Vite – Vitis vinifera L.
Generalità
La Vitis vinifera nota anche come vite europea, compare in Europa verso la fine del Terziario, ma la sua utilizzazione risale al Neolitico (nell’Europa mediterranea veniva coltivata per produrre uve da vino mentre nell’Europa caucasica per la produzione di uva da tavola).
Scritture sumeriche risalenti alla prima metà del III millennio a.C. testimoniano che la vite veniva già allora coltivata per produrre vino.
Le prime testimonianze nell’Italia del Nord risalgono al X secolo a.C. (in Emilia). Diffusa in più di 40 Paesi al mondo, anche se più della metà della produzione mondiale si ha in Europa (soprattutto Spagna, Italia e Francia. Le molte specie di vite appartengono alla Famiglia delle Vitaceae o Ampelideae, genere Vitis, suddiviso in due sottogeneri:
– Muscadinia;
– Euvitis: le varie specie sono riunite in tre gruppi in base all’areale di origine: viti americane, viti asiatiche orientali e viti euroasiatiche (comprendenti un’unica specie, la Vitis vinifera).
La Vitis vinifera comprende due sottospecie, la V. vinifera silvestris (che comprende le viti selvatiche dell’Europa centrale e meridionale, dell’Asia occidentale e dell’Africa settentrionale) e la V. vinifera sativa (che comprende le viti coltivate).
Le viti coltivate si possono suddividere in viti orientali (viti caspiche e antasiatiche) e viti mediterraneee (viti pontiche e occidentali).
Esigenze pedoclimatiche
La vite presenta una vasta adattabilità al clima e presenta quindi un immenso areale di coltivazione.
Negli ambienti viticoli dell’Italia meridionale ed insulare non esiste il problema di un adeguata insolazione in quanto questa risulta più che sufficiente affinché si compia il ciclo biologico della vite, pianta tipicamente eliofila. Nel settentrione di’Italia esiste invece una correlazione diretta tra eliofania e contenuto zuccherino. Se la radiazione solare è in grado di determinare il grado zuccherino o l’epoca di maturazione dell’uva, la temperatura influenza tutte le fasi fenologiche della pianta, e può addirittura determinarne la morte. La vie europea inizia a manifestare danni quando si raggiungono circa i -15°C in inverno e i -5°C in caso di brinate tardive. Le vite americane hanno una soglia di danno ad una temperatura inferiore di 5°C circa, mentre gli ibridi produttori diretti e gli ibridi Vitis vinifera x Vitis amurensis rispettivamente a -25°C e a -40°C nel caso di geli invernali.
La vite europea presenta un’ampia adattabilità al terreno ma con l’introduzione dei portinnesti tale caratteristica non ha più importanza. Come il portinnesto, così anche il terreno è in grado di determinare la qualità e la quantità della produzione viticola sia direttamente (composizione chimica e fisica, colore) sia indirettamente in relazione ad alcuni fattori, quali la giacitura, l’esposizione, ecc., che possono modificare il microclima di quel determinato ambiente.
Propagazione e portinnesti
Nel periodo compreso tra il 1858 e il 1862 comparve in Europa la Fillossera della vite (Viteus vitifolii (Fitch) (Rincoti, Fillosseridi), afide proveniente dal Nord America, che si diffuse rapidamente in tutte le zone viticole dimostrandosi esiziale per i pregiati vitigni europei. In Italia arrivò nel 1879 (in provincia di Como e di Milano, e nell’anno successivo in provincia di Caltanissetta e Messina). Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana distrusse due milioni di ettari di vigneti. Le radici della vite europea, a differenza di quella americana, sono sensibili alle punture della Fillossera. I tessuti radicali subiscono una grave disorganizzazione, spesso aggravata da successivi insediamenti di microrganismi patogeni. La pianta deperisce notevolmente e quindi muore. Il problema della Fillossera, gravissimo per la viticoltura europea, diede luogo sul finire dell’800 alla promulgazione di tutta una serie di misure contenitive e di lotta, dimostratesi però inefficaci. Esso venne risolto mediante l’innesto della vite europea, produttrice di vini di qualità, su piede di vite americana o di suoi ibridi, resistenti agli attacchi della Fillossera: tale metodo è tuttora di generale applicazione.
