Agricoltura

Delle consociazioni colturali

Note da tempi remoti e spesso usate dagli agricoltori con notevoli vantaggi in varie parti del mondo, le consociazioni sono state via via abbandonate con l’estendersi della meccanizzazione e delle semplificazioni attuate allo scopo di ridurre costi e tempi di lavorazione.
Per rendersi conto delle potenzialità offerte dalle tecniche di coltivazione basate sulle dette consociazioni, esamineremo un primo esempio concreto di un sistema che era tradizionale nel Foresto veneziano e che fu riconosciuto analogo al sistema praticato nelle loro campagne da un gruppo di messicani, che nel 1984 visitarono la tenuta Civranetta, la tenuta che festeggia quest’anno i quarant’anni d’agricoltura biologica galileiana, praticata integralmente in tutte le sue attività.
Nella fotografia si vede uno degli appezzamenti “chiusi” da rive alberate lungo le scoline ed i capifossi, dell’estensione di circa tre ettari, ma che fino al sesto decennio dello scorso secolo erano suddivisi in tre parti da capezzagne leggermente interrate, i cosiddetti gavini, per avere superfici he si potessero lavorare con i mezzi meno veloci dei trattori, quali buoi, cavalli o l’impianto di aratura a funicolare. Le alberature ai bordi dei campi sono già una consociazione, che di per sé porta diversi vantaggi, il cui esame richiederebbe un apposito trattato. Rapida elencazione di alcuni benefici può essere biodiversità, legna da lavoro e da brucio, alberi fruttiferi spontanei, frangivento, fauna, equilibrio d’insetti, di acari, grazie anche alla ricchezza di avifauna 2.
La foto, scattata nel mese di giugno, mostra le strisce di frumento o di orzo ormai maturo, che era stato seminato in novembre, di una larghezza sui 6 metri, adatte alla barra disponibile della mietitrebbia. Le strisce intermedie furono erpicate durante l’inverno per ridurre lo sviluppo di erbe estranee ed il terreno centrale più sciolto preparato a rilievi su mucchietti di letame, inclinati verso mezzodì per accogliere le “mególe” (letteralmente midolli), i semi delle zucche barucche di Chioggia, seguendo il proverbio «primo d’april, meti le suche a dormir». È da notare, che le zucche ed il granoturco sono fra le poche piante che tollerano il letame anche se non compostato.
Nella medesima foto d’inizio giugno 1984 si riconoscono, ai bordi delle strisce utilizzate per le semine primaverili, due doppie file di granoturco bianco Perla, quello tipico del Foresto e del Cavarzerano, che nella Civranetta è sempre stato coltivato almeno dal 1928, come è documentato dalle annotazioni settimanali conservate nell’archivio della tenuta.
L’accordo, per lo meno di buon vicinato, tra cucurbitacee e mais è riconosciuto, oltre che dalla tradizione, dalla letteratura sulle consociazioni colturali. Sembra che le cucurbitacee siano un po’ avvantaggiate dalla parziale ombreggiatura provocata da una o due file di granoturco. La scelta di seminare file binate deriva dalla considerazione che in buona sostanza le piante di mais di regola non si autofecondano, maturando il pennacchio con i fiori maschili in epoca diversa dalla spiga femminile lungo il culmo della stessa pianta, tanto che si osservano spighe con pochi granelli nelle piante che crescono piuttosto isolate. D’altronde, la fittezza apparente delle piante nelle file binate (a parte le inevitabili fallanze, determinate soprattutto da predazioni di uccelli), è compensata dai larghi spazi disponibili su entrambi i lati, né sono ostacolo al proseguire delle diramazioni delle piante di zucca ad occupare il terreno che sarà stato lasciato libero dal cereale invernale dopo la mietitura, a fine giugno ed in luglio. Altro vantaggio non secondario per le cucurbitacee si riscontra nella funzione di barriera, non certo perfetta, delle file di granoturco nei confronti di insetti impollinatori, che in prevalenza permangono all’interno delle strisce contenenti i fiori delle zucche, privilegiando le fecondazioni tra le piante della varietà seminata, facilitando la selezione che il singolo coltivatore ha operato. Nel centro delle strisce occupate dalle stoppie, se sufficientemente larghe, si potranno far passare i carri per il carico ed il trasporto dei raccolti.
Fino a questo punto abbiamo verificato un vantaggioso utilizzo del suolo, con un modesto incremento della produzione del frumento coltivato a strisce, notevole incremento nella produzione del mais rispetto alla superficie strettamente occupata, quasi un raddoppio nella produzione di zucche, che si avvantaggiano dello spazio prima occupato dal frumento.
Ma non basta. È tradizione seminare un fagiolo rampicante ogni tre piante di mais lungo la fila, quando questo è alto un paio di decimetri. Il granoturco è un ottimo sostegno per il fagiolo, mentre questo, essendo provvisto di batteri nitrificanti alla pari delle altre leguminose, arricchisce il suolo di azoto in forma disponibile per le piante, di cui si avvantaggia anche il granoturco cui è consociato.
Con analoghi sistemi, era consuetudine coltivare anche angurie e meloni. Di norma, il lavoro era affidato ad una famiglia con contratto di compartecipazione, che prevedeva la suddivisione del ricavato delle coltivazioni estive alla metà con l’azienda. Sul bordo del campo delle angurie si costruiva una capanna con pali di salice e paglia, munita di ampia tettoia. La capanna serviva per il riposo dell’anguriaro e per tenere all’ombra alcune angurie, da vendere direttamente alle persone di passaggio, che le gustavano sotto la tettoia.
Altra consociazione di notevole interesse è la bulatura o trasemina, che consiste nel seminare altra coltura dove ne è già spuntata un’altra, di solito una leguminosa in febbraio o marzo su di un cereale invernale, prima della levata. Normalmente si tratta di bulare l’erba medica su orzo o frumento alla fine della rotazione, per anticipare la messa in coltura della foraggera che durerà almeno tre o quattro anni, o per godere di un ulteriore raccolto di cereali rinunciando ad una piccola parte di produzione foraggera il primo anno. Una sperimentazione di questa tecnica è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze a partire dal 2010 con metodo galileiano. Sono stati pubblicati finora i risultati del primo anno d’impianto, che mostrano un aumento significativo della produzione, anche qualitativa, del frumento in presenza di erba medica.

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