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COME INTERPRETARE LA CHIMICA NEL SUOLO?

Pur essendo sicuramente un punto di vista un po’ limitato, lo stato di buona salute del terreno può essere anche constatato attraverso alcuni parametri bioelettronici, dato che gli elementi chimici hanno una certa natura elettrica. Tra questi parametri abbiamo il potenziale redox, l’Rh2 (potenziale elettronico), il pH, la conducibilità elettrica, l’Rhô (Ω, la resistività). Il potenziale redox, espresso in mV, ci dà un’indicazione dei protoni ed elettroni presenti, è inoltre una misura della tendenza di una specie chimica ad acquisire elettroni, cioè ad essere ridotta. Nelle reazioni d’ossido-riduzione avviene uno scambio d’elettroni in maniera tale da variare lo stato d’ossidazione degli elementi. Il potenziale di riduzione misura la tendenza della soluzione elettrolitica a perdere o acquisire elettroni quando si aggiunge un’altra soluzione. Una soluzione con un potenziale di riduzione maggiore (più positivo) tenderà a guadagnare elettroni, cioè sarà ridotta, mentre una soluzione con un potenziale di riduzione minore tenderà a perdere elettroni, cioè sarà ossidata. In un terreno non bisognerebbe superare i 400 mV di redox, altrimenti con più facilità possono arrivare i parassiti. Anche il pH gioca un suo ruolo determinante, a pH 7.0 si hanno circa 60 miliardi di protoni-elettroni per mm3, a pH 8.0 solo 6 miliardi e questa situazione facilita il manifestarsi delle patologie.

L’Rh2 è il potenziale elettronico, esprime il potenziale di riduzione di un sistema, indica la ricchezza di elettroni di un ambiente. Più una soluzione è ossidante e più l’Rh2 è alto. L’Rh2 ci dà solo gli elettroni che si “sposano” o “divorziano”, cioè quelli coinvolti nelle reazioni di ossidazione e riduzione. Più le soluzioni sono ossidanti e più l’Rh2 è alto. Gli ossidanti prelevano gli elettroni impoverendo l’ambiente (per esempio, il cloro ed il fluoro nell’acqua). L’Rh2 può essere inteso come la capacità di un terreno di interagire.

Un semplice parametro che ci dà molte informazioni è il pH di un terreno, il quale è in grado di influenzare l’assorbimento dei vari elementi. Col pH basso si ha uno scarso assorbimento di azoto, potassio, fosforo, calcio, manganese e molibdeno, mentre col pH alto si ha uno scarso assorbimento di ferro, cromo, zinco, bromo. Va detto tuttavia che, per quanto riguarda il pH, bisogna sempre tenere in considerazione il tipo di piante che vengono coltivate, alcune piante infatti necessitano, per esempio, di un pH acido per un sano sviluppo.

L’Rhô (Ω) è la resistività, cioè la resistenza al passaggio della corrente elettrica, è l’opposto della conducibilità. È da tenere presente che, se un elemento chimico ha poca resistività, passa facilmente nel vegetale.

Estrema importanza ha il tipo di lavorazione che viene fatta in un terreno, infatti il suolo diamagnetico si instaura attraverso l’aratura che genera un’inversione polare, come conseguenza il terreno non drena più l’acqua; il suolo deve essere invece paramagnetico, così circola l’energia cosmica e quella tellurica (le sostanze diamagnetiche sono quelle che, sottoposte ad un campo magnetico, si magnetizzano in senso opposto ad esso e sviluppano delle forze repulsive nei confronti di una calamita; le sostanze paramagnetiche invece, sottoposte ad un campo magnetico, si magnetizzano nel suo stesso senso e sviluppano delle forze attrattive verso una calamita).

Nel primo strato di terreno si hanno elementi con cariche positive (ammonio, K+, Ca++, …), sotto c’è l’argilla (che è carica negativamente); se si ha un’inversione degli strati del suolo, allora le cariche positive saranno sotto e sopra per inversione ci saranno le cariche negative.

Gli elementi utili alle piante possono essere divisi in quelli mobili e quelli non mobili. Il boro, il calcio ed il ferro sono elementi non mobili, per cui una volta incorporati in un tessuto non possono essere traslocati, tuttavia essi si spostano dalle radici all’apice del germoglio, ai fiori ed ai frutti. Dunque è rilevante il fatto che il boro, il calcio ed il ferro si spostano dalle radici al frutto ma non da un tessuto a quello adiacente. Per esempio, poiché il ferro non è un elemento mobile, il poco ferro presente non può essere trasferito dalle foglie vecchie alle giovani che presentano i sintomi da carenza di questo elemento, pertanto le cellule vicine alle nervature possono avere la clorofilla, mentre quelle più lontane mostrare segni di clorosi. Elementi mobili sono invece il cloro, il magnesio, l’azoto, il fosforo, il potassio e lo zolfo. Prendiamo il caso di foglie di pomodoro sofferenti per carenza di fosforo (la punta delle foglie è di un colore bruno), poiché questo è un elemento mobile, la pianta può trasferire il fosforo dalle foglie più vecchie a quelle più giovani. Una regola generale è che la carenza degli elementi mobili è nelle foglie vecchie (infatti questi elementi vengono da loro ceduti alle foglie giovani e ne restano pertanto carenti), invece quella degli elementi non mobili è nelle foglie giovani perché le foglie vecchie, che ne sono provviste, non possono cederglieli. Inoltre gli elementi nutritivi prelevati dal suolo si dividono in due gruppi: gli elementi non costitutivi, che servono alla pianta solo durante la fase che precede la fioritura e che la pianta restituisce al suolo a fioritura avvenuta, e gli elementi costituitivi, che partecipano alla composizione delle piante. Per quanto riguarda gli elementi non costitutivi, sarà necessario fornirli al suolo solo in due casi: qualora tali elementi vi siano assenti e qualora si tagli la pianta coltivata prima della fioritura. Tra gli elementi non costitutivi delle piante abbiamo cloro, potassio, sodio, litio, rubidio, cesio. Soltanto i primi due sono assorbiti in quantità rilevanti prima della fioritura. Il modo migliore di fornire questi elementi è il compostaggio di tutto ciò che proviene dal suolo.