Gli ibridi produttori diretti (IPD) sono quei vitigni che, ottenuti per ibridazione tra una vite americana e quella europea, risultano resistenti alla fillossera e in grado di fornire un prodotto utilizzabile. I numerosi ibridi ottenuti dalla fine dell’Ottocento non hanno dimostrato però un’adeguata resistenza alla fillossera e pertanto la loro coltivazione aveva luogo solo previo innesto. Perciò, non essendo più franchi di piede, furono denominati ibridi produttori o IP. Tali ibridi, poi, non sempre sono resistenti alla peronospora e all’oidio. Inoltre offrono un prodotto di qualità nettamente inferiore rispetto a quello della Vitis vinifera, che alla degustazione ha un particolare sapore, denominato foxy o volpino, che può essere trasmesso al vino. Il vino da essi ottenuto presenta inoltre due gravi difetti: la limitata conservabilità (inferiore all’anno) e il contenuto doppio di alcool metilico rispetto a quello ottenuto dalla vite europea. In Italia la superficie coltivata con tali ibridi è molto limitata (circa l’1%) a differenza della Francia (circa il 20%). Tale differenza è dovuta ai diversi divieti legislativi sulla loro diffusione (il primo del 1931). La legislazione attuale vieta la commercializzazione di mosti e vini derivanti da piante di vite diversi da Vitis vinifera.
Dal momento che gli ibridi produttori diretti non hanno risolto il problema della resistenza alla fillossera, il lavoro di miglioramento genetico è stato rivolto principalmente verso la ricerca di numerose specie pure o ibridi, naturali o indotti, da utilizzare come portinnesti.
I vitigni di vite europea sono oggetto da sempre di miglioramento, anche se non sempre attuato con metodi scientifici. In pratica è stato attuato un programma di miglioramento genetico applicando il metodo della selezione massale, cioè la scelta e moltiplicazione del materiale considerato migliore. in questo modo, però, si sono ottenute molte popolazioni clonali che, pur avendo origine da una popolazione pressoché uniforme, hanno subito nel tempo un numero tale di variazioni da essere considerate, oggi, addirittura come varietà diverse.
Vitigni di uve da vino
Nel contesto viticolo italiano sono più di 300 le varietà di uve da vino: alcune hanno grande diffusione, altre sono limitate a una o due province. Tra le tante ricordiamo:
– Vitigni da uve bianche: Albana, Bombino Bianco, Catarratto; Insolia Bianca, Malvasie, Moscati, Pinots, Prosecco, Rieslings, Tocai Friulano, Trebbiani, Vernacce;
– Vitigni da uve rosse: Aglianico, Barbera, Cabernets, Canaiolo, Cannonau, Dolcetto, Lambrischi, Marzemino, Melot, Nebbiolo, Pinot Nero, Sangiovese.
Vitigni di uve da tavola
I principali vitigni ad uva da tavola sono:
– Alphonse Lavaleé: ottenuto in Francia nella seconda metà dell’ottocento incrociando Bellino x Lady Downes Seedling; ottimo vitigno da tavola diffuso in molti paesi. Buona la resistenza al trasporto e la conservabilità sulla pianta; acino grosso o molto grosso, sferico, con buccia pruinosa e consistente, di colore blu-nero uniforme molto attraente, polpa croccante e succosa, dolce gradevole a sapore semplice.
– Baresana: diversi sono i sinonimi di questa cultivar di origine antichissima e probabilmente di provenienza orientale: Turchesca, Uva Turca, Uva di Bisceglie, Lattuario bianco, Imperatore, Uva Sacra; vitigno ottimo e di grande qualità anche se non resiste molto bene ai trasporti a sulla pianta; acino grosso o molto grosso, sferoide o ovoidale, con buccia di medio spessore, non molto consistente e poco pruinosa, di un colore giallo dorato chiaro o giallocereo, polpa piuttosto croccante e succosa a sapore semplice.
– Cardinal: ottenuta nel 1939 da E. Suyder e F. Harmon in California dall’incrocio ‘Flame Tokay’ x ‘Ribier’ (A.
