Boom di suicidi: il governo USA affronta i suicidi senza considerare i
suicidi legati all’assunzione di farmaci

di Martha Rosenberg – Counter Punch – 12 settembre 2012

 Sarebbe ridicolo se non fosse tragico. Questa settimana il Generale Medico (consigliere e portavoce del governo federale in questioni di salute pubblica) Regina Benjamin ha annunciato un piano per arginare il crescente tasso di suicidi della nazione senza affrontare il crescente utilizzo della nazione stessa di farmaci connessi a suicidio. Antidepressivi come il Prozac e il Paxil, antipsicotici come Seroquel e Zyprexa e farmaci anti-compulsivi come Lyrica e Neurontin sono collegati al suicidio come si legge nei rapporti pubblicati e nelle avvertenze dell’agenzia statunitense del farmaco (quasi 5.000 reportage su giornali collegano gli antidepressivi a suicidio, omicidio e comportamento bizzarro). Farmaci per l’asma come Singulair, farmaci per smettere di fumare come Chantix, farmaci per l’acne come Accutane e il farmaco ancora in uso contro la malaria Lariam, sono anch’essi legati al suicidio.
Il tasso di suicidi in America è salito a 38.000 all’anno, dice USA Today. L’aumento, iniziato negli anni 90, è correlato con l’inizio della pubblicità sui farmaci e l’approvazione di molti farmaci con effetti collaterali legati al suicidio: il risultato di questi due fattori è che sempre più persone assumono psicofarmaci per risolvere problemi di vita quotidiana.
Il Dr. Benjamin ha annunciato che sovvenzioni federali, per un totale di 55 milioni di dollari salveranno 20.000 vite nei prossimi cinque anni attraverso la “linea diretta suicidio”, più operatori della salute mentale, migliori screening per la depressione e tracciabilità su Facebook dei messaggi sospetti. Da nessuna parte, nemmeno tra i militari, dove pure sono frequenti i suicidi, lei suggerisce di controllare la sovramedicazione, che è andata di pari passo con i morti. E per la quale il governo sta spendendo molto di più di 55 milioni di dollari.
I suicidi sono aumentati di oltre il 150% nell’esercito e più del 50% nel corpo dei Marines, tra il 2001 e il 2009, come segnalato nel Military Times con grafici degli aumenti dei suicidi e delle prescrizioni di farmaci, grafici che sono tanto simili da poter combaciare se messi uno sull’altro. Uno su sei membri in servizio assumeva una sostanza psicoattiva nel 2010 e “molti di loro ne stanno assumendo più di un tipo, mescolando diverse pillole in cocktail giornalieri, per esempio un antidepressivo con un antipsicotico per prevenire incubi, più un anti-epilettico per ridurre il mal di testa – nonostante tali combinazioni siano state testate con ricerche cliniche minime” afferma il Military Times.
L’89% dei soldati con disturbo da stress post traumatico (PTSD) assume al momento farmaci psicoattivi e tra il 2005 e il 2009, la metà di tutte le prescrizioni di farmaci per militari tra i 18 e i 34 anni sono state di antidepressivi. Durante lo stesso periodo, farmaci per l’epilessia come Topamax e Neurontin, sono stati sempre più spesso prescritti off-label (per usi non autorizzati dalla FDA) per condizioni mentali, aumentando del 56%, come riporta il Military Times. Nel 2008, 578.000 pillole per l’epilessia e 89.000 antipsicotici sono stati prescritti a militari in servizio.
E il tasso di suicidi non è calato neppure dopo il ritiro dall’Iraq e l’Afghanistan. Nel luglio 2012, ci sono stati 38 suicidi nell’esercito, dice USA Today, mentre nel luglio del 2011, ce n’erano stati 32. Secondo il rapporto sull’approfondita Campagna sulla Salute, Riduzione dei Rischi e Prevenzione del Suicidio dell’esercito nel 2010, il 36% dei militari che si tolsero la vita non era mai stato nemmeno dislocato.
Perché tali farmaci, che possono influenzare il tempo di reazione, le capacità motorie, la coordinazione, l’attenzione e la memoria, sono prescritti anche durante il servizio attivo? E perché sono prescritti ai soldati che sono nell’esatta età -come giovani adulti – che è più a rischio di suicidio stando alle avvertenze negli stessi fogli illustrativi?
Ma i militari non sono le uniche mucche da mungere per le case farmaceutiche. Stando ai rapporti pubblicati una donna su quattro, e milioni di bambini, assumono farmaci psicoattivi, soprattutto bambini poveri o disabili.
Quando la FDA ha messo sugli antidepressivi gli avvertimenti di suicidio per i giovani a metà anni 2000, le case farmaceutiche, in combutta con psichiatri come Charles Nemeroff, hanno sostenuto che i suicidi sarebbero aumentati se medici e pazienti fossero stati spaventati dagli avvertimenti del rischio di morte. Nonostante l’argomentazione fosse assurda, questa teoria è stata sbandierata dalla stampa convenzionale e dai medici fino a quando non si è dimostrata (evidentemente) sbagliata.
Inoltre, come il Chirurgo Generale e il Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS) hanno dimostrato questa settimana, il governo è ancora impegnato nella negazione del rapporto tra suicidio e case farmaceutiche (non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere). Invece di spendere milioni per i consiglieri, linee di crisi e “campagne di sensibilizzazione” perché non guardano ai milioni spesi per i farmaci legati al suicidio?
Martha Rosenberg è un reporter investigativo sulla salute. Il suo primo libro, “Born With A Junk Food Deficiency: How Flaks, Quacks and Hacks Pimp The Public Health”, edito da Prometheus Books, fornisce ulteriori informazioni sull’eccessiva medicalizzazione dei militari e sui farmaci connessi a suicidio. In Italia è recente l’allarme lanciato dall’Agenzia del Farmaco sul consumo di antidepressivi, nell’ultimo decennio è cresciuto in maniera drammatica soprattutto tra le donne e gli anziani, con un aumento di prescrizioni del 5,4% medio annuo.

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