Tutti gli elementi del suolo entrano nelle piante per via microbica, i microbi infatti trasformano questi elementi in una forma assimilabile alle piante; per esempio, il fosforo sarà ossidato in fosfato, lo zolfo in solfato. Particolare importanza giocano il carbonio e l’azoto, tant’è che si calcola il loro rapporto (C/N): se il rapporto C/N è uguale a 33, significa che ci sono 33 parti di carbonio per una di azoto. Nella tecnica di compostaggio che si segue nell’Organic Forest ciò che è importante è il carbonio e non l’azoto, è infatti lui che produce le micorrize e l’azoto naturale (Louis Kervran parlava di un passaggio di trasmutazione dal carbonio all’azoto). Gli streptomiceti sono dei batteri filamentosi che vivono nel suolo e che sono in grado di degradare la lignina presente nel legno. La presenza di lignina durante il processo di compostaggio è particolarmente benefica, infatti la lignina è formata da composti fenolici che fanno resistere la pianta agli attacchi dei patogeni. Sono i funghi che agiscono nella estrazione dei polifenoli, gli Ascomiceti ed i Basidiomiceti sono i più potenti nel degradare la lignina.

Un’interessante considerazione riguarda il fatto che il volume atomico degli elementi può determinare lo stato di salute della pianta (studi di Michel Barbaud sul lavoro di Lothar Meyer). In generale un elevato volume atomico indica un elemento od una molecola potenzialmente dannosi. Tra gli atomi con maggiore diametro atomico abbiamo il cloro (1.81 Å), il sodio (1.02 Å), lo ione ammonio (1.40 Å), i nitrati (1.60 Å), i nitriti (1.71 Å), il potassio (1.51 Å, in questo caso si fa riferimento ad un isotopo radioattivo del potassio). Nel diametro atomico degli elementi l’azoto rappresenta un caso eccezionale (è molto alto). Vediamo come queste molecole e questi elementi siano dilatati, con un grande diametro atomico. Le molecole NO3, NO2, NH4+, K2O sono quattro forme di fertilizzanti, in eccesso sono altamente ossidative e degenerative, provocando un redox alto. Un eccessivo potenziale redox si ha quando si superano i 450 mV, questo parametro è decisivo in agronomia per la salute dei vegetali. I microelementi hanno invece diametri atomici molto piccoli, sono le forze della vita (rappresentano la forza vitale). L’assenza di questi piccoli atomi metalloidi indebolisce la pianta contro gli attacchi fungini e parassitari.

L’azione di un elemento così come di un sale su di un terreno e di conseguenza sulle piante non va però intesa soltanto da un punto di vista materialistico, relativo cioè ad una relazione dose-effetto; l’azione si estende ben oltre i limiti quantitativi, agendo nelle diluizioni omeopatiche di tali composti. A tal riguardo molto interessanti sono gli studi fatti da Lilly Kolisko negli anni 20 e 30 del secolo scorso, riportati nel bel libro “L’agricoltura del domani” (AGRI.BIO EDIZIONI). Lilly scoprì, per esempio, che le piante di frumento coltivate con una D1 di KNO3 (nitrato di potassio) davano un’esile foglia e radici molto corte, il primo minimo nello sviluppo si aveva alla D10, mentre la D13 era migliore del controllo con acqua; la D17 era il primo massimo, poi si aveva un minimo alla D26 e D27, un terzo minimo alla D38, un secondo massimo alla D41, un quarto minimo alla D58. Nel caso invece dell’NaNO3 (nitrato di sodio) l’andamento delle prime sei diluizioni era simile al grafico del nitrato di potassio ma il minimo era alla D15, il primo massimo alla D31, il secondo minimo alla D36, il terzo alla D57, il secondo massimo alla D52. Con l’(NH4)SO4 (solfato di ammonio) alla D3 venivano già sorpassate le piante di controllo con acqua, il primo minimo si aveva alla D9, il secondo alla D28, il massimo alla D44, il terzo minimo alla D52 ed il massimo alla D57. Con l’Na3PO4 (fosfato di sodio) la crescita delle due foglie coincideva fino alla D40, poi la seconda foglia diventava più lunga. In diluizioni elevate si ottiene lo stesso effetto dell’aumento della luce (è l’effetto luce, in quanto piante di frumento cresciute con una buona illuminazione sviluppano di più la seconda foglia). Col’K3PO4 (fosfato di potassio) la D1 dava la prima foglia grande (è l’effetto tenebre, in quanto piante di frumento cresciute con carenza di luce sviluppano di più la prima foglia), con la D3 la seconda foglia era più lunga e poi si osservava nelle successive diluizioni l’effetto luce. Il primo minimo era con la D10, il secondo alla D30, il terzo alla D48, il primo massimo alla D16, il secondo alla D46. Per le radici i minimi erano alla D14 e D44, i massimi alla D24 e D50. Con il superfosfato nella D3 la seconda foglia era più lunga, la D4 era troppo potente, il primo massimo era alla D11, il primo minimo alla D16, alla D29 il secondo, alla D49 il terzo ed alla D57 il quarto. Per le radici il primo minimo alla D7, il secondo alla D29, il terzo alla D57. Quasi tutte le diluizioni producevano un effetto luce, solo i minimi evidenziavano un effetto “tenebra”. Col K2SO4 (solfato di potassio) il primo massimo si aveva alla D12, il secondo alla D37, il primo minimo alla D16, il secondo alla D48, i massimi delle radici alla D12 ed alla D35, i minimi alla D16 ed alla D48. Infine, utilizzando il KMnO4 (permanganato di potassio) l’intero grafico mostrava il fenomeno della tenebra. La prima foglia era molto più grande della seconda, la D28 era il massimo e rappresentava un effetto luce.

Da questa panoramica generale si comprende bene come ogni sostanza abbia in sé nascosta una dinamica specifica.

