel 2008. E continua a dividerla oggi.
Abbiamo deciso di affrontare questo nuovo dibattito e di proporvi due opinioni contrapposte, una pro e una contro. Si parla di tumore, di prevenzione ma anche delle nostre bambine. Per noi che abbiamo figlie di quest’età e che abbiamo saputo dell’effetto collaterale del vaccino attraverso il passa parola fra mamme, il caso di Anna non è uno fra migliaia. È un’esperienza che ci tocca da vicino, un fatto che non riusciremo ad archiviare senza trarne un insegnamento.
Anna era una bambina sana, che faceva sport e correva: dalla fine di febbraio Anna è diventata un’adolescente malata. Che senso ha tutto questo?
Fonte: www.ilgiornale.it
Vaccinare contro il Papillomavirus? Quello che dobbiamo sapere prima di decidere
di Alessandra Profilio – tratto da http://www.librisalus.it/libri/vaccinare_papillomavirus.php
Sebbene a partire dal 2006 le ditte produttrici stiano portando avanti a livello governativo e dei mass media una massiccia campagna di promozione delle vaccinazioni contro il Papillomavirus, la comunità scientifica internazionale è tuttora divisa in favorevoli e contrari al vaccino anti-HPV.
Considerata la complessità di tale scenario, come possono i genitori delle dodicenni (proprio alle ragazze di questa età è rivolta la vaccinazione) compiere una scelta consapevole per la salute delle proprie figlie?
Due esperti in materia di vaccinazioni pediatriche, il Dr. Roberto Gava, specialista in farmacologia e tossicologia, e il Dr. Eugenio Serravalle, specialista in pediatria, sono gli autori del libro Vaccinare contro il Papillomavirus? , un testo nato per fornire ai cittadini e a tutti gli operatori sanitari un’informazione aggiornata e indipendente sui vantaggi e i limiti di tale vaccinazione.
Nel testo i due medici analizzano un insieme di varianti quali il rischio effettivo di infezione, i dati epidemiologici e la patogenesi del virus. Vengono inoltre prese in considerazione situazioni molto utili per valutare la questione: rapporti sessuali, gravidanza, diagnostica del carcinoma uterino (e Pap-test), norme igieniche ecc. I due autori illustrano quindi gli studi di efficacia del vaccino, i suoi effetti indesiderati, le controindicazioni e la durata della copertura.
Particolarmente rilevanti appaiono i dati reali di rischio di sviluppo del cancro conseguente a questa infezione. Come sottolineano i due autori “la maggior parte delle infezioni da HPV (90%) si risolve spontaneamente in circa 12-18 mesi e anche le infezioni ad alto rischio tumorale guariscono da sole senza lasciare conseguenze per la salute della donna nel giro di pochi mesi”.
Nel 10% dei casi, invece, il virus convive per tutta la vita del soggetto che lo ospita senza creare alcun problema (in questi casi il test per l’HPV sarà positivo, ma ciò non significa assolutamente che si formi una malattia e infatti questo gruppo di donne non si ammala e il Pap-test risulta sempre negativo).
Circa l’1% delle infezioni da HPV dà luogo a lesioni precancerose che, se non identificate e/o non opportunamente trattate, in organismi immunologicamente deboli e in una percentuale inferiore all’1% delle donne che le presentano, possono progredire nell’arco di 20-50 anni in tumori cervicali.
A questi dati va aggiunto poi il fatto che gli studi clinici controllati randomizzati riguardo il vaccino HPV non sono, ad oggi, molto numerosi. Proprio per i grossi limiti delle conoscenze disponibili sul rapporto rischio/beneficio di tale vaccino, alcuni Paesi hanno deciso di utilizzare molta prudenza prima di consigliare questa vaccinazione.
Tra i Paesi europei, soltanto otto (Austria, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Norvegia, Spagna e Italia) hanno introdotto, con modalità differenti, questa vaccinazione.
Molti ricercatori sottolineano forti dubbi sulla mancanza di dati definitivi circa l’efficacia nella prevenzione del tumore, sull’opportunità di iniziare una campagna vaccinale di massa, sui costi molto elevati (considerando anche i risultati che si potrebbero ottenere con una maggior diffusione del Pap-test), sull’attività di lobbing e di marketing delle ditte farmaceutiche, sulle implicazioni etiche di una vaccinazione rivolta alle dodicenni per una malattia a trasmissione sessuale, nonché sulla sicurezza a medio e lungo termine del vaccino anti-HPV.
Se da una parte vi sono tante perplessità sulla vaccinazione contro il Papillomavirus, dall’altra esiste senza dubbio una grande certezza: come sottolineano gli autori del libro, “la ‘posta in gioco’, dato che si vogliono trattare le adolescenti e che il vaccino riguarda virus cancerogeni, è troppo elevata”.