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Economia per negati: vi racconto lo spread

Rossana Scalavino
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Ecco una delle parole più inflazionate del momento: “spread”, termine preso in prestito dalla lingua inglese, sempre più in uso anche in Italia. Negli ultimi anni, nel mio lavoro di consulenza, mi capita di citarlo spesso e altrettanto spesso il volto perplesso del mio interlocutore mi ricorda che, purtroppo, il nostro Paese non brilla per la cultura finanziaria…Mi piacerebbe quindi dare all’articolo un taglio “costruttivo” perché ritengo che il tema del “servizio” possa avere molteplici canali e che certe tematiche possano essere utili.
Questo articolo ha l’obiettivo di spiegare in modo semplice e diretto cos’è lo spread. Non troverete pareri personali o giudizi. Non si tratta di essere d’accordo o meno, ma semplicemente di prendere coscienza di quello che succede e di come funzionano i mercati, perché una maggiore conoscenza possa muoverci verso scelte finanziarie più consapevoli. Mi auguro quindi che le informazioni contenute in questo articolo possano essere utili a tutte quelle persone ce si avvicinano al mondo della finanza, sia per investire i loro risparmi, o per prendere a prestito denaro nel cosiddetto credito al consumo o contrarre mutui.
Gli addetti ai lavori non si scandalizzino della semplicità proposta in questo frangente, perché è inutile farla tanto complicata se ci mancano le basi.
Cominciamo a tradurre la singola parola: spread può essere italianizzato come “differenziale”.
Questo termine è diventato di moda qualche anno fa, quando tutti i telegiornali lo spiattellavano a ruota libera, discorrendo allegramente fra il gossip dell’ultima ora e la ricettina dello stinco al passito… (la polemica sui media è una parentesi personale che non c’entra con lo spread e sbugiarda la mia precedente affermazione “non troverete pareri personali o giudizi”, sorry!). Titoli a caratteri cubitali del tipo “Spread ai massimi” erano all’ordine del giorno. In pochi osavano chiedere delucidazioni; qualcuno, con vergogna, ammetteva l’ignoranza. In molti invece, spacciandosi per economisti navigati, si pavoneggiavano rilanciando la notizia.
Ebbene, se il tg dice che lo spread è a 200 punti, cosa significa? Significa che il differenziale è a 200 punti. Differenziale fra cosa? Fra i titoli di Stato italiani con scadenza fra 10 anni (buono del tesoro poliennale – btp- decennale) e il titolo di stato tedesco con medesima scadenza (bund decennale). Traduzione: il Btp italiano a 10 anni rende il 2% in più all’anno rispetto al titolo tedesco con stessa scadenza. Se il Bund rende 1%, il Btp renderà 3%. Ne consegue che se presto i miei soldi allo Stato italiano guadagno di più.
Questo significa che i mercati li considerano più rischiosi, poiché se investo su strumenti a rischio mi aspetto di guadagnare di più ovviamente. Uno spread più basso si accompagna a una maggior fiducia verso il nostro Paese, e viceversa. Lo spread a 400 è teoricamente un cattivo segnale per l’Italia, mentre uno spread a 100 è positivo.
Potremmo chiederci quale sia lo spread fra il bonos (titolo di stato spagnolo) e il btp, o fra il titolo francese e quello polacco, ma è significativo il confronto con il titolo tedesco per la sicurezza implicita dell’emittente.
E fin qui abbiamo visto come funziona lo spread se io, piccolo risparmiatore, presto i miei soldi allo Stato (o in alternativa alle Banche o a società corporate tramite i prestiti obbligazionari). In teoria più è alto lo spread, più è rischioso il titolo.
Vediamo cosa succede se invece è un Istituto di credito a prestare i soldi a me. Il funzionamento è pressoché il medesimo. Ipotizziamo di essere una banca e di avere dei soldi da prestare. Se li presto allo Stato tedesco, comprando quel famoso Bund di prima guadagnerò una certa somma; il mio guadagno sarà maggiorato del valore dello spread Btp/Bund se li presto allo Stato italiano. E se invece li prestassi al mio vicino di casa? Dovrò chiedermi quanto vale il rischio che sto correndo. A parità di rendimento, preferirò prestarli allo Stato perché in teoria la probabilità che me li restituisca è maggiore. Quindi deciderò di fargli un prestito solo se mi pagherà interessi maggiori, altrimenti, converrete che non vale la pena rischiare di perdere il mio capitale per guadagnare la stessa cifra, giusto?
Anche i mutui ipotecari (in genere utilizzati per acquisti immobiliari) basano il loro tasso sullo spread. Infatti le varie pubblicità che sponsorizzano questo tipo di prodotti parlano sempre di spread, poiché il tasso di riferimento base è lo stesso per tutte le banche o finanziarie, ma la differenza sul tasso finale pagato dal cliente dipende da questo famoso spread! Ad esempio, il tasso di un mutuo a tasso variabile sarà basato sul valore dell’euribor (parametro di riferimento genico, uguale per tutti, ma soggetto a continue variazioni), a cui si aggiunge uno spread, che varia da banca a banca e da cliente a cliente. La maggior parte delle banche, a meno di campagne pubblicitarie temporanee, fa una valutazione sulla capacità/probabilità di rimborso del mutuo (pagamento delle rate) e in base a questo merito riconoscerà al cliente uno spread più o meno vantaggioso. Più è alta la probabilità che io paghi le rate del mio mutuo, più il mio tasso dovrebbe essere conveniente.
A questo punto abbiamo analizzato i principali usi e significati dell’ormai famoso spread, fornendo qualche spunto di riflessione e magari qualche dettaglio utile per chi si avvicina a queste tematiche per necessità personali. Sicuramente ci sarebbe ancora molto da dire e puntualizzare… L’augurio è che, stimolata la curiosità, questa possa spingerci ad ampliare gli orizzonti delle nostre conoscenze e a compiere scelte finanziarie più consapevoli

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