Azoto

Va innanzitutto detto che l’eccesso di azoto è uno dei principali problemi dell’agricoltura. L’azoto comunemente si trova in tre forme: l’ammoniaca, i nitriti ed i nitrati. La presenza di queste tre forme azotate in un terreno è spesso deleteria per un buono sviluppo delle piante coltivate. Abbiamo due tipi di ammoniaca: l’NH3, che proviene da delle concimazioni chimiche, e l’NH4+ (ione ammonio), che proviene da delle concimazioni con letame; in entrambi i tipi di concimazioni però non ci sono micorrize, queste molecole infatti sono loro antagoniste. Va inoltre detto che, se nel terreno ci sono dei nitrati, l’azoto atmosferico non può essere fissato dalle leguminose. L’ammonio è idrofilo e sale con la linfa delle piante, essendo carico positivamente si fissa all’argilla (carica negativamente), quindi è pericoloso per la pianta, infatti resta anche se un anno non si concima. I nitrati invece hanno una carica negativa, quindi non vengono fissati nel terreno dall’argilla e sono così facilmente dilavabili. Ne deduciamo dunque che l’ammoniaca è una fase dell’azoto che si lega al terreno, mentre i nitrati, facilmente dilavabili, tendono a concentrarsi là dove c’è l’acqua: è infatti risaputa la contaminazione dei corsi d’acqua da parte dei nitrati di origine agricola (è il cosiddetto fenomeno dell’eutrofizzazione dei corsi d’acqua). I nitriti invece sono una forma dell’azoto piuttosto instabile che si trasforma in ammoniaca oppure in nitrati. Queste forme azotate devono essere delle fasi di transizione della materia e non bisogna trovarle nel compost finale. È comunque utile sapere che in un cumulo di compostaggio per degradare il legno ci va la presenza dello ione ammonio (NH4), infatti uno dei problemi del lasciare compostare il legno sul suolo è che si consuma azoto presente nel suolo stesso, il problema invece non sussiste se c’è della paglia che è facile da degradare. Va poi aggiunto che in un cumulo con letame e paglia non c’è lignina, quindi l’ammonio presente nel letame si consuma poco.

La presenza di ammonio nel terreno creerà delle buone condizioni per la moniliosi, la peronospora, il fuoco batterico. Un eccesso di nitrati e di ione ammonio è responsabile della bassa immunità delle piante, in un terreno non si dovrebbe superare una concentrazione di azoto equivalente a 500 mg/kg di suolo contenente il 15% circa di argilla. L’azoto è presente in un terreno tanto con un pH acido quanto con un pH alcalino. Con l’eccesso di azoto (si intende soprattutto dell’ammoniaca) si blocca l’assimilazione del potassio, calcio, magnesio, silicio, ferro, rame, boro, molibdeno. L’utilizzo di fertilizzanti azotati ha come effetto quello di fare decrescere la quantità di boro e, se si considera l’importanza di quest’ultimo nel fare germinare i granuli pollinici, si può comprendere la portata del fenomeno. Inoltre i sintomi della mancanza di boro possono essere confusi con quelli di alcune importanti malattie virali.

I parassiti sono diventati aggressivi in agricoltura per l’uso di ammonio come concime. L’ammonio aumenta il potenziale redox delle piante, cioè la carica elettrica degli elettroni nella linfa. I parassiti captano il basso potenziale elettrico (Rh2) della pianta malata e sono così attirati. L’humus è ricco di azoto ma in una forma diversa da quelle appena viste, è un azoto naturale non dannoso per le piante, infatti non si hanno problemi se si lavora con l’azoto naturale prodotto dalle micorrize. A livello laboratoristico è possibile, tramite la metodica dell’azoto Kjeldahl, quantificare l’azoto naturale rispetto all’ammoniaca. Una pianta indicatrice della presenza di sostanza organica ricca di ammonio (il letame) è l’ortica, una pianta nitrofila che per essere coltivata richiede proprio la sua presenza.

Louis Kervran individuò le seguenti reazioni di trasmutazione:

(N.B. Il numero in basso a sinistra è il numero di nucleoni, cioè la somma di protoni e neutroni)

  • 214N = 12C + 16O cioè l’azoto dà origine al carbonio ed all’ossigeno

 

Dunque dall’azoto è possibile ottenere il carbonio e l’ossigeno (e forse vale anche l’inverso, cioè si ottiene azoto dal carbonio e dall’ossigeno), una reazione che dovrebbe avere un’indubbia importanza in un cumulo di compostaggio, nel quale uno dei parametri ricercati è proprio il rapporto carbonio/azoto.

  • 15N + 16O = 31P azoto ed ossigeno si uniscono nel fosforo
  • 14N + 17O = 31P ʺ                      ʺ                      ʺ
  • 2*N2 = 2 14N = 12C + 12C (questa reazione avviene nei globuli rossi)
  • 2N = Si l’azoto dà origine al silicio
  • P = N (nei terreni c’è aumento di fosforo con diminuzione di azoto).

Il P è legato ad una fermentazione anaerobia ed all’isotopo 15N, nella fermentazione aerobia c’è invece un aumento dell’azoto, presumibilmente partendo dal carbonio.

  • 14N dà origine a degli idrati di calcio

L’avena è un’ottima pianta per eliminare un eccesso di ammonio da un terreno (soprattutto l’avena nera). Nelle piante la presenza di foglie tendenti ad un colore giallino può essere legata ad un problema con l’azoto. È possibile utilizzare la Calcarea carbonica (CH 6 o CH 9) in presenza di foglie verde pallido, problema legato probabilmente ad un’eccessiva presenza di azoto; bisogna però considerare che questo rimedio ha anche un effetto nanizzante sulla pianta. Queste considerazioni ci fanno capire che il rimedio di base per contrastare un eccesso di azoto, soprattutto nella sua forma ammoniacale, è il calcio (o meglio, il processo del calcio): infatti l’avena è una pianta che Louis Kervran definiva calcifuga (o silicicola), cioè una pianta che non ama crescere su terreni troppo ricchi di calcio perché è in grado di crearselo da sé!

Boro

È presente in eccesso nella terra vulcanica, si può trovare in un pH compreso tra 5 e 7,5. La dose massima in un terreno non dovrebbe superare l’1 mg per kg di suolo. Un eccesso di boro interferisce nell’assimilazione del ferro e del rame; la presenza del fosforo, dello zolfo, del magnesio e del silicio migliora invece la situazione. Può essere utile sapere che, se si abbassa il boro, nel corpo umano ne risente il metabolismo del calcio e del fosforo, infatti il boro attrae questi due elementi. Un abbassamento del boro nei corpi umani si ebbe come conseguenza dello scoppio di Chernobyl ed un alimento che è ricco di questo elemento è la barbabietola. Il boro è, insieme al carbonio ed all’azoto, uno degli elementi maggiormente presenti nell’humus ed è interessante il fatto che questi tre elementi sono, nella Tavola periodica degli elementi, consecutivi all’interno dello stesso periodo: il boro è al terzo gruppo, il carbonio al quarto e l’azoto a quinto!