Lavallée) fu introdotta in Europa dopo la II guerra mondiale; è una delle migliori uve precoci rosse da tavola. A
maturazione va raccolta immediatamente in quanto non ha una grande resistenza sulla pianta; acino grosso, sferoidale, con buccia pruinosa di medio spessore, dal colore rosso violaceo non molto uniforme, polpa croccante, dolce gradevole a sapore neutro.
– Conegliano 218: ottenuto dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, incrociando Italia x Volta (I.P. 105); molto simile al “fratello” Conegliano Precoce; apprezzato per la precocità ed il bell’aspetto dei grappoli; acino: media grandezza, di peso medio gr 6,5, rotondo o sub-rotondo, buccia pruinosa di colore nero violaceo intenso, polpa soda succosa, dolce, gradevole con gusto leggermente aromatico.
– Conegliano Precoce: ottenuto dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, incrociando Italia x Volta (I.P. 105); è un vitigno molto interessante per la precocità di maturazione e per il bel aspetto dei grappoli; compie il suo ciclo in 90-95 giorni. Resiste molto bene alle crittogame ed al marciume; si conserva bene ed ha una buona resistenza ai trasporti; acino media grandezza, di peso medio gr 5,5, rotondo o sub-rotondo, buccia pruinosa di colore nero violaceo intenso, polpa soda succosa, dolce, gradevole con gusto leggermente aromatico.
– Isabella: vitigno ibrido produttore diretto ottenuta incrociando Vitis vinifera x Vitis Lambrusca; è vietata la vinificazione sia per leggi vigenti, sia perché si può ottenere un vino con alta percentuale di alcol metilico; adatta ad essere piantata vicino alle abitazioni per formare pergolati, non occorrono particolari trattamenti; anche come
uva da tavola si sta riscoprendo come “vecchio vitigno”; acino piccolo, ovale, con buccia grossa, coriacea e leggermente pruinosa, di un colore nero violaceo, polpa soda e succosa, di colore rosso scuro con il tipico sapore volpino o foxy (di fragola).
– Italia: ottenuto dal prof. Pirovano nel 1911 incrociando Bicane x Moscato d’Amburgo è tra i principali vitigni da tavola a livello mondiale. In Francia è chiamato “Ideal”; è tra i vitigni da tavola più richiesti dal mercato per la bellezza dei suoi grappoli, per gli acini gustosi e croccanti e per la ottima resistenza ai trasporti e alla conservabilità; acino grosso o molto grosso, ellissoidale, con buccia di medio spessore, consistente e pruinosa, di un colore giallo dorato o ambrato, polpa croccante e succosa, dolce con gradevole aroma di moscato.
– Matilde: ottenuto presso l’Istituto Sperimentale di Frutticoltura di Roma da P. Manzo incrociando Italia x Cardinal; vitigno ottimo per la sua precocità e l’aspetto del grappolo e dell’acino. Resiste molto bene ai trasporti a sulla pianta; acino grosso o molto grosso (7gr), ovoidale, con buccia abbastanza sottile, consistente, di un colore giallo, polpa soda piuttosto croccante e succosa, di sapore leggermente aromatico.
– Michele Palieri: ottenuto da M. Palieri a Velletri, incrociando l’Alphanse Lavallée x Red Malaga; buona la conservabilità e la resistenza ai trasporti; sta trovando una buona accoglienza sui mercati per le caratteristiche qualitative del grappolo oltre che al suo bel aspetto; acino grosso, ovale, con buccia di medio spessore, consistente e pruinosa, di un colore nero violaceo, polpa croccante, soda e succosa, dolce.
– Moscato d’Adda: ottenuto a Vaprio d’Adda nel 1897 da Luigi Pirovano da vinaccioli di Moscato d’Amburgo; questa cultivar può essere considerata un miglioramento del Moscato d’Amburgo con caratteristiche commerciali
qualitativamente migliori; presenta una buona resistenza sia ai trasporti che alla conservazione sulla pianta ed in fruttaio; acino medio-grande, subsferoidale, con buccia molto pruinosa spessa e consistente, dal colore nero violaceo uniforme ed intenso; polpa carnosa, dolce, succosa dal gradevole sapore moscato.
