Alimentazione

STIAMO MANGIANDO CARNE CLONATA?

Stiamo mangiando carne clonata? Il boom degli animali da riproduzione
Gli scienziati affermano che può essere più probabile di quanto si creda

Chi non ricorda la pecora Dolly? Era il 5 luglio 1996 quando in un laboratorio di Edimburgo, in Scozia, venne clonata la prima forma di vita animale. Fu un punto di non ritorno per la scienza e per la bioetica, provocando speranze ma soprattutto preoccupazioni.
Oggi le preoccupazioni e i dubbi di molti scienziati riguardano l’alimentazione umana, in molti si chiedono se bevono il latte o mangiano la carne di animali “riprodotti con lo stampino” o la loro progenie. E la risposta è “probabilmente”, nel senso che non c’è modo di dimostrare il contrario. Nemmeno dove è totalmente vietata la clonazione di animali da allevamento, della loro progenie e dei prodotti derivati.
C’è infatti un settore in cui l’eredità di Dolly è ancora viva e vegeta: gli animali da riproduzione, e il settore privato di questa nicchia di mercato si è sviluppato in modo aggressivo negli ultimi 10 anni.
“L’effetto più drammatico della clonazione di Dolly è stato sulla clonazione di animali negli Stati Uniti”, si legge su BlitzQuotidiano per bocca del prof. Aaron Levine, esperto di bioetica e clonazione del Georgia Tech. Nel 2008, la Food and Drug Administration ha concluso che “mangiare carni di colni di bovini, suini e capra, è sicuro come alimentarsi di qualsiasi altro bestiame”. Nemmeno gli scienziati possono distinguere un clone da un animale allevato in modo convenzionale, ha affermato l’agenzia di regolamentazione.
Non ci sono disposizioni sull’etichetta della carne o del latte di un animale clonato o della sua prole, indipendentemente dal fatto che sia venduto nel mercato interno o estero. Per l’industria, l’obiettivo non è mai stato quello di impostare la produzione a catena di montaggio. La clonazione è difficile e costosa, più di 10.000 euro per ogni unità e, con pochi cloni che sopravvivono alla nascita, c’è un basso tasso di possibile successo.
Così l’attenzione, invece, è sulla copie di esemplari in circolazione in modo che possano naturalmente produrre una progenie eccezionale. “Negli Stati Uniti è abbastanza diffusa la clonazione per gli animali da riproduzione”, afferma Levine. “Quelli clonati non sono destinati al consumo alimentare ma ho il sospetto che alcuni lo siano”.
Negli Stati Uniti, tra i leader di clonazione del bestiame c’è Cyagra, con sede a Elizabethtown, in Pennsylvania, e Viagen, ad Austin, in Texas. Almeno una società, Viagen, fornisce anche servizi per il clone di gatti e cani domestici. Le aziende americane, in genere all’anno producono centinaia o poche migliaia di cloni.
L’Unione Europea, di fronte a un’opinione pubblica fortemente avversa alla clonazione, non consente alcuna pratica nel settore zootecnico.
Alcuni funzionari, tuttavia, riconoscono che la carne o il latte derivati da mucche con un “antenato” clonato potrebbero essere stati immessi sul mercato della UE, direttamente o importati. “Senza saperlo, gli europei probabilmente mangiano la carne dei discendenti di cloni”, ha detto Pauline Constant, portavoce per l’Ufficio europeo delle associazioni dei consumatori, con sede a Bruxelles. I funzionari stessi, tuttavia, affermano di non essere preoccupati sull’eventuale impatto che potrebbe avere rispetto alla salute dell’uomo. Nel settembre 2015, il parlamento europeo ha proposto di vietare la riproduzione di animali clonati e sui prodotti da questi derivati. La decisione finale spetta alla Commissione europea, che ha preso una posizione meno intransigente.
Oggi l’unica sicurezza, oltre a mangiare meno carne, è di nutrirsi solo di carne certificata biologica o biodinamica.

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