Nei meli i sintomi da carenza di boro sono la defoliazione, la formazione di rosette terminali nei germogli, la presenza di una corteccia ruvida e spaccata.

 

Calcio

Rudolf Steiner ci dice che il calcio è un ponte per l’intervento dei pianeti inferiori, cioè Mercurio e Venere, ma va anche aggiunto che l’eccesso di calcio è, insieme a quello di azoto, uno dei principali problemi dell’agricoltura. Nel suolo la dose massima oltre la quale il calcio può dare dei problemi alle coltivazioni è di 6000 mg per kg di suolo. In sua presenza il pH del terreno è alto, dunque con pH acidi è presente in basse concentrazioni. Elevate concentrazioni di calcio danno problemi di assimilazione per i seguenti elementi: fosforo (con un pH 8 ed una concentrazione di circa 10000 mg di CaO), potassio, magnesio, silicio, ferro, zinco, rame, manganese, boro.  Con eccesso di calcio ci possono anche essere tanti elementi ma le piante non possono utilizzarli. Se c’è un eccesso di calcio nella rizosfera (cioè là dove ci sono le radici), si formano degli aggregati di calcio che bloccano la circolazione della linfa, quindi le foglie seccano. Provoca così anche la clorosi ferrica perché è antagonista del ferro, cloro e boro; impedisce in generale ai microelementi d’essere assorbiti. La presenza invece di zolfo neutralizza il CaO. Lo zolfo è antagonista del calcio, quindi quando c’è troppo calcio in un terreno si apportano circa 300 kg/ettaro di zolfo; questo si fa in primavera e poi di nuovo in autunno; è buona norma l’apporto anche della bentonite. Un altro modo per intervenire su un terreno contenente troppo calcio consiste nell’utilizzo delle crucifere (la senape, per esempio), le quali sono ricche in zolfo; le crucifere apportano zolfo per equilibrare il terreno, quindi vanno bene per abbassare il pH.

Lo ione fosfato reagisce con il calcio nei suoli calcarei e così precipita in formazioni minerali. Nei campi un eccesso di calcinazione, cioè ione calcio apportato dall’agricoltore, può creare una carenza di fosforo.

Louis Kervran individuò le seguenti reazioni di trasmutazione coinvolgenti il calcio:

  • 16O + 12C = Ca40 il calcio origina dal carbonio ed ossigeno
  • 39K + 1H = 40Ca potassio ed idrogeno generano il calcio (nei vegetali ed anche nel guscio della gallina)
  • 40Ca – 1H = 39K (nei mitocondri degli animali, nel salnitro e nel litotamnio)
  • 28Si + 12C = 40Ca il calcio deriva dal silicio e carbonio
  • 24Mg + 16O = 40Ca magnesio ed ossigeno generano il calcio (negli animali)
  • 26Mg + 16O = 42Ca ʺ                      ʺ                      ʺ
  • 26Mg + 18O = 44Ca ʺ                      ʺ                      ʺ
  • 40Ca – 16O = 24Mg (questa reazione avviene nel salnitro e nella metasomatosi delle dolomiti)

Allora il calcio può nascere dall’interazione del magnesio coll’ossigeno, del carbonio con l’ossigeno, del potassio con l’idrogeno e del silicio col carbonio: molte vie conducono al calcio!

Si può utilizzare Calcarea carbonica (una CH 6 oppure una CH 9) in caso di uno squilibrio del calcio con pH eccessivamente alto; bisogna però prestare attenzione al fatto che ha anche un effetto nanizzante sulla pianta.

In base agli studi effettuati da Lilly Kolisko, la D1 di idrossido di calcio (calce) dà una germinazione scarsa nelle piante di gladioli, la D4 ha gli stessi valori del controllo con acqua, la D5 li oltrepassa ed ha radici meglio sviluppate. Con la D7 e la D8 la crescita è ancora maggiore. La calce agisce più potentemente se ne usiamo una quantità minima, quindi quando dobbiamo introdurre della calce nel terreno non ne occorre una grande quantità ma bisogna spruzzare accuratamente una certa diluizione sulla superficie del suolo. Per introdurre la calce in un terreno che ne è carente, si può spargere sul terreno una D9-D10 di calce.

Nell’allestimento di un cumulo biodinamico si può spargere un sottile strato di calce viva tra gli strati dei materiali usati. Col preparato 505 di corteccia di quercia introduciamo il calcio in dosi omeopatiche in grandi quantità di letame. Questo calcio proviene dal processo vegetale vivente della quercia ed ha proprietà di agire come profilassi contro le varie “patologie” vegetali. Dove il calcio deve intervenire in qualità di un rimedio è bene che venga ricavato da un processo vivente vegetale e non dalla forma minerale, come nella calce viva.

Ferro

Il ferro si può trovare in un intervallo di pH compreso tra 5 ed 8, anche se sembra tendere più verso l’acidità. In un terreno non si dovrebbero superare i 35 mg per kg di suolo, infatti la sua elevata presenza crea un pH acido. L’eccesso di ferro crea dei problemi nell’assimilazione del fosforo, del potassio, del calcio, del silicio, del rame, del manganese. In un terreno alcalino il ferro può diventare non disponibile ed un esempio ne sono le azalee, le quali richiedono suoli acidi perché in suoli alcalini mostrano sintomi da carenza di ferro.

Lo ione fosfato reagisce col ferro nei suoli acidi e così precipita in formazioni minerali. Un’acidificazione eccessiva in un limo degradato può condure ad una carenza di fosforo.

Rudolf Steiner consigliò di applicare del piombo finemente sparso sulle rose che non fioriscono a causa dell’elevato contenuto di ferro nel suolo: potrebbe questo consiglio essere esteso anche ad altre piante?