– Moscato d’Amburgo: originario dell’Inghilterra dove è chiamato “Black of
Alessandria”, dove era coltivato in serra, si è diffuso prima in Francia e più tardi in numerosi paesi viticoli; molto buona come sapore ma con caratteristiche commerciali (conservabilità, trasposto) non pienamente soddisfacenti; acino medio-grande, lievemente ellissoidale, con buccia molto pruinosa piuttosto sottile ma resistente, dal colore nero violaceo intenso; polpa abbastanza molle, dolce, succosa dal gradevole sapore moscato.
– Moscato di Terracina: noto come “Moscato di Maccarese”, dal nome della principale zona di coltivazione, ma l’origine sembra invece della zona di Terracina (Latina); le migliori caratteristiche vengono esplicate nelle zone tipiche di coltivazione. A volte presenta grappoli troppo compatti che presentano una scarsa resistenza agli attacchi delle crittogame e ai trasporti; vitigno a duplice attitudine dal quale si ottengono vini speciali; acino medio, sferoide, con buccia spessa ma non molto resistente, pruinosa, di un colore giallo dorato o ambrato, polpa carnosa e succosa, dolce con un intenso aroma di moscato.
– Noah: ibrido produttore diretto ottenuta incrociando Vitis Lambrusca x Vitis riparia; è vietata la vinificazione per gli stessi motivi dell’ibrido Isabella; si presta molto bene ad essere piantata vicino alle abitazioni per formare pergolati in quanto, in linea di massima, non occorrono trattamenti; acino piccolo, ovale, con buccia grossa, coriacea e poco pruinosa, di colore giallo verde, polpa soda e succosa, con il tipico sapore volpino o foxy (di fragola).
– Perla di Csaba: ottenuta nel 1904 in Ungheria da seme di origine incerta da M. Stark; buone le caratteristiche gustative e la sua precocità ma inadatto ai trasporti e alla resistenza sulla pianta, perché preda di uccelli e api; acino medio-piccolo, sferoidale, buccia pruinosa, abbastanza spessa di colore giallo-chiara e polpa succosa, dolce, dal netto sapore di moscato.
– Pizzutello Bianco: conosciuto con numerosi sinonimi quali Pizzutello di Tivoli, Uva Cornetta, Damasco, ecc.; l’origine si ritiene sia araba, forse siriana, introdotto in Europa con le invasioni arabe; ottime le caratteristiche qualitative e molto buona la resistenza sulla pianta; buona anche la conservabilità e la resistenza ai trasporti; acino medio-grande, caratteristicamente allungato e appuntito, piriforme, ricurvo a mezza luna, buccia leggermente pruinosa, abbastanza sottile ma resistente, di colore verde-gialla o giallo-dorato carico, polpa croccante, a sapore semplice, dolce e molto gradevole.
– Regina: vitigno dalle origini antichissime, di probabile origine orientale (Siria), è coltivato in tutto il bacino Mediterraneo e oltre. In Italia esistono numerosi sinonimi quali Pergolona, Regina di Firenze, Menavacca, Inzolia Imperiale, Dattero di negroponte; all’estero la troviamo chiamata: Dattier de Beyrouth in Francia, Rasaki nelle isole greche, Afuz-Ali in Bulgaria, Aleppo in Romania, Waltam Cross in Australia e Sud Africa; ottima per il gusto e per le caratteristiche di conservabilità e di trasporto; rappresenta uno dei vitigni più diffusi nel mondo; acino grosso o molto grosso, ellissoidale breve o lungo, con buccia di medio spessore, consistente e pruinosa, di un colore giallo dorato, polpa carnosa o croccante, dolce con sapore semplice.
– Regina dei Vigneti: conosciuto anche come Incrocio Mathiasz 140 ottenuto nel 1916 dall’ungherese G. Mathiasz incrociando Regina Elisabetta x Perla di Csaba; buona è la precocità e le caratteristiche qualitative del prodotto tanto che è tra i principali vitigni coltivati in Italia; resiste discretamente sulla pianta ed ai trasporti; acino grosso o molto grosso, ellissoidale, con buccia di medio spessore, consistente e pruinosa, di un colore giallo dorato, polpa carnosa o croccante, dolce con sapore moscato assai gradevole.
