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Cancro: Il Bussines dei prossimi decenni

Secondo le più recenti previsioni, il numero dei casi di cancro nel mondo aumenterà di circa il 57% nei prossimi vent’anni. In particolare, dai 14 milioni di nuovi casi diagnosticati nel 2012, si passerebbe a 22 milioni all’anno entro il 2030. Il dato è preoccupante anche per la sua ufficialità. Viene infatti dal World Cancer Report, un rapporto pubblicato dalla Iarc (l’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità che si occupa in modo specifico di cancro) e che viene stilato da oltre 250 scienziati provenienti da 40 Paesi.
Assieme all’incidenza della malattia, sembra destinato a crescere notevolmente anche il numero dei morti dovuti al cancro: dagli 8,2 milioni registrati nel 2012 a 13 milioni all’anno entro i prossimi vent’anni. Una vera strage che, però, non sarà equamente distribuita nel mondo. Si calcola infatti che oltre il 60% dei casi (e il 70% dei morti) si registreranno in Africa, Asia e Sud America. Un fenomeno che è dovuto in parte, paradossalmente, a un miglioramento delle condizioni di vita: anche nei Paesi più poveri del mondo si vive più a lungo e quindi si devono fare i conti con le malattie dell’invecchiamento. Però ci sono altre cause alla base di questo divario: una popolazione in crescita e con stili di vita poco salutari, una maggiore difficoltà nel riconoscere la malattia precocemente, spesso l’impossibilità ad accedere ai trattamenti.
Rispetto al rapporto precedente, che risale al 2008, le previsioni non sono cambiate di molto, ma l’aspetto da sottolineare è che, nonostante i progressi scientifici, l’incidenza della malattia cresce inesorabilmente da anni. Procurando, tra l’altro, un danno economico davvero pesante anche per i Paesi ricchi. “La crescita del cancro nel mondo è uno degli ostacoli più grandi allo sviluppo e al benessere dell’essere umano. Queste nuove proiezioni mandano un segnale forte e dicono che c’è bisogno di un’azione immediata per fronteggiare questo disastro umano che tocca tutte le comunità, senza eccezione”, ha commentato Christopher Wild, direttore della Iarc.
Naturalmente, “cancro” è una parola generica all’interno della quale trovano posto malattie diverse che colpiscono organi diversi. Se si guarda in modo più particolareggiato al fenomeno, si vede che nel 2012 le diagnosi più comuni sono state quelle di cancro ai polmoni (13% del totale), al seno (11,9%) e all’intestino (9,7%). Il più letale è il cancro ai polmoni, responsabile di un quinto di tutti i decessi. Eppure, la metà dei casi si potrebbe evitare se si facesse la giusta prevenzione. Ad esempio non fumare, evitare l’obesità e fare regolare attività fisica si sono dimostrati efficaci nella prevenzione di diversi tumori. Negli ultimi anni si sono scoperte molte altre cause dell’aumento del rischio di ammalarsi di cancro: alcune infezioni, l’alcol, le radiazioni, l’inquinamento atmosferico, il non allattare i figli. Su ognuna di queste in teoria si può agire con un’azione preventiva. Nei fatti però spesso non è possibile: così, ad esempio, non avere accesso ai vaccini contro l’epatite B o contro il papillomavirus costituisce un rischio per i tumori al fegato e alla cervice.
Anche lo screening e la diagnosi precoce sono strumenti importanti, ma costosi. Tuttavia, si è visto che alcuni approcci a bassa tecnologia hanno mostrato la loro efficacia nei Paesi in via di sviluppo. Un esempio è quello dello screening per il cancro della cervice con acido acetico e crioterapia per il trattamento delle lesioni precancerose. Un programma che è stato adottato con successo in India e in Costa Rica.
La prevenzione, si è visto, funziona. Tuttavia, dai Paesi con economia avanzata è arrivata anche un’altra lezione: per prevenire, la promozione della salute da sola non basta. Bisogna accompagnarla con una legislazione adeguata che riduca l’esposizione ai fattori di rischio. In sostanza, non basta dire che il fumo fa male, ma bisogna adottare una legge che aiuti la popolazione a fumare meno. Ad esempio, scrivono gli estensori del rapporto, la Convenzione quadro per il controllo del tabacco (un trattato adottato nel 2003 dall’assemblea dell’Oms e che in Italia è stata ratificato nel 2008), ha avuto un ruolo determinante nel ridurre il consumo di tabacco attraverso tasse, restrizioni alla pubblicità e altre misure per scoraggiare il fumo. E’ il caso quindi di valutare un approccio simile anche in altri campi, ad esempio il consumo di alcol e di bevande zuccherine o l’esposizione ambientale a sostanze cancerogene.

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