Louis Kervran individuò la seguente reazione di trasmutazione coinvolgente il ferro:

 

56Fe – 1H = 55Mn

Cioè il ferro, per sottrazione di un idrogeno, genera il manganese. Rudolf Hauschka nel bel libro “La natura della sostanza” (Editrice Antroposofica) definì il manganese un “fratello” del ferro!

La carenza di ferro nei meli e nei peri porta a rami che si avvizziscono ed il frutto appare fortemente colorato. I lamponi sono molto soggetti alla carenza di ferro.

Fosforo

Troppa concimazione col letame porta ad un eccesso di fosforo, anche con la pollina si porta un eccesso di fosforo. Il fosforo non dovrebbe superare il valore di 200 mg/kg di suolo con il 15% di argilla. Il fosforo è presente sia con pH acido che alcalino. L’eccesso di fosforo blocca l’assimilazione del potassio, del ferro, dello zinco, del rame, del manganese. Invece viene neutralizzato dallo zolfo, dal calcio (ad un pH 7 con 6000 mg di Ca), dal magnesio e dal silicio.

Le micorrize arbuscolari penetrano nelle cellule del parenchima corticale della radice, dove si ramificano formando degli arbuscoli. Il fungo ha un ruolo fondamentale nel prelevare il fosforo dal terreno e poi cederlo alla pianta, infatti con le micorrize si istaura una simbiosi tra il fungo e la pianta. Le micorrize utilizzano i prodotti della fotosintesi dalla pianta ma, al tempo stesso, migliorano la nutrizione minerale della pianta a base di fosfati. Il fungo si sviluppa sia all’esterno che all’interno della radice, le ife penetrano tra le cellule fino all’endoderma ma non sono mai a diretto contatto con i citoplasmi.

Questo è il ciclo del fosforo: i microbi ossidano il fosforo della roccia madre, avendo poi il complesso argillo-umico numerose cariche positive, esso è capace di fissare lo ione fosfato. Sono poi le micorrize radicali che recuperano per le piante i fosfati. Lo ione fosfato reagisce con le cariche positive del suolo come il calcio nei suoli calcarei od il ferro nei suoli acidi e così precipita in roccia. In natura c’è un equilibrio tra l’attacco delle rocce da parte dei funghi che producono fosfato e la riprecipitazione operata dal calcio o dal ferro. Nei campi un eccesso di calcinazione, cioè ione calcio apportato dall’agricoltore, può creare una carenza di fosforo; analogamente una acidificazione eccessiva in un limo degradato può condure allo stesso risultato. Il fosforo inorganico è presente sotto forma di fosfato di calcio a differenti livelli di solubilità. Esso viene liberato dagli acidi, viene invece fissato dal calcio quando il pH è elevato, dal ferro ma anche dall’alluminio quando il pH è molto basso.  Queste considerazioni ci fanno capire che esiste una polarità tra il calcio, elemento più terrestre ed alcalino, ed il ferro, elemento più cosmico e tendente all’acidità: entrambi questi elementi, presenti in eccesso, hanno la capacità di rendere il fosforo non disponibile, non assimilabile, pertanto creano un ostacolo al processo del fosforo con possibili ricadute sulla salubrità delle piante.

Il Fosforo come diluizione omeopatica può essere usato per gli acari e la cocciniglia (usare la 30 CH); normalmente quando è caldo e secco vengono gli acari, se piove non ci sono. Il Fosforo come diluizione omeopatica viene usato anche in caso di intossicazione da piombo.

Louis Kervran individuò le seguenti reazioni di trasmutazione:

 

  • 2*16O – 1H =31P dall’ossigeno per sottrazione dell’idrogeno si forma il fosforo
  • 31P + 1H = 32S il fosforo con l’idrogeno dà lo zolfo
  • 15N + 16O = 31P l’azoto con l’ossigeno genera il fosforo
  • 14N + 17O = 31P             ʺ                      ʺ                     ʺ
  • 9F + 6C = 15P (questa reazione avviene nei fossili; in questo caso i numeri riportati in basso a sinistra sono i protoni e non i nucleoni)

Il fosforo è legato alla fermentazione anaerobia, inoltre Kervran diceva che nei terreni si rileva un aumento di fosforo ed una diminuzione di azoto: dalle reazioni sopra riportate si può vedere che una delle vie di formazione del fosforo passa proprio dall’azoto. Va inoltre detto che negli animali il magnesio in eccesso determina un aumento del calcio e del fosforo (i fosfati di calcio nel mitocondrio).

In una pianta il rossiccio nelle foglie può essere legato ad un problema col fosforo: potrà pertanto esserci un legame tra la flavescenza della vite ed un’alterazione del processo del fosforo? E se così fosse, il calcio ed il ferro potrebbero giocare un qualche ruolo in tutto questo?

Magnesio

La dose massima che non si dovrebbe superare è di 400 mg per kg di suolo, il pH ottimale per questo elemento è di 7. L’eccesso di magnesio interferisce con l’assimilazione del manganese (nei suoli acidi), invece il fosforo, il potassio, il calcio, il silicio, il ferro, lo zinco ed il boro migliorano la sua assimilazione.

Louis Kervran individuò le seguenti reazioni di trasmutazione:

  • 23Na + 1H = 24Mg il sodio interagendo con l’idrogeno dà il magnesio
  • 24Mg + 16O = 40Ca (negli animali) il magnesio interagendo con l’ossigeno dà il calcio
  • 26Mg + 18O = 44Ca ʺ                      ʺ                      ʺ                      ʺ
  • 40Ca – 1H = 24Mg (nel salnitro, nella metasomatosi delle dolomiti)
  • 24Mg + 7Li = 31P il magnesio interagendo con il litio dà il fosforo
  • 14N + 24Mg = 39K l’azoto interagendo col magnesio dà il potassio
  • 12C +12C = 24Mg nel carbonio è insita la formazione del magnesio

Il magnesio dà un aumento del calcio e del fosforo nei mitocondri animali, inoltre Louis Kervran ipotizzò un possibile legame tra il magnesio ed il ferro nella clorofilla (e questo ci rimanda all’emoglobina, una molecola molto simile alla clorofilla ma contenente il ferro al posto del magnesio).

Si può notare che, da quanto detto sopra, il calcio, il fosforo ed il potassio sono tra gli elementi benefici per il magnesio e le reazioni scoperte da Kervran mettono in luce proprio questa capacità del magnesio di trasmutare negli elementi a lui utili!