– S. Anna di Lipsia: selezione di una vecchia varietà (Luglienga) diffusa un po’ ovunque; è un vitigno d’interesse locale con buone le caratteristiche gustative e per la sua precocità ma inadatto ai trasporti e alla resistenza sulla pianta, perché preda di uccelli e api; acino medio, sferoidale, buccia sottile e pruinosa, di colore giallo-chiaro o verdastro, polpa succosa, dolce, gradevole.
– Sultanina Bianca: cultivar d’origine antichissima, deriverebbe dall’Anatolia da dove si sarebbe diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo orientale; annovera parecchi sinonimi quale Kechmish in Persia, Coufurogo in Grecia, Sultana in Australia e Thompson Seedless in USA che è una selezione diffusa in California; ottima sia per il consumo fresco sia per la preparazione di succhi e distillati; è l’uva per eccellenza destinata all’appassimento; acino medio-piccolo, di forma ovoidale o ellissoidale, polpa croccante, di sapore semplice, zuccherina, assai gradevole, buccia poco pruinosa, sottile ma resistente, di colore giallo-dorato o giallo-chiaro; apirena.
– Victoria: varietà selezionata in Romania da Lepadatu Victoria e Condei Gherghe incrociando Cardina x Afuz Ali; vitigno molto valido per la sua precocità, la produttività, l’aspetto del grappolo e dell’acino; resiste bene ai trasporti a sulla pianta; acino grosso o medio-grosso (6,6gr), oblunga o ellittica, con elevata resistenza allo schiacciamento e al distacco, di colore giallo e sapore neutro.
– Zibibbo: di origine incerta è diffuso da tempo antico lungo le coste del mediterraneo sembra che il nome derivi dal Capo Zibibb in Tunisia oppure dall’arabo zabeb che significa appassito; è conosciuto con tanti sinonimi come “Moscato d’Alessandria”, “Moscato di Pantelleria”, Salamanna in Toscana; è una varietà a duplice attitudine dalla quale si ottengono i famosi passiti di Pantelleria e Siciliani; ottima anche da mangiare allo stato fresco; acino grosso o molto grosso, ellissoidale o subsferoidale, con buccia spessa, consistente e pruinosa, di un colore giallo-verdastro o gialloambrato, polpa croccante, dolce con sapore intenso e tipico di moscato.
Altri vitigni da tavola: Schiava, Pause Precoce, Don Mariano, Moscato Giallo, Delizia di Vaprio, Pizzutello Nero.
Vitigni di uve apirene o da essiccazione
La coltivazione di uve apirene non è molto diffusa in Italia, al contrario di altri Paesi come gli Stati Uniti. Le uve destinate all’essiccazione devono avere determinate caratteristiche, in particolare devono essere bianche, ad acini uniformi e a grappolo spargo. Tra le varietà di questo gruppo ricordiamo: Perlette, Flame Seedless, Maria Pirovano, Sultanina Bianca e Ruby Seedless.
Impianto
Le diverse operazioni che devono essere eseguite dopo aver scelto soggetto e vitigno a seconda dei vari fattori sono:
– livellamento del terreno;
– aratura più o meno profonda a seconda del tipo di terreno;
– concimazione d’impianto;
– regimazione delle acque mediante affossatura a cielo aperto o drenaggio sotterraneo;
– lavorazioni complementari per l’affinamento del terreno;
– squadratura e picchettamento;
– piantamento e prime cure delle piante.
A queste operazioni generali se ne possono aggiungere delle altre come la correzione dell’acidità, della salinità, del calcare, ecc.
Un terreno in cui è appena stato effettuato l’espianto di un vigneto non dovrebbe ricevere subito la medesima coltura, per il cosiddetto fenomeno della “stanchezza” del terreno. Dovrebbe essere mantenuto a riposo e cioè coltivato con altre piante (graminacee o leguminose) per alcuni anni (meno se sabbioso).
Forme d’allevamento
La viticoltura italiana è caratterizzata da una notevole varietà di ambienti pedoclimatici, di vitigni, di portinnesti e di tradizioni locali che hanno contribuito alla diffusione di numerosi sistemi di allevamento e potatura.
I principali sistemi di allevamento sono: Alberello, Guyot, Capovolto, Cordone speronato, Sylvoz, Pergola trentina, Pergola veronese, Pergola romagnola, Tendone, Sistema a raggi o Bellussi, Geneva Double Curtain (GDC), Duplex, Alberate.
Pratiche colturali
Riguardo alla potatura di produzione, le operazioni si distinguono in: potatura secca o invernale e potatura verde o estiva.
La concimazione è di fondamentale importanza nella coltura della vite. Indispensabile quella organica periodica, sotto forma di letamazione o sovescio di leguminose, indispensabile il corretto utilizzo dei preparati biodinamici per ottenere una risposta soddisfacente verso le principali malattie funginee. Per quanto riguarda il terreno, questo può essere tenuto libero mediante periodiche lavorazioni, inerbito oppure inerbito nell’interfila. L’inerbimento presenta diversi vantaggi quali: la facilità di accesso delle macchine, la riduzione dell’attività di erosione delle acque meteoriche, la mancata formazione della suola di lavorazione, le minori escursioni termiche.
Raccolta e utilizzazione
La raccolta dell’uva è una delle operazioni maggiormente onerose nel bilancio viticolo. Nella vendemmia manuale un operatore può raccogliere mediamente 80-120 kg/h di uva, a seconda del sistema di allevamento e delle condizioni operative. L’uva può essere destinata al consumo fresco o alla produzione di vino, che rappresentano indubbiamente i settori di maggiore importanza.
Avversità e parassiti
Avversità non parassitarie
Sono rappresentate dalle difficili condizioni climatiche, dalle alterazioni dovute a carenze o eccessi nutrizionali e idrici, da un errato uso di fitofarmaci o dagli inquinanti atmosferici. Le principali avversità meteoriche sono la brina, il gelo e la grandine. Le carenze nutrizionali riguardano prevalentemente i meso e i microelementi in quanto i macroelementi vengono regolarmente apportati con le concimazioni ordinarie. Per quanto riguarda il contenuto di acqua del terreno, sia un eccesso che un difetto risultano particolarmente dannosi. anche l’uso errato antiparassitari può causare gravi danni sia alla produzione che alla pianta, fino alla morte della stessa.
Viros e batteriosi
le principali virosi della vite sono la degenerazione infettiva, le enazioni, il legno riccio, l’accartocciamento fogliare, la suberosi corticale e la flavescenza dorata.
L’unica batteriosi che può determinare danni alla vite è quella causata dall’Agrobacterium tumefaciens.
Micosi
Le malattie fungine sono sicuramente quelle che determinano, o possono determinare, i maggiori danni alla vite. A quelle conosciute da molto tempo, come la peronospora, l’oidio, la botrite, se ne sono aggiunte di nuove, come il mal dell’esca, l’escoriosi, l’eutipiosi.
Parassiti animali
Tra gli insetti, ricordiamo: tignola dell’uva (Eupoecilia =Clysia Ambibuella), tignoletta dell’uva (Lobesia botrana), cicaline (vari insetti), fillossera (Viteus vitifoliae), alcuni insetti nottuidi sigaraio (Byctiscus betulae).
Tra gli acari: ragno rosso, ragnetto giallo, ragnetto rosso.
I nematodi parassiti della vie sono molti e tutti vivono esclusivamrnte a spese dell’apparato radicale e pertanto una loro rapida individuazione risulta impossibile. I generi interessati sono diversi, quali: Meloidogyne, Pratylenchus, Xiphinema e Longidorus.
Preparati Biodinamici
In preimpianto è necessaria una abbondante concimazione con letame maturo attivato con preparati da cumulo, successivamente distribuire regolarmente preparato 500, 501 e altri preparati..
Utile intervenire con macerato d’ortica in caso di infestazione di insetti, macerato d’equiseto per proteggere la pianta da attacchi funginei. Molto importante distribuire il corno zolfo.
Data la complessità della coltura è consigliabile documentarsi sulla coltivazione biodinamica della vite con le numerose pubblicazioni disponibili in commercio.