La carenza di magnesio nei meli ha per sintomo la crescita zero dei germogli, severe necrosi tra le nervature delle foglie, la comparsa di colorazione porpora, i frutti non giungono a maturazione. Nei ciliegi si nota una colorazione porpora opaca nelle foglie, seguita da una colorazione rosso-arancione, dà necrosi bruna nelle foglie vecchie. Nei peri le foglie più vecchie sono color bruno scuro, necrosi tra le nervature vicino al centro mentre il margine resta verde (il contrario della carenza di manganese). Nel ribes nero, la zona centrale delle foglie presenta un intenso colore porpora, una stretta striscia marginale resta verde, le foglie colorate si arricciano all’indietro. Nell’uva spina le foglie sono leggermente pallide e larghe fasce rosse al margine tendenti al colore crema. Nei lamponi il centro ed il margine delle foglie più vecchie diventano gialli o rossi con strisce verdi. Nelle fragole le foglie più vecchie sono d’un colore giallo brillante e rosso al centro ed ai margini. Nella vite si ha clorosi tra le nervature delle foglie più vecchie (nelle uve bianche) oppure un’intensa colorazione porpora o rossa (nelle varietà scure o nere), necrosi bruna tra le nervature.

Manganese

L’eccesso di manganese si ha con un pH di 5-6, la dose massima non dovrebbe superare i 25 mg per kg di suolo. Una sua eccessiva presenza dà acidità del terreno con pH inferiore a 6. L’eccesso di manganese interferisce sull’assimilazione del magnesio, del ferro, dello zinco e del rame, invece lo zolfo ed il calcio neutralizzano la sua azione. Il manganese nei suoli acidi è bloccato dal magnesio.

Louis Kervran individuò la seguente reazione di trasmutazione:

 56Fe – 1H = 55Mn

Dal ferro si può ottenere il manganese ed il manganese venne definito da Rudolf Hauschka, come si è già visto, un “fratello” del ferro! Kervran disse che in ambiente basico le piante producono ferro (perché devono acidificare il terreno!) ma non sono capaci di produrre manganese, dunque vi è una carenza di questo elemento nei terreni calcarei, dovuta, a suo dire, da un’incapacità dei microorganismi in tali terreni nel trasmutare il ferro in manganese. Troppo calcare nei pascoli porta ad una carenza di manganese nell’erba con conseguente sterilità nelle mucche. Nelle piante calcifughe come l’avena in terra troppo calcarea si ha una carenza da manganese, anche aggiungendone al suolo: è la “malattia delle chiazze grigie”.

Nelle piante la carenza di manganese determina la necrosi del tessuto fogliare presente fra le nervature. Sintomo di carenza di manganese nei meli, ciliegi, susini, ribes nero e rosso è la clorosi tra le nervature delle foglie, che inizia vicino al margine e progredisce verso la nervatura mediana. Nei peri il verde è anche leggermente sbiadito.

Molibdeno

Il molibdeno è in grado di ridurre l’azoto, infatti questo elemento, più solubile ad un pH alto, è presente nell’enzima nitrogenasi. Questo enzima è presente nei batteri azoto fissatori ed è in grado di ridurre l’azoto, producendo ammoniaca che si trasforma in ione ammonio. La nitrogenasi contiene da 5 a 20 atomi di ferro ed 1 o 2 atomi di molibdeno, è sensibile all’ossigeno e funziona solo in sua assenza.  Quando la sostanza organica del suolo si decompone, viene rilasciato lo ione ammonio. Nel primo passaggio della riduzione dell’azoto si forma il nitrito NO2, l’enzima implicato è la nitrato riduttasi che trasporta elettroni per mezzo di un atomo di molibdeno. Ne concludiamo quindi che il molibdeno è un elemento indispensabile nel processo d’inspirazione mediato dalle leguminose.

Piombo

Rudolf Steiner consigliò di applicare del piombo finemente sparso sulle rose che non fioriscono a causa dell’elevato contenuto di ferro nel suolo: potrebbe questo consiglio essere esteso anche ad altre piante?

Potassio

Il potassio deriva dalla roccia madre e dalla microflora, viene liberato tramite il continuo processo di degradazione dalle miche e dall’argilla. Il potassio è un elemento mobile, uno dei suoi isotopi (che forma solo meno dell’1% dei suoi isotopi) è radioattivo. Questo isotopo naturale radioattivo è altamente ossidante, quando è in eccesso nel terreno. Il potassio è un elemento non costitutivo che, come tale, serve alla pianta prevalentemente durante la fase che precede la fioritura e che la pianta restituisce al suolo a fioritura avvenuta. Non si dovrebbe superare la dose di 200 mg di potassio per kg di suolo con il 15% circa di argilla. Il potassio è presente sia con pH acido che alcalino e l’eccesso di potassio causa problemi di assimilazione del calcio, del magnesio (MgO), del silicio, del manganese e del boro.  Il calcare invece blocca il potassio.

Il potassio è coinvolto nel funzionamento del cuore. Il potassio nel rosso dell’uovo prende l’idrogeno (H+) dalla sacca d’aria presente nell’uovo e da questo avviene la trasmutazione nel calcio del guscio, come è evidente dalla seguente reazione di trasmutazione scoperta da Louis Kervran:

 

39K + 1H = 40Ca          (questa reazione avviene anche nei vegetali)

 

Louis Kervran individuò però anche le seguenti reazioni di trasmutazione nelle quali è coinvolto il potassio:

 

  • 23Na + 16O = 39K il sodio interagendo con l’ossigeno genera il potassio (nell’uomo,

anche nelle muffe e nei lieviti)

  • 40Ca – 1H = 39K (nei mitocondri animali, nel salnitro e nel litotamnio)

 

In generale, si può dire che il potassio rafforza le capacità di resistenza verso le più importanti infestazioni del riso, la presenza del potassio nel concime porta ad una maggiore resistenza non solo agli insetti ed ai batteri ma anche ai funghi ed ai virus. La carenza di potassio in una pianta causa la necrosi delle cellule all’apice ed ai margini della foglia, mentre il marciume nelle piante viene da un eccesso del potassio.

La carenza di potassio nel melo, nell’uva spina, nel ribes rosso e nel lampone dà crescita stentata, avvizzimento dei germogli, colorazione verde-azzurra delle foglie, abbondanza delle gemme ma poca frutta senza sapore. Si ha anche precoce accartocciamento delle foglie.

Rame

La presenza di un eccesso di rame si può manifestare all’interno di un pH compreso tra 5 e 7. In un terreno una concentrazione di rame superiore a 25 mg in caso di acidità è tossica, 50 mg in caso di alcalinità; bisogna considerare che oltre i 25 mg/kg di rame la vita microbica sparisce. Il rame è presente tanto con pH acido quanto con quello alcalino. L’eccesso di rame ostacola l’assimilazione dell’azoto, del magnesio, del ferro, dello zinco, del manganese, del boro e del molibdeno; a tal riguardo si può notare, come già citato parlando del molibdeno, il legame tra questo elemento e l’azoto (infatti l’eccesso di rame blocca l’assimilazione di entrambi). Invece neutralizzano l’azione del rame lo zolfo, il calcio ed il silicio.

Se si ha un accumulo degli elementi a 50 cm sottoterra, si crea putrefazione e, come conseguenza, si genera del metano; la colpa è che la sostanza organica è poca oppure che c’è una concentrazione di rame elevata, attorno ai 60 mg per kg di terreno e, di conseguenza, la sostanza organica non può trattenere gli elementi.

Il rame, pur non essendo un battericida, è tuttavia in grado di controllare le malattie batteriche, infatti i prodotti a base di rame stimolano la resistenza delle piante. Questa azione indiretta del rame si basa sulla sua capacità di agire sul metabolismo delle piante, riducendo le sostanze solubili azotate che attraggono i parassiti. La cosiddetta malattia nasce da uno squilibrio nutrizionale, cioè un eccesso di azoto come risultato di una carenza di rame. Eccessi di azoto portano ad una carenza di potassio, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Si può utilizzare il Cuprum metallicum (provare con una diluizione CH 9 oppure CH 12) per disintossicare il terreno da un eccesso di rame. In alternativa si può pure utilizzare il Cuprum sulphuricum (CH 30). Anche l’avena asporta il rame dai suoli, si asportano 25-30 mg/kg di rame con una coltura d’avena, la quale produce inoltre delle tossine che inibiscono le malerbe. Qui non possiamo che evidenziare il fatto che l’avena è in grado di agire sia contro gli eccessi di azoto sia quelli del rame ed inoltre è in grado di generarsi da sé il calcio (che può ridurre a sua volta gli eccessi di azoto): c’è pertanto un filo conduttore che collega il calcio, l’azoto ed il rame.

Louis Kervran scoprì che dal ferro e dal manganese si può ottenere il rame (questo avviene nella frutta durante il processo di essiccamento), inoltre egli asserì che forse c’è un intervento del rame nel formare l’emoglobina (la quale contiene il ferro).

Le carenze di rame danno avvizzimento degli agrumi, dei meli, dei peri e dei susini, avvizziscono i germogli, le foglie sono bruciate ai margini e si hanno essudati gommosi.

Silicio

La concentrazione del silicio non dovrebbe superare i 100 mg per kg di suolo. Un’elevata presenza del silicio si ha con un pH attorno ai 7. L’eccesso di silicio ostacola l’assimilazione dell’azoto e del potassio, invece equilibrano la sua eccessiva presenza il fosforo, il magnesio, il ferro, il rame ed il boro.

Louis Kervran scoprì le seguenti reazioni di trasmutazione coinvolgenti il silicio:

 

  • 28Si + 12C = 40Ca cioè il silicio, interagendo col carbonio, genera il calcio
  • 13Al + 1H = 14Si alluminio ed idrogeno danno il silicio (nei minerali)
  • 14Si – 1H = 13Al (nei minerali)
  • 2N = Si il silicio si genera dall’azoto
  • 12C + 16O = 28Si carbonio con ossigeno portano al silicio

Sodio

Si ha un eccesso di sodio con un pH 9, situazione che è tossica per la vita vegetale. Il limite soglia oltre il quale non si dovrebbe andare è di 30 mg per kg di suolo. L’eccesso di sodio ostacola l’assimilazione dell’azoto, fosforo, calcio, ferro, rame, boro. Il sodio è invece neutralizzato dallo zolfo, dal magnesio e dal silicio.

Louis Kervran individuò le seguenti reazioni di trasmutazione:

 

  • 23Na + 1H = 24Mg il sodio, interagendo con l’idrogeno, dà il magnesio
  • 23Na = 7Li + 16O il sodio nasce dall’interazione del litio con l’ossigeno
  • 35Cl = 12C + 23Na il cloro nasce dall’interazione del sodio col carbonio
  • 23Na + 16O = 39K il sodio con l’ossigeno genera il potassio (nell’uomo, nelle muffe e nei                              lieviti)

Si può utilizzare il Natrium muriaticum (provare con una diluizione CH 9 o CH 12) per squilibri del sodio nel terreno, per esempio vicino a strade che si salano d’inverno contro il gelo.

Zinco

L’eccesso di zinco si ha con un pH 5-6, in un suolo la dose massima non dovrebbe superare 1.3 mg/kg. L’eccesso di zinco ostacola l’assimilazione del ferro e del manganese, invece è benefica la presenza di magnesio e silicio.

Lo zinco è utile perché attiva molti enzimi, i fagioli, per esempio, sono particolarmente sensibili alla carenza di zinco, le foglie diventano infatti clorotiche e presentano aree necrotiche. Evidentemente nel fagiolo le reazioni enzimatiche sono molto importanti (basti pensare al fatto che, in quanto leguminosa, questa pianta è in grado di fissare l’azoto atmosferico grazie all’enzima nitrogenasi) ed inoltre va tenuto in considerazione che nei terreni alcalini lo zinco diventa, come il ferro, completamente insolubile

Rudolf Steiner disse che lo zinco è necessario per la salute di certe piante e d’altro canto si accumula in particolare modo nei funghi. I funghi hanno affinità con batteri e parassiti animali e nei terreni alluvionali il suolo è ricco di funghi, per tale motivo dove ci sono terreni alluvionali i parassiti ed i batteri vengono tenuti lontani dai funghi. Notare inoltre che nei preparati biodinamici si verifica un accumulo di molibdeno, cobalto, zinco; va inoltre ribadito quanto detto nell’introduzione, cioè che la presenza di microelementi (dei quali fa parte lo zinco) è essenziale per attivare la difesa delle piante nei confronti dei parassiti.

Le carenze di zinco negli agrumi portano a foglie macchiate (questo accade anche nei meli e nelle drupacee) insieme alla presenza di foglie piccole o rosette con mutamenti di pigmentazione e produzione ridotta di frutta.

Zolfo

Si ha un eccesso di zolfo nelle terre vulcaniche; lo zolfo è un antagonista dell’ossido di calcio (CaO). In un terreno non si dovrebbero superare i 400 kg/ha, per un terreno con circa 12000 mg di CaO. Un eccesso di zolfo ostacola l’assimilazione del calcio e del manganese, invece lo zolfo è neutralizzato dal fosforo, dal silicio, dal ferro e dal boro. I metaboliti solforati sono importanti per il magnesio ed il ferro e servono anche per i fosfati.

Il pH di un compost è tendenzialmente alcalino, con un valore di circa 8-9, questo per la presenza di calcio nella corteccia (se si utilizza del cippato di legno) e di ammoniaca nel letame. Si può aggiungere dello zolfo, 1 kg di zolfo per tonnellata porta a pH 5 il compost: questo se si vuole utilizzare il compost su terreni alcalini, altrimenti per i terreni acidi lo si lascia come è. Lo zolfo si aggiunge nella seconda fase di maturazione del compost, dopo la fase mesofila (cioè quella con temperature intermedie, attorno ai 40°C), quando cioè il cumulo inizia a raffreddarsi.

Louis Kervran individuò la seguente reazione di trasmutazione con lo zolfo:

 

31P + 1H = 32S

 

Il fosforo con l’idrogeno dà origine allo zolfo (abbiamo infatti visto che il fosforo neutralizza lo zolfo, questa reazione di Kervran, letta da destra a sinistra, ci dice che dallo zolfo si genera il fosforo!).

Le carenze di zolfo possono verificarsi in terreni sabbiosi biodinamici con sintomi simili alla carenza di azoto, con colorazione arancione e rossa sul fogliame dei meli, dell’uva spina e delle fragole.

 

Fabrizio Testasecca

Consulente tecnico AgriBio

Riferimenti bibliografici

  • Introduzione: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, “L’agricoltura del domani” di Lilly ed Eugen Kolisko (Agri.Bio Edizioni) 75-83, “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pagg. 365, 367-372

Azoto: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, rivista “L’Ecologist – Agricoltura è disegnare il cielo – Volume primo: Dall’era del petrolio a quella dei campi” (Libreria Editrice Fiorentina) – articolo di Francis Chaboussou “Come i pesticidi aumentano le epidemie”

Boro: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, conferenza di Elena Mar e Gregory Hyde tenutasi a Torino ad Ottobre 2019 sul trattamento sonoro, “Glenological Chemistry – The organisation of matter – The Periodic Table of elements as an expression of the Atkinson conjectur” (The Garuda Trust) pag. 129, “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

  • Calcio: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Il suolo – Un patrimonio da salvare” di C. e L. Bourguignon (Slow Food Editore) pag. 58, “Conversando davanti ad una bottiglia di vino con Nicolas Joly. La biodinamica” di Gilles Berdin (Agri.Bio Edizioni) pag. 108, corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, “L’agricoltura del domani” di Lilly ed Eugen Kolisko (Agri.Bio Edizioni) pagg. 70, 110, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo)

Ferro: “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pagg. 367-372, corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Il suolo – Un patrimonio da salvare” di C. e L. Bourguignon (Slow Food Editore) pag. 58, “Lo sviluppo dell’agricoltura biodinamica – Riflessioni sulle prime ricerche” del Conte Adalbert von Keyserlingk (Agri.Bio Edizioni) pag. 92, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Fosforo: “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pagg. 209, 367-372, corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Il suolo – Un patrimonio da salvare” di C. e L. Bourguignon (Slow Food Editore) pagg. 58, 92, 111, corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, “Agricoltura biodinamica” di Koepf, Schaumann, Haccius (Editrice Antroposofica) pagg. 150, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo)

Magnesio: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Manganese: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pag. 363, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Molibdeno: “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pagg. 367-372

  • Piombo: “Lo sviluppo dell’agricoltura biodinamica – Riflessioni sulle prime ricerche” del Conte Adalbert von Keyserlingk (Agri.Bio Edizioni) pag. 92

Potassio: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Il suolo – Un patrimonio da salvare” di C. e L. Bourguignon (Slow Food Editore) pagg. 110, 115-116, “Agricoltura biodinamica” di Koepf, Schaumann, Haccius (Editrice Antroposofica) pag.  150, rivista L’Ecologist “Agricoltura è disegnare il cielo – Volume primo: Dall’era del petrolio a quella dei campi” (Libreria Editrice Fiorentina) nell’articolo di Francis Chaboussou “Come i pesticidi aumentano le epidemie”, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Rame: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, rivista L’Ecologist “Agricoltura è disegnare il cielo – Volume primo: Dall’era del petrolio a quella dei campi” (Libreria Editrice Fiorentina) nell’articolo di Francis Chaboussou “Come i pesticidi aumentano le epidemie”, “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Silicio: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo)

  • Sodio: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, corso di “Agromeopatia” tenuto in Agri.Bio nel 2017 da Maria Franziska Rindler, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo)

Zinco: “Botanica – Fondamenti di Biologia delle piante” di James D. Mauseth (Idelson-Gnocchi) pagg. 360, 362-365, corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Lo sviluppo dell’agricoltura biodinamica – Riflessioni sulle prime ricerche” del Conte Adalbert von Keyserlingk (Agri.Bio Edizioni) pag. 142, “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

Zolfo: corso di “Organic Forest” tenuto da Michael Barbaud nel 2016 in Agri.Bio, “Prove in Biologia delle trasmutazioni a debole energia” di Louis Kervran (Antonio Giannone Editore Palermo), “Il trattamento biodinamico delle piante da frutto” di Ehrenfried E. Pfeiffer (Editrice Antroposofica) pagg. 